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Lug 8, 2025 Scritto da 
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L’unica preghiera di Gesù poco insegnata

Scienziati e Piccoli: mondo astratto e incarnazione

(Mt 11,25-27)

 

I capi guardavano la religiosità con scopi d’interesse. I professori di teologia erano abituati a valutare ogni virgola partendo dal proprio sapere, ridicolo ma supponente - estraneo alle vicende reali.

Ciò che rimane vincolato a costumanze e soliti protagonisti non fa sognare, non è apparizione e testimonianza stupefacente d’Altrove; toglie ricchezza espressiva all’Annuncio e alla vita.

Il Maestro si rallegra della sua stessa esperienza, che reca una gioia non epidermica, un insegnamento dallo Spirito - su chi è ben disposto, e capace di comprendere le profondità del Regno, nelle cose comuni.

Insomma, dopo un primo momento di folle entusiaste, il Maestro approfondisce le tematiche e si ritrova tutti contro, tranne Dio e i minimi: i senza peso, ma con tanta voglia di cominciare da zero.

Barlume del Mistero che lievita la storia - senza farne un possesso.

 

In un primo tempo anche Gesù rimane sbalordito per il rifiuto di chi si riteneva già soddisfatto, e non attendeva più nulla che potesse destare le abitudini.

Poi comprende, loda e benedice il disegno del Padre: la persona autentica nasce dai bassifondi, e possiede «lo spirito del vicinato» (FT n.152).

Dio è Relazione semplice: demitizza l’idolo della grandezza.

L’Eterno non è il padrone del creato: è Ristoro che rinfranca, perché fa sentire completi e amabili; ci cerca, si fa attento al linguaggio del cuore.

Egli è Custode del mondo, anche dei non istruiti - degli «infanti» (v.25) spontaneamente vuoti di spirito borioso, ossia di coloro che non restano chiusi nella loro sufficiente appartenenza.

Così il rapporto Padre-Figlio viene comunicato ai poveri di Dio: coloro che sono dotati di un’attitudine da famigliari (v.27).

Insignificanti e invisibili privi di grandi doti, ma che si abbandonano alle proposte della vita provvidente che viene, come bimbi in braccio a dei genitori.

Con Spirito di ‘pietas’ che favorisce chi si lascia colmare di saggezza innata. Unica realtà che ci corrisponde e non presenta il “conto”: essa non procede sulle vie del pensiero funzionale, dell’iniziativa calcolante.

Sapienza che trasmette freschezza nella disponibilità a ricevere accogliere ritemprare personalmente la Verità come Dono, e l’entusiasmo spontaneo stesso, in grado di realizzarla.

Una preghiera di benedizione semplice, per i semplici - questa di Gesù (v.25) - che ci fa crescere nella stima, calza perfettamente con la nostra esperienza, e va d’accordo con noi stessi.

Non presuppone l’energia dei modelli, né la potenza aggressiva dei “pezzi grossi”.

 

E invece che solo con il “grande” ed esterno, bisogna vivere di Comunione pur con il ‘piccolo’ di sé, o non c’è amabilità, né autentica vita.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Cosa provi quando ti senti dire: «Tu non conti»?

Rimane un disprezzo umiliante o la consideri una grande Luce ricevuta, come ha fatto Gesù?

 

 

[Mercoledì 15.a sett. T.O.  16 luglio 2025]

363 Ultima modifica il Mercoledì, 16 Luglio 2025 12:04
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".