Mag 12, 2025 Scritto da 

5a Domenica di Pasqua (Ap 21,1-5a)

5a Domenica di Pasqua (anno C)

 (Ap 21,1-5a)

Apocalisse 21:1 Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più.

Apocalisse 21:2 Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.

 

Giovanni contempla il compimento della profezia di Isaia: "Ecco infatti io creo nuovi cieli e nuova terra" (Is 65,17; 66,22). Dio aveva già manifestato la sua volontà di fare un nuovo cielo e una nuova terra nel contesto del ritorno degli Israeliti dall'esilio babilonese, celebrando un nuovo splendore per Gerusalemme come la gioia di una sposa che si prepara per le nozze. L'Apocalisse ne riprende le immagini per annunciare il compimento: l'abitazione dell'umanità peccatrice deve subire una trasformazione che la renda adatta ad essere la dimora di una umanità rinnovata e santa. Il concetto apocalittico della ri-creazione del cielo e della terra trova un'applicazione antropologica con l'apostolo Paolo, che parla dei cristiani come di una "nuova creazione" (2 Cor 5,17; Gal 6,15).  

Giovanni dice anche che “il mare non c'era più”, ossia non c'è più la presenza del negativo e del male, sinonimo del demoniaco. Il mare rappresenta i pericoli, il caos. Ricordiamo l'abisso primigenio di Gn 1,2 ("le tenebre ricoprivano l'abisso") e le acque del diluvio di Gn 7,11 ("eruppero tutte le sorgenti del grande abisso"). Scomparirà la caotica e inquietante potenza da cui era emersa la bestia satanica (Ap 13,1). Il mare, inoltre, separa e tiene lontani i popoli gli uni dagli altri, mentre la futura umanità formerà una sola famiglia.

In questo nuovo cielo e nuova terra, anche Gerusalemme, la città di Dio, la sua dimora sulla terra, sarà nuova. Con l'aggettivo greco "kainēn" non si vuole indicare una novità cronologica, bensì una novità qualitativa: una cosa mai esistita prima. Gerusalemme, scende dal nuovo cielo sulla nuova terra, adorna come una sposa che attende il suo sposo per celebrare le nozze. Giovanni ricapitola tutto lo svolgimento della storia umana al modo di una fidanzata che esce dalla casa paterna per andare incontro al suo sposo. L'immagine della sposa indica che il rapporto con Dio è fondato sull'amore e sul servizio, e non più sulle leggi e sui riti.  

La sposa non è Israele, un popolo che considerava il Regno come una conquista umana fondata sui meriti religiosi, ma è la nuova umanità che possiede lo Spirito, ricreata da Gesù. La nuova Gerusalemme sono tutti i giusti, i santi, i martiri; è la società gloriosa dei risorti nella gloria, che salita trionfalmente al cielo, scende per celebrare le nozze eterne con l'Agnello e prendere possesso della creazione nuova. La nuova Gerusalemme è la Chiesa gloriosa in ognuno dei suoi figli. Gloriosa nell'anima, ma anche nel corpo, che è stato risuscitato e creato nuovo in tutto simile al corpo glorioso di Cristo. