Completi vs Perfetti
(Gv 10,22-30)
Nel cosiddetto Libro dei Segni del quarto Vangelo (Gv cc.1-12) avviene una progressiva rivelazione del Mistero divino che avvolge la Persona di Gesù.
Mentre si precisa tale svelamento, crescono attorno alla sua figura sia l’adesione che l’incomprensione, anche dei vicini - nella misura in cui Egli si discosta dalle aspettative tradizionali circa il Messia condottiero e giustiziere glorioso.
In tal guisa, nella nostra esperienza vocazionale spesso ci siamo accorti che l’esistenza piena e i percorsi di qualità indistruttibile (vv.28-29) non sono sottoposti a esigenze immediatamente appaganti la mentalità comune.
La Vita dell’Eterno (v.28) si rivela come un pungolo: non per mortificare i propositi, ma per farci intraprendere sentieri di crescita.
Il Vangelo non è conferma di gusti, preferenze e convinzioni.
E Gv 10,22-24 applica tale criterio in modo plateale - nell’attrito colpo su colpo coi capi della religiosità conformista: contraddicendo la mentalità degli esperti.
La regola religiosa sviluppava l’idea che la Torah potesse ripulire la mente dagli errori, e l’inclinazione delle persone dalle impurità - onde cesellare un popolo gradito a Dio.
Così le autorità non sentivano il bisogno di ricercare il Mistero di Dio.
I primi della classe volevano che Gesù si definisse, per poterlo giudicare secondo i criteri fondamentalisti che impregnavano il loro insegnamento e la mentalità comune.
Il Maestro invece non si collocava in idee stabilite, in un quadro prefissato; non stagnava bloccato su una lunghezza d’onda.
Cristo è per noi presenza fraterna, non “ratificatore”.
Gesù autentica Guida era «amico di pubblicani e peccatori» nel senso che insegnava ad allargare l’armonia dell’essere creaturale.
Il nuovo Rabbi non voleva sterilizzare le emozioni o le situazioni.
Il mondo interiore e le inquietudini non andavano affatto tacitate, bensì incontrate e conosciute.
Per introdursi nella vita di Fede e farsi liberatori degli altri bisogna essere emancipati e instancabilmente disponibili, in grado di scuotere le convinzioni - a partire da sé.
Insomma, per coloro che si consideravano arrivati e padroni della situazione, i “nuovi” dovevano sempre presentare autorizzazioni, credenziali, permessi - o non si avrebbe avuto diritto di parlare e agire.
Invece il Signore richiama alla confidenza, al colloquio senza filtri, alla collaborazione: clima propizio, che consente al Padre di rivelarsi.
E oltre le parole, che appunto possono sempre esser fraintese, sono le opere di sola vita ad essere linguaggio eloquente (v.25).
Ma è l’animo che non vuol credere: sentimento di quelli che non gli appartengono (v.26).
Il problema è l’occhio tarato, o l’apertura. Solo la percezione dei malfermi è priva di zavorre interessate.
L’essere Uno (v.30) ha motivato Cristo, e ancora oggi guida i famigliari minori a sentirsi adeguati, alla pari; li conduce al faccia a faccia.
Non a un’obbedienza disciplinare, bensì alla somiglianza profetica.
[Martedì 4.a sett. Pasqua, 13 maggio 2025]