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Lug 28, 2025 Scritto da 
Commento breve

Il rischio di affogare

La difficile condizione del discepolo nella Chiesa e nel mondo

(Mt 14,22-36)

 

Raggiunta la condizione definitiva (v.23) Gesù non consente agli Apostoli di trattenere per se stessi i tesori di Dio.

Egli costringe i suoi alla missione verso i pagani (v.22). Però i ‘venti contrari’ erano molti.

A distanza di circa mezzo secolo dalla morte del Signore, le comunità di Galilea e Siria si trovavano di fronte a una difficile traversata.

Le sicurezze dell’antica religione e il senso di radicamento nelle consuetudini del popolo “eletto” stavano venendo meno. Anche i piccoli privilegi di posizione si sgretolavano.

Con l’ingresso sempre più accentuato dei pagani nelle comunità, i fedeli di terza generazione erano obbligati a chiedersi come uscire dall’antico isolamento culturale, per spalancarsi a un nuovo modo di vedere le cose.

In aggiunta alle persecuzioni, si accentuavano i conflitti interni: ad esempio, sulla posizione da assumere in rapporto all’Impero stesso.

Non mancavano accesi dibattiti sulla stessa figura e la storia del Maestro - nonché sull’atteggiamento da assumere nei confronti della tradizione dei ‘padri’ [che a qualcuno sembrava un richiamo a tornare indietro].

Sebbene la situazione fosse gravida di attriti, amarezze, ruggini fra giudaizzanti e provenienti dal paganesimo, nonché pericoli impetuosi, la Lieta Novella della Salvezza senza condizioni non poteva essere conservata in una cerchia ristretta.

 

La citazione del Nome divino «Io Sono» (v.27) rimanda qui alla vicenda dell’Esodo (3,14).

È un richiamo ai discepoli. Essi sembravano ancora succubi di timori immediati, sulla reale potenza di Vita e di Liberazione del Cristo - tanto da non riconoscerlo (v.26).

Senza posa il Risorto si rende ancora Presente, affinché riusciamo ad aprirci e procedere; senza il fardello delle contrapposizioni o delle nostalgie. C’è tutta una realtà nuova che attende.

Siamo abitati dal vigore di Dio (vv.28-31).

Le comunità autentiche - «lembo del suo mantello» (v.36) ossia della sua Persona - sperimenteranno ancora la potenza dello Spirito.

Attraverso l’evangelizzazione e il nuovo modo di vivere e aiutare gratuitamente gli altri, ogni tempesta che si dovesse addensare all’orizzonte diraderà.

Essa verrà sostituita da una sempre più profonda e acuta esperienza delle diversità fiorenti di ‘altra riva’; del prossimo, di se stessi, della stessa vita che viene, e di Dio.

Ma la virtù che domina gli elementi non può essere sperimentata come intendeva Pietro, ossia al pari d’una potenza esterna, immediata, determinante, e finale - bensì misteriosa e interiore, animata nel tempo, e di profonda relazione.

La “vittoria” sarà frutto di sola Fede: fiducia nella forza che il Messia silenzioso dona.

Potenza assai più rilevante di quella che già sappiamo di noi - malgrado spesso (come Simone) pretendiamo una più facile scorciatoia, velocissima, subito risolutiva.

 

Le situazioni emotivamente rilevanti hanno il loro senso, recano un appello significativo; introducono una diversa introspezione, il cambiamento decisivo - una nuova ‘genesi’.

La prova infatti attiva le anime nel modo più efficace, perché ci sgancia dall’idea di stabilità, e pone in contatto con energie sottaciute, avviando il nuovo dialogo con gli eventi.

In Lui, eccoci dunque intrisi d’una diversa visione del pericolo.

 

 

[Lunedì 18.a sett. T.O. (anno A)]

 

[Martedì 18.a sett. T.O. (anno B-C), 5 agosto 2025]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".