Lug 28, 2025 Scritto da 

La difficile condizione del discepolo nella Chiesa e nel mondo

Il rischio di affogare

(Mt 14,22-36)

 

Qualche altra provvidenza, che tu ignori

 

«È bene non cadere, oppure cadere e risollevarsi. E se accade di cadere, è bene non disperare e non rendersi estranei all’amore che il Sovrano ha per l’uomo. Se lo vuole può infatti fare misericordia alla nostra debolezza. Soltanto non allontaniamoci da lui, non sentiamoci angustiati se siamo forzati dai comandamenti e non avviliamoci se non arriviamo a niente (…).

Non dobbiamo né aver fretta né ripiegarci, ma sempre ricominciare di nuovo (…).

Aspettalo, ed egli ti farà misericordia, sia con la conversione sia con delle prove, sia con qualche altra provvidenza che tu ignori».

(Pietro Damasceno, libro secondo, ottavo discorso, in La Filocalia, Torino 1982, I,94)

 

 

Raggiunta la condizione definitiva (v.23) Gesù non consente agli Apostoli di trattenere per se stessi i tesori di Dio.

Egli costringe i suoi alla missione verso i pagani (v.22). Però i “venti” contrari erano molti.

A distanza di circa mezzo secolo dalla morte del Signore, le comunità di Galilea e Siria si trovavano di fronte a una difficile traversata.

Le sicurezze dell’antica religione e il senso di radicamento nelle consuetudini del popolo “eletto” stavano venendo meno. Anche i piccoli privilegi di posizione si sgretolavano.

Con l’ingresso sempre più accentuato dei pagani nelle comunità, i fedeli di terza generazione erano obbligati a chiedersi come uscire dall’antico isolamento culturale, per spalancarsi a un nuovo modo di vedere le cose.

In aggiunta alle persecuzioni, si accentuavano i conflitti interni: ad esempio, sulla posizione da assumere in rapporto all’Impero stesso.

Non mancavano accesi dibattiti sulla stessa figura e la storia del Maestro - nonché sull’atteggiamento da assumere nei confronti della tradizione dei padri (che a qualcuno sembrava un richiamo a tornare indietro)

Sebbene la situazione fosse gravida di attriti, amarezze, ruggini fra giudaizzanti e provenienti dal paganesimo, nonché pericoli impetuosi, la Lieta Novella della Salvezza senza condizioni non poteva essere conservata in una cerchia ristretta.

La citazione del Nome divino «Io Sono» rimanda qui alla vicenda dell’Esodo 3,14. È un richiamo ai discepoli, ancora succubi di timori immediati sulla reale potenza di vita e liberazione del Cristo - tanto da non riconoscerlo (v.26).

Senza posa il Risorto si rende ancora Presente, affinché riusciamo ad aprirci e procedere in avanti; senza il fardello delle contrapposizioni o delle nostalgie. C’è tutta una realtà nuova che attende.

Siamo abitati dal vigore di Dio (vv.28-31), e anche oggi per la rinascita dalla crisi globale siamo chiamati a una risposta d’amore personale, culturale, radicale, inedita: anche all’introspezione, ma non da sottoposti intimiditi; temeraria, ma non da frettolosi di superficie.

Le comunità autentiche - «lembo del suo mantello» (v.36) ossia della sua Persona - sperimenteranno ancora la potenza dello Spirito.

Attraverso l’evangelizzazione e il nuovo modo di vivere e aiutare gratuitamente gli altri, ogni tempesta che si dovesse addensare all’orizzonte diraderà.

Essa verrà sostituita da una sempre più profonda e acuta esperienza delle diversità fiorenti d’altra riva; del prossimo, di se stessi, della stessa vita che viene, e di Dio.

Ma la virtù che domina gli elementi non può essere sperimentata come intendeva Pietro, ossia al pari d’una potenza esterna, immediata, determinante, e finale - bensì misteriosa e interiore, animata nel tempo e di profonda relazione.

La “vittoria” sarà frutto di sola Fede: fiducia nella forza che il Messia silenzioso dona.

