Gesù sottolinea di non aver paura del martirio, di chi uccide il corpo ma non ha il potere di uccidere l’anima (Mt 10,28), poiché il discepolo non è più grande del Maestro.
Acceso dalla carità che allontana ogni timore, Francesco desiderava offrirsi al Signore nel fuoco del martirio per contraccambiare il Cristo che muore per noi, e per provocare i frati all’amore di Dio.
Nel «Sacrum Commercium» [documento contenuto nelle Fonti francescane] leggiamo:
"Ma la perfezione di tutte le virtù, cioè Madonna Persecuzione, alla quale come a me Dio ha consegnato il regno dei cieli, era con me in ogni circostanza, fedele aiutante, forte cooperatrice, saggia consigliera, e se talvolta vedeva qualcuno intiepidire nella carità, dimenticare anche per poco le cose celesti, affezionarsi in qualsiasi modo ai beni terreni, subito alzava la voce, scuoteva l’esercito, copriva di vergogna il volto dei miei figli perché cercassero il nome del Signore" (FF 1994).
La stessa Chiara d’Assisi, meditando la penuria e il pericolo della Sacra Famiglia di Nazareth, versava calde lacrime nella preghiera continua.
Nella Regola, rivolta alle sue figlie, dice:
«Avere lo Spirito del Signore e la sua Santa operazione […] ed amare quelli che ci perseguitano […] perché dice il Signore: Beati quelli che soffrono persecuzione a causa della giustizia, poiché di essi è il regno dei cieli. Chi persevererà sino alla fine, questi sarà salvo» (FF 2811).
E Francesco, nel suo Testamento, così scrive ai suoi frati:
«Dovunque non saranno accolti, fuggano in altra terra a fare penitenza con la benedizione di Dio» (FF 123).
Lo stesso Francesco, recatosi dal Sultano d’Egitto Melek-el-Kamel per portare l’annuncio di Cristo, fu perseguitato:
“Prima di giungere al Sultano, i suoi sicari l’afferrarono, l’insultarono, lo sferzarono, ed egli non temette nulla: né minacce, né torture, né morte; e sebbene investito dall’odio brutale di molti, venne accolto dal Sultano con grande onore!” (FF 422).
E ai suoi frati insegnò quell’audacia nella fede che rende intrepidi nelle situazioni avverse, poiché la Provvidenza accompagna gli innocenti bistrattati per Cristo, per il suo Vangelo.
Gli insegnamenti del Poverello erano tenuti presente dai suoi.
Infatti, nella Vita seconda, il Celano narra di un giovane frate che aveva assimilato bene l’insegnamento del padre in merito alla fedeltà alla Regola.
"Si ricordò di questo insegnamento un frate laico, che a nostro avviso è da venerare nel numero dei martiri, e conseguì la palma di una gloriosa vittoria.
Mentre era trascinato al martirio dai Saraceni, si inginocchiò e, tenendo con la estremità delle mani la Regola, disse al compagno:
«Fratello carissimo, mi accuso davanti alla Maestà Divina e davanti a te di tutte le colpe che ho commesso contro questa santa Regola».
Alla breve confessione tenne dietro la spada e così terminò la vita col martirio. Più tardi si rese celebre con miracoli e prodigi.
Era entrato nell’Ordine così giovinetto, che a stento poteva sopportare il digiuno prescritto dalla Regola. Eppure così fanciullo portava sulla nuda carne il cilicio!
Giovane felice, che ha cominciato santamente, per concludere ancora più felicemente la sua vita!" (FF 798).
Sabato della 14.a sett. T.O. (Mt 10,24-33)