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Mag 6, 2025 Scritto da 
Commento breve

Mistica dell’Amicizia

(Gv 15,9-17)

 

Gesù si è appena servito dell’immagine della ‘vigna’ per configurare il carattere del nuovo popolo e la ‘circolazione di vita’ con chi crede in Lui. 

L’allegoria della vite e dei tralci è ora tradotta in termini esistenziali.

La propagazione del dinamismo divino in noi dà il via a una corrente e comunicazione di amore. Movimento d’amore autentico: che Viene.

È un Flusso ininterrotto di rassomiglianze della condizione divina.

Sintonia trasparente dal valore generativo, portata dal Figlio: «come» e «per il fatto che» [ho amato voi] (v.12 testo greco).

Il Signore non chiede di “essere amato” [a partire da noi stessi, non saremmo affidabili], ma di ‘accogliere’ la modalità di Dio - il Dono che discende dal Padre e da Lui.

La Gioia che ne sgorga non sarà d’euforia o esaltazione: è frutto d’una consapevolezza che coniuga la divina proposta di ‘somiglianza non possessiva’ con la nostra capacità di fare spazio dentro.

E in tale intercapedine, incontrare i nostri lati profondi - non il distaccarci dal Nucleo, per diventare esterni.

 

Permanendo nella circolazione d’amore Padre-Figlio siamo avvolti da una Felicità personale.

Essa intuisce il senso e l'unicità del nostro ‘seme’ e senza sforzo cambia il modo di vedere la vita, le sofferenze, le relazioni, e la Gioia.

«Nessuno ha amore più grande di questo: che uno deponga la propria vita per i suoi amici» (v.13).

Differenza tra religiosità e Fede? L’Amicizia, ch’è più forte sia di alchimie cerebrali che del volontarismo.

L’Amico condivide intenti, coltiva comunione di vita.

Il «servo» (v.15) resta inaffidabile e rancoroso, perché semplice esecutore di ordini altrui - i quali non riguardano le irriducibili ‘radici’ nascoste, la Sorgente cui il cuore attinge e che gli appartiene (v.16).

Così l’Amico fidato è lieto non solo quando si realizza in prima persona, ma anche quando può dilatare e rallegrare la vita del suo diletto. Egli ben volentieri si spodesta dal primo seggio in favore dell’amato.

 

Gv non parla di amore ai nemici come fa Mt 5 nel Discorso della Montagna, ma insiste sull’amore vicendevole [interno alla comunità dei credenti] come relazione con la stessa vita divina.

Qui si nota un cruccio particolare verso le singole persone e il clima fra amici di Fede, i quali devono prima essi stessi rovesciare le posizioni di privilegio - e incarnare lo spirito di disinteresse e verità che predicano agli altri.

In tal guisa, il Signore non ci chiede “frutti” [ovvero molteplici opere esteriori, spesso venate da esibizionismo] bensì ‘una’ sola opera: l’Amore senza doppiezze, remore, forzature, dissociazioni.

 

Nella singolare e inedita personalizzazione del «Frutto» (v.16), Cristo non rimane un Modello da imitare, bensì una Vita reale che continua in noi.

Unico tigre nel motore; invitando e ospitando dentro il mistero dell’Eros fondante, che dilata l’Io nel Tu:

Nell’Amicizia, nei sentimenti opposti che affiorano, nella crescente unità di pensiero e di aspirazioni; nelle persone che si avvicinano, nella comunione del desiderio e delle circostanze… le volontà si accomunano.

In tale Empatia divino-umana [più persuasiva del volontarismo] i codici di comportamento, o il progetto estrinseco, condizionato, estraneo, cui (prima) piegarsi, ora tessono un dialogo; infine si uniscono - per Nome.

Ecco l’accendersi e il riversarsi della Comunione, su un alto terreno d’intesa; senza conflitti celati. Con mente larga, che valica l’ossessione dei disagi e dei confronti.

Con mente amniotica, in grado di partorire novità senza servaggio.

 

Insomma, nell’Ideale come nel Sogno preferiamo l’Amicizia.

E percorriamo la Via della Fede nel Crocifisso - quella del «Frutto» autentico e felice: dello ‘smacco e squilibrio d’amore’.

 

 

[S. Mattia, 14 maggio]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".