Potenza assai più rilevante di quella che già sappiamo di noi - malgrado spesso (come Simone) pretendiamo una più facile scorciatoia, velocissima, subito risolutiva.

 

(Mt 8,23-27)

Il senso di marcia imposto da Gesù ai suoi sembra contromano, e infrange sfacciatamente le regole accettate da tutti.

Mentre i discepoli accarezzavano desideri nazionalisti, il Maestro inizia a far capire che Egli non è il Messia volgarmente attesto, restauratore del defunto impero di Davide o dei Cesari.

Il Regno di Dio è aperto a tutta l'umanità, che in quei tempi di sballottamento cerca sicurezze, accoglienza, punti di riferimento. Ciascuno può trovarvi casa e riparo (Mt 13,32c; Mc 4,32b).

Ma gli apostoli e i veterani di chiesa sembrano avversi alle proposte di Cristo; rimangono insensibili a un’idea troppo larga di fraternità - che li spiazza. È un problema vivo e gravissimo.

L’insegnamento e richiamo imposto ai discepoli è quello di passare all’altra riva (Mc 4,35; Lc 8,22) ossia di non trattenere per sé, ma di comunicare le ricchezze del Padre ai pagani, considerati impuri e malfamati.

Eppure i suoi non ne vogliono sapere di sproporzioni rischiose, che facciano effettivamente risaltare l’azione del Figlio di Dio. Sono tarati su consuetudini di religiosità comune e un’ideologia di potere circoscritta.

La resistenza all’incarico divino e il dibattito interno lacerante che ne deriva scatena una grande tempesta nelle assemblee dei credenti.

«Ed ecco venne una grande agitazione nel mare, così che la barca veniva coperta dalle onde» (Mt 8,24).

La bufera riguarda i soli discepoli, unici sgomenti; non Gesù: «ma dormiva» (Mt 8,24c: si tratta del Risorto).

Quel che accade “dentro” non è il semplice riflesso di ciò che capita “fuori”! Questo l’errore da correggere.

Tale identificazione blocca e rende cronica la vita, a partire dalla gestione delle situazioni emotivamente rilevanti - che hanno il loro senso. Esse recano un appello significativo, introducono un diverso occhio e dialogo.

Anche dalla pace della condizione divina che domina il caos, il Signore richiama l’attenzione e rimprovera gli apostoli, accusandoli di non avere fede, ossia un briciolo di rischio d’amore - come un granello di senape (Mt 8,26) - da portare all’umanità per rinnovarla.

Insomma, siamo confusi, nell’imbarazzo, e infuria il caos degli schemi (non escluso l’egoismo)? Andiamo paradossalmente sulla strada giusta, ma non bisogna farsi prendere dal timore.

In Lui, eccoci intrisi d’una diversa visione del pericolo.

Dice il Tao Tê Ching (xxii): «Il santo non da sé vede, perciò è illuminato». Anche nelle strettoie.

Sembra infatti che Gesù voglia espressamente per gli apostoli i momenti scuri del confronto e del dubbio (Mc 4,35; Lc 8,22b). Anche per noi, persino se fossimo responsabili di chiesa... perché altrimenti non si farà pulizia da convinzioni ripetitive.

Le attese da manuale (e l’abitudine ad allestire armonie conformiste) bloccano la fioritura di ciò che siamo e speriamo.

Soprattutto quel che è seccante o addirittura “contro” ha qualcosa di decisivo da dirci. Anche nella barchetta delle chiese (Mc 4,36) il disagio deve esprimersi.

«E avvicinatisi lo svegliarono dicendo: Signore, salva, siamo perduti!» (Mt 8,25).

È per far rinascere l’essenza di ciascuno e della stessa comunità, per introdurre il cambiamento (nascosto o represso) e attivarlo nel modo più efficace... dal contatto con le energie sottaciute, primordiali.

Più degli opposti attriti e degli eventi esterni in conflitto, l’ansia,  l’impressione e l’angoscia vengono infatti dal timore stesso di affrontare le normali o decisive questioni dell’esistenza.

Ciò per sfiducia: sentendosi in pericolo forse solo perché ci cogliamo intimamente poco cresciuti, incapaci di altro colloquio, di scoprire e rielaborare, convertirci, o rimodulare.

La fatica di mettersi in discussione e la sofferenza che l’avventura della Fede riservano, sfumeranno anche tra i fastidi del mare mosso - che appunto non vuole farci tornare “quelli di prima”.

Basta sganciarsi dall’idea di stabilità, anche religiosa, e ascoltare la vita così com’è, abbracciandola; perfino nella sua folla di urti, amarezze, speranze di armonia infrante, dispiaceri - intrattenendosi con questa fiumana di nuove emergenze, e incontrando la propria natura profonda.

Il miglior vaccino contro gli affanni dell’avventura insieme a Cristo sulle onde mutevoli dell’inatteso sarà proprio di non evitare a monte le preoccupazioni - anzi, andare loro incontro e accoglierle; riconoscersi, lasciarle fare.

Anche nel tempo della crisi globale, le apprensioni che sembra vogliano devastarci, vengono a noi come energie preparatorie di altre gioie che desiderano irrompere - nuove sintonie cosmiche; per lo stupore a partire da noi stessi, e guida dell’aldilà.

La nostra barchetta è in una stabilità invertita, capovolta, non pareggiabile; incerta, sconveniente - eppure energica, pungente, capace di reinventarsi. E sarà perfino eccessiva, ma dai dissesti.

Per una proposta di Tenerezza (non corrispondente) che non è zona relax, perché fa rima con ansia terribile e... periferie!

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

In quali occasioni hai trovato facile ciò che prima sembrava impossibile?

 

 

Una splendida testimonianza:

«Una volta, come i primi discepoli, abbiamo incontrato il Signore e sentito la sua parola: "Seguimi!" Forse inizialmente lo abbiamo seguito in modo un po' malsicuro, volgendoci indietro e chiedendoci se la strada fosse veramente la nostra. E in qualche punto del cammino abbiamo forse fatto l'esperienza di Pietro dopo la pesca miracolosa, siamo cioè rimasti spaventati per la sua grandezza, la grandezza del compito e per l'insufficienza della nostra povera persona, così da volerci tirare indietro: "Signore, allontanati da me che sono un peccatore!" (Lc 5, 8) Ma poi Egli, con grande bontà, ci ha preso per mano, ci ha tratti a sé e ci ha detto: "Non temere! Io sono con te. Non ti lascio, tu non lasciare me!" E più di una volta ad ognuno di noi è forse accaduta la stessa cosa che a Pietro quando, camminando sulle acque incontro al Signore, improvvisamente si è accorto che l'acqua non lo sosteneva e che stava per affondare. E come Pietro abbiamo gridato: "Signore, salvami!" (Mt, 14, 30). Vedendo tutto l'infuriare degli elementi, come potevamo passare le acque rumoreggianti e spumeggianti del secolo scorso e dello scorso millennio? Ma allora abbiamo guardato verso di Lui … ed Egli ci ha afferrati per la mano e ci ha dato un nuovo "peso specifico": la leggerezza che deriva dalla fede e che ci attrae verso l'alto. E poi ci dà la mano che sostiene e porta. Egli ci sostiene. Fissiamo sempre di nuovo il nostro sguardo su di Lui e stendiamo le mani verso di Lui. Lasciamo che la sua mano ci prenda, e allora non affonderemo, ma serviremo la vita che è più forte della morte, e l'amore che è più forte dell'odio. La fede in Gesù, Figlio del Dio vivente, è il mezzo grazie al quale sempre di nuovo afferriamo la mano di Gesù e mediante il quale Egli prende le nostre mani e ci guida. Una mia preghiera preferita è la domanda che la liturgia ci mette sulle labbra prima della Comunione: "…non permettere che sia mai separato da te". Chiediamo di non cadere mai fuori della comunione col suo Corpo, con Cristo stesso, di non cadere mai fuori del mistero eucaristico. Chiediamo che Egli non lasci mai la nostra mano…».

