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Mag 8, 2025 Scritto da 
Preghiera critica

La fine dell’invisibilità del Padre

(Gv 14,1-14)

 

L’altra Via nella Chiesa ministeriale

(Gv 14,1-6)

 

I discepoli devono imparare a vivere la separazione fisica dal Maestro.

E mediante processo d’amore, come su una strada percorsa a piedi, in Lui continuare a giungere ai fratelli. 

Ora essi conoscono la Via discendente del Padre: la Persona del Cristo è tutto ciò di cui l'umanità intera ha bisogno per una vita redenta dalla subordinazione, dalle paure, dalle menzogne della religione antica.

L’itinerario non è individualistico e isolato. Né Gesù torna circondato di ostentazioni e potere, perché non è mai partito: nello Spirito non si è mai separato.

È motore e motivo, forza del cammino concreto, principio dinamico che accompagna, guida e supera; nonché mèta [non esterna].

Egli si manifesta e vive nell’intimo Mistero in noi, non alla fine dei tempi o in una collocazione (v.5).

L’Incarnazione continua in modi unici, sempre nuovi, che si individuano nei cammini personali e in specie nella relazione della Fede operante.

Sotto l’immagine della Casa (quasi suddivisa in spazi) il Signore allude alla nuova condizione di Vita e Comunione completa col Padre Amore Fedele.

La figura popolare dell’aldilà era legata a un determinato numero di “posti” nei quali il popolo adempiente sarebbe stato alloggiato.

In questa configurazione archetipa, la Fede dei credenti introduce un diverso tipo di rappresentazione, che compie e supera le promesse antiche - non più ancorata alla distinzione consueta fra vizi e virtù.

Donne e uomini hanno un «posto» (v.2) [compito, missione] già pronto e assicurato: lì saremo con il Figlio che Viene.

Riconoscendoci in dignità, il Signore stesso discenderà dal cielo: ci verrà addirittura incontro (cf. 1Ts 4,15-17) - come se ciascuno fosse diventato un “alter Christus”.

Ovvero come se fossimo stati dal Padre riplasmati sull’immagine stessa di Gesù, su un principio di amore originario - nel modo che avremmo dovuto e forse anche potuto essere (escludendo gli aspetti spuri, d'infedeltà alla chiamata per la vita).

Finalmente Splendenti del Mistero aperto, conviviali nelle differenze e del tutto donati. Come Lui, entusiasti signori-servitori della libertà.

Annunciatori esultanti di un’universale centralità, ma all’opposto delle attese messianiche politiche o fondamentaliste, che non conoscono e si chiudono, non vedono, né incontrano.

 

Nella Casa del Padre vi sono molti posti (v.2), ossia - secondo sensibilità, inclinazione e storia - svariati modi per servire i fratelli, realizzarsi, tessere rapporti comunitari e dilatare la presenza del Risorto.

La Chiesa consapevole e ministeriale allarga l’orizzonte della santità e dell’apostolato.

Tutti siamo chiamati a diventare pienamente membri coinvolti, collaboratori dell’opera di salvezza e protagonisti nelle attività del Popolo di Dio, che valorizza ciascuno - questa la Vittoria del Figlio.

Le mani del Vivente nelle sue Assemblee hanno piaghe d’amore, non  artigli come quelle dei capi della religiosità antica.

Le sue-nostre opere sono di qualità difforme: non arraffano, non trattengono, non tirano sberle, non castigano; non servono solo ad allestire passerelle e sceneggiate.

Percorrono la Via alternativa del lavoro, dell’edificare e accogliere; davvero speciale, perché ignota, disinteressata e priva di ribalta.

Mani segnate da ciò che si desidera per il mondo: aperte, non chiuse a pugno - semmai con quella leggera stretta che dice: «Sono con Te» - affinché anche altri si sentano accarezzati e siano aiutati a tracciare la strada che loro corrisponde.

La Via che fa diventare forte il debole.

«Non si turbi il vostro cuore. Credete in Dio e credete in me» (v.1).