(Papa Benedetto, omelia del Crisma, 13 aprile 2006)

 

 

 

 

Pane e prodigi del Cristo-fantasma. E noi, frangia del suo mantello

 

(Mc 6,53-56 // Mt 14,34-36)

 

 

Può portare il mantello del Maestro colui che è votato alla causa della non-violenza e del non-possesso, che è sospinto dalla ricerca della verità e della retta visione, che è capace di risolvere i propri problemi emotivi e intellettuali e può mostrare agli altri la via per superare i loro problemi emotivi e intellettuali.

(Acharya Mahaprajna)

 

 

Mentre qualcuno fa ressa continua intorno a Lui e impedisce ad altri di avere un rapporto personale con Gesù, bisogna inventarsi qualcosa, almeno prenderlo di struscio (v.56).

«E dovunque entrava in villaggi o in città o in borgate ponevano gli infermi nelle piazze e lo supplicavano di toccare anche solo la frangia del suo mantello. E quanti lo toccarono erano salvati».

In effetti la frangia del mantello è il suo Popolo - e ciascuno di noi, quando per Dono siamo messi in grado di percepire e prolungarne il richiamo, lo spirito, la cura, l’azione.

Un «toccare» che non è semplice gesto: chiama il coinvolgimento totale; Fede personale, scavo dentro.

Le folle attorno al Signore e alla Chiesa, sua presenza primaria, cercano pane e guarigione… ma talora dimenticano l’adesione alla Persona interiore che dona e cura.

Eppure anche in questi casi la Guida infallibile ripropone la sua onda vitale ininterrotta - con terapie che non s’impongono attraversando le anime come farebbe un fulmine, bensì nell’esistenza reale.

Dio libera, salva, crea, a partire dalle tensioni e dai difetti (anche religiosi) perché vuole portarci a consapevolezza.

Il Padre desidera far penetrare il valore dell’atto d’amore che rende forte il debole; ogni gesto ri-creante, incarnato, aperto a qualsiasi senso di vuoto.

 

I fastidi non capitano per sfortuna o castigo: arrivano per lasciarci rifiorire, proprio a partire dai dolori dell’anima.

Se perdurano, nessuna paura: essi diventano messaggi più espliciti, del nostro stesso Seme superiore.

Significa che nella nostra orchestra qualcosa è stonato o trascurato, e deve tramontare oppure venire scoperto e messo in gioco.

Altrimenti non si riuscirà a crescere verso il destino che caratterizza una Chiamata e ogni disagio.

Anche i sintomi dell’inquietudine appartengono alla quintessenza innata - che ha sempre potere di attualità.

La chiave di volta non sarà dunque il look, né la salute, bensì l’accoglienza stessa delle amarezze, degli stenti, i quali vengono per sgombrare l’inessenziale - e liberare pulsioni spirituali intrappolate.

Energie dello squilibrio, che però vogliono essere tramutate in capacità di gettare zavorre… nonché ospitare meglio e integrare la vocazione nella propria storia, onde costruire ancora vita.

 

Forse non pochi preferirebbero attendere uno sbarco miracolistico del Maestro (guaritore tipificato) che rechi subito beneficio, favori immediati.

Salvezza esteriore dal sapore magico - caduca, anche se fisicamente palpabile o persino in sembiante etico.

Un Signore fenomenale, ma semplicistico.

Un’Apparenza che muore subito, poi si ricomincia daccapo - se Egli (in noi, nelle nostre svolte) non coinvolgesse le stesse incertezze che ci segnano. E il lungo tempo dei processi, i quali via via prendono peso più intimo.

La redenzione totale e sacra - davvero messianica - è poco incline al clamore epidermico.

La guarigione non è scenografica. Si realizza unicamente passo dopo passo; così permane profonda e radicale.

Si fa capace di nuovi inizi e atti di nascita d’energia ancora embrionale, proprio a partire dalle singole precarietà.

 

Il suo Popolo - presenza non più ineffabile e misteriosa - si adopera nella prossimità, per cancellare la falsa immagine del Dio filosofico o forense, sempre esterno. 

Sovrano o motore imperativo, lontano e assente - permaloso - che ogni tanto si punta; non supera, e neppure riconferma. Mai che guardi il nostro presente.

Così la Chiesa rifiuta l’idea dell’Eterno che ratifica, ma pure quella del taumaturgo di massa, immediatamente risolutivo (tanto caro ai mercanti di miracolo) - figura che facilmente s’impadronisce delle nostre fantasie.

 

Annunciamo con parole e gesti il suo Volto autentico, proprio per annientare l’idea del Cristo-fantasma del passo precedente (v.49), figura deplorevole e assurda.

Icona solo apologetica, che purtroppo nella storia ha dato largo spazio ai soci in affari con l’Altissimo.

Essere guariti non vuol dire sfuggire la transitorietà.

Per una esistenza da salvati serve una trasformazione dall’interno; un altro inizio. Un diverso appiglio del bene.

 

Gesù percorre i nostri ambienti come un silenzioso viandante, e accetta anche una fede primitiva.

Ma seppure con potenza dimessa, l’impulso divino opera in ogni cercatore di senso e in ciascun bisognoso; vi si stabilisce personalmente, proprio a partire dai sogni interrotti.

Il Signore non può essere imprigionato e contenuto: si accosta, per avviare grandi pulizie, farci spostare lo sguardo, e rinnovare l’universo stantio.

Così ci trasforma, nell’esperienza della sua comunione gratuita,

Convivenza che vuole prendere dimora in noi, per fondersi e dilatare la pulsione alla vita (forse acquattata nell’astensione) affinché ciascuno stupisca di sé, delle passioni sconosciute, dei nuovi rapporti.

 

Credente e comunità manifestano in guise empatiche la forza incisiva di guarigione della Fede nel Risorto, a partire dalla propria vicenda intima.

Lo sperimentiamo vivo nel giorno per giorno monotono, poco gratificante e precario - tuttavia capace di cambiare l’assetto dell’esistenza celata in contrade sommarie (v.56: «borgate») e la sua destinazione inespressa.

Senza turbare con effetti speciali, unilaterali o pressanti.

 

Scrive il Tao Tê Ching (xi): «Trenta razze si uniscono in un sol mozzo, e nel suo non-essere si ha l'utilità del carro».

Altrove dalla civiltà dell’apparenza è il miglioramento della nostra condizione e la sicurezza (dall’insicurezza) - non in un semplice rimetterci in piedi, indiscreto e passeggero.

Fenomenale, ma solo puntuale e inconcludente, o che infine abdica.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Come consideri Gesù? Facitore di miracoli o di recuperi?

Come ti comporti con coloro che vengono esclusi o sembrano senza pastore?

 

 

 

Excita, Domine, potentiam tuam, et veni

Excita, Domine, potentiam tuam, et veni” – con queste e con simili parole la liturgia della Chiesa prega ripetutamente […]

Sono invocazioni formulate probabilmente nel periodo del tramonto dell’Impero Romano. Il disfacimento degli ordinamenti portanti del diritto e degli atteggiamenti morali di fondo, che ad essi davano forza, causavano la rottura degli argini che fino a quel momento avevano protetto la convivenza pacifica tra gli uomini. Un mondo stava tramontando. Frequenti cataclismi naturali aumentavano ancora questa esperienza di insicurezza. Non si vedeva alcuna forza che potesse porre un freno a tale declino. Tanto più insistente era l’invocazione della potenza propria di Dio: che Egli venisse e proteggesse gli uomini da tutte queste minacce.

Excita, Domine, potentiam tuam, et veni”. Anche oggi abbiamo motivi molteplici per associarci a questa preghiera […] Il mondo con tutte le sue nuove speranze e possibilità è, al tempo stesso, angustiato dall’impressione che il consenso morale si stia dissolvendo, un consenso senza il quale le strutture giuridiche e politiche non funzionano; di conseguenza, le forze mobilitate per la difesa di tali strutture sembrano essere destinate all’insuccesso.