Gesù invita alla Fede in Lui perché condannato come peccatore, squilibrato e maledetto, proprio dai maestri delle cose di Dio.

La sua proposta di cammino si distacca dalle trame illusorie della religione priva di Esodo.

Invece di dottrina e disciplina, la Via ci dilata l’orizzonte (strappando dalle gabbie che sequestrano e tengono in ostaggio) per conquistare la terra della Libertà.

Egli è Verità. Sappiamo cosa capita a una notizia quando passa di bocca in bocca: si deturpa.

Per ignoranza e interesse, ancora calcano la scena le più svariate agenzie di manipolazione delle coscienze (in grado di capovolgere il senso del Vangelo e della vicenda di Cristo - non senza tornaconto).

Ma uniti alla Persona Vera - intrecciati alla sua storia - incontriamo noi stessi, conosciamo la Fedeltà divina, scegliamo la sostanza invece della superficie che ci plagia d’idee convenzionali, conformiste o volatili (diventeremmo totalmente esteriori).

«Io Sono la Vita». Il Padre dilata e potenzia le inclinazioni, il nostro portato esistenziale; fino a recuperare gli opposti.

Non ci vampirizza come se fosse Lui ad aver bisogno di qualcosa.

Egli è totalità di Essere e Sorgente in atto, scaturigine di essenze particolari.

Nelle religioni la donna e l’uomo sono spersonalizzati, perché vivono in funzione di Dio.

La sua Chiamata è invece un Seme, una Radice che caratterizza la nostra identità profonda ed espande il pulsare della vita, rendendola singolare, più contraddistinta; unica, irripetibile, significativa e relazionale.

Il Padre non fa il solito appello moralistico a innalzarci, staccandoci dagli altri - magari adottando modelli devoti configurati sulla mistica del patire, col rischio di rovinare le linee portanti della nostra personalità.

Egli non impone ai figli di obbedire (come fossimo servi o pecore) ma ci chiama a somigliargli, fidandosi delle nostre risorse interiori - come se in germe fossimo già perfetti e in grado di produrre qualsiasi sviluppo.

Così è Lui che Viene - ma non con assetto dirigista o paternalista - e rispettosamente bussa per fondersi con noi; perché già ci considera Migliori, non inadeguati e carenti.

Consente di dire: «Io» e incontrare noi stessi - e su questa piattaforma solida edificare la comunità viva, nello scambio di risorse e di sogni; nell’ascolto delle eccentricità (che sono anche nostre).

Quando siamo in grado di trasmutare ancora, accogliendo la sua proposta, partendo dalle nostre risorse innate per spingerci verso il basso altrui, dilatiamo l’orientamento - e diventiamo più aperti alla Novità provvidente nella vita reale - pronti a qualsiasi direzione.

Lasciandoci salvare, facendoci percorrere dalle intuizioni del suo Spirito saremo Persone capaci di pensiero, convinte, a tutto tondo; non rattrappite né di contrabbando.

Insomma: chiamati a esprimerci personalmente e dare il nostro contributo, inedito e parimenti dignitoso, per costruire una società alternativa capace di creare ben-essere: sorrisi e stupore che sfociano, rallegrando tutti.

La fine dell’invisibilità di Dio.

 

 

 

Mistica della Forza di convincimento

(Gv 14,7-14)

 

«Fateci vedere il Padre» è la supplica - spesso anonima - che dalle origini accompagna il Popolo dei credenti, il quale rivela il suo Signore come Via, Verità e Vita (v.6).

L’amore non si apprende se non nel tempo, percorrendo molti sentieri e rischiando in prima persona: ricalca il cammino dell’uomo e dell’Esodo. La Chiesa che riflette Cristo è quella in uscita, che non si autocompiace dei suoi traguardi, ma si smuove (Via).

L’assemblea dei figli non teme di rendersi impura frequentando le periferie culturali ed esistenziali, perché ha compreso l’autentico volto di Dio: Fedele (Verità, in senso teologico) che non ha paura di mescolarsi con le vicende terrene: non fugge il vaglio critico; né abbandona coloro che sbandano, non sopportano obblighi, o si ritrovano in penuria.

La comunità autentica è quella della Vita: mostra in atto Padre e Figlio. Nello Spirito essa ricupera l’itinerario di ciascuno e restituisce completezza e pienezza di essere senza confini anche a quanti hanno perduto speranza o stima di sé (spesso disprezzati da chi non ha nulla di superiore).

Differenza con la religione antica? L’Eterno non si rivela più nella strabiliante potenza di manifestazioni esteriori clamorose: fuoco, terremoto, folgori e tuoni.

Nelle fraternità di Fede ove si rende presente la Persona («Nome»: vv.13-14) del Cristo nella sua vicenda travagliata e reale, Dio sogna un riflesso immediato d’idee, parole, opere, e mutua immanenza.

L’evento efficace del Padre è tutto nella carne del Figlio. Il loro Sogno, nella dimensione umana dei credenti.

 

Gv sottolinea di frequente la relazione di Gesù col Padre: una sorta di visione diretta, che porta in sé unione e missione.

Il Cammino-per, la Verità-Fedeltà-nonostante-tutto dell’Altissimo, la sua Vita di qualità indistruttibile... non sono realtà solo future: l’esperienza di Fede personale e comunitaria le realizzano.

Anche noi vogliamo vedere Dio, ed è possibile... ma non faccia a faccia nel modo in cui percepiamo cose e persone (v.8).

La contemplazione del suo Volto e della sua Presenza da conoscere e credere giunge all’uomo attraverso la sua Parola-evento: Gesù stesso, grazie al quale abbiamo cognizione perfetta.

La sua missione nel mondo ha fatto proprio il piano d’amore increato, che vuole diffondere vita - non nei duri e puri (che hanno dimestichezza persino di come scampare al vaglio dei Vangeli) ma nei poveri che non sanno dove e a chi aggrapparsi.

Di conseguenza, la visione divina cresce nella misura in cui si approfondisce la conoscenza del Figlio e la sua relazione fondante.

Il quarto Vangelo esprime una formula di reciproca immanenza (vv.9-11) che dice un medesimo sentire parlare operare, a nostro beneficio.

Fede è in ultima analisi un’azione... che crede il Padre nel Figlio e il Figlio nel Padre. Salvezza del piccolo gregge (in continua rinnovazione e crisi)... non processo di elezione e predestinazione.

Quindi il nostro credo-amore in Cristo ci avvicina a Dio, e allorché il Padre si colloca nel credente, non si stacca, regolandosi sulle perfezioni, bensì opera in prima persona attraverso di lui (come operò per mezzo di Gesù).

Segni e gesti - anche di rovesciamento - che si fanno intimamente personali ed ecclesiali.

Opere dispiegate nella storia, ancora maggiori («più grandi»: v.12) del loro Seme piantato nel nostro fango, ossia di quelle d’un povero figlio di falegname senza terra, predicatore di villaggio, pressato e umiliato dalle autorità - nel quale ci riconosciamo e che porge l’accesso, ma non per privilegio di vecchia data.

Anche nella nostra carne irriverente, nel paradosso e nell’intercomunione del piccolo resto dei salvati, ecco lo strano Compimento dei sentieri interrotti - per la Parola del Padre, nello Spirito.

Manifestazione del Mistero relazionale del suo Essere, che nel Dono fedele della sua ribadita Alleanza recupera i volti opposti e redime i lati in ombra. Per forza di convincimento.

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

Come scorgi il progetto di Dio su di te attraverso il volto del Figlio? Come intuisci di aver accettato la sua comunione nel «Nome», e raggiunto il Padre? Come aderisci alla Chiamata? Come t’introduci nella famigliarità divina? Qual è la tua correlazione stretta col Figlio, che manifesta il Padre?

4 Ultima modifica il Giovedì, 08 Maggio 2025 05:26
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".