Excita – la preghiera ricorda il grido rivolto al Signore, che stava dormendo nella barca dei discepoli sbattuta dalla tempesta e vicina ad affondare. Quando la sua parola potente ebbe placato la tempesta, Egli rimproverò i discepoli per la loro poca fede (cfr Mt 8,26 e par.). Voleva dire: in voi stessi la fede ha dormito. La stessa cosa vuole dire anche a noi. Anche in noi tanto spesso la fede dorme. PreghiamoLo dunque di svegliarci dal sonno di una fede divenuta stanca e di ridare alla fede il potere di spostare i monti – cioè di dare l’ordine giusto alle cose del mondo.

(Papa Benedetto, alla Curia romana 20 dicembre 2010)

 

 

 

5
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Today’s Gospel reminds us that faith in the Lord and in his Word does not open a way for us where everything is easy and calm; it does not rescue us from life’s storms. Faith gives us the assurance of a Presence (Pope Francis)
Il Vangelo di oggi ci ricorda che la fede nel Signore e nella sua parola non ci apre un cammino dove tutto è facile e tranquillo; non ci sottrae alle tempeste della vita. La fede ci dà la sicurezza di una Presenza (Papa Francesco)
Dear friends, “in the Eucharist Jesus also makes us witnesses of God’s compassion towards all our brothers and sisters. The Eucharistic mystery thus gives rise to a service of charity towards neighbour” (Post-Synodal Apostolic Exhortation Sacramentum Caritatis, 88) [Pope Benedict]
Cari amici, “nell’Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio della carità nei confronti del prossimo” (Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 88) [Papa Benedetto]
The fool in the Bible, the one who does not want to learn from the experience of visible things, that nothing lasts for ever but that all things pass away, youth and physical strength, amenities and important roles. Making one's life depend on such an ephemeral reality is therefore foolishness (Pope Benedict)
L’uomo stolto nella Bibbia è colui che non vuole rendersi conto, dall’esperienza delle cose visibili, che nulla dura per sempre, ma tutto passa: la giovinezza come la forza fisica, le comodità come i ruoli di potere. Far dipendere la propria vita da realtà così passeggere è, dunque, stoltezza (Papa Benedetto)
We see this great figure, this force in the Passion, in resistance to the powerful. We wonder: what gave birth to this life, to this interiority so strong, so upright, so consistent, spent so totally for God in preparing the way for Jesus? The answer is simple: it was born from the relationship with God (Pope Benedict)
Noi vediamo questa grande figura, questa forza nella passione, nella resistenza contro i potenti. Domandiamo: da dove nasce questa vita, questa interiorità così forte, così retta, così coerente, spesa in modo così totale per Dio e preparare la strada a Gesù? La risposta è semplice: dal rapporto con Dio (Papa Benedetto)
Christians are a priestly people for the world. Christians should make the living God visible to the world, they should bear witness to him and lead people towards him (Pope Benedict)
I cristiani sono popolo sacerdotale per il mondo. I cristiani dovrebbero rendere visibile al mondo il Dio vivente, testimoniarLo e condurre a Lui (Papa Benedetto)
The discovery of the Kingdom of God can happen suddenly like the farmer who, ploughing, finds an unexpected treasure; or after a long search, like the pearl merchant who eventually finds the most precious pearl, so long dreamt of (Pope Francis)
La scoperta del Regno di Dio può avvenire improvvisamente come per il contadino che arando, trova il tesoro insperato; oppure dopo lunga ricerca, come per il mercante di perle, che finalmente trova la perla preziosissima da tempo sognata (Papa Francesco)
Christ is not resigned to the tombs that we have built for ourselves (Pope Francis)
Cristo non si rassegna ai sepolcri che ci siamo costruiti (Papa Francesco)
We must not fear the humility of taking little steps, but trust in the leaven that penetrates the dough and slowly causes it to rise (cf. Mt 13:33) [Pope Benedict]
Occorre non temere l’umiltà dei piccoli passi e confidare nel lievito che penetra nella pasta e lentamente la fa crescere (cfr Mt 13,33) [Papa Benedetto]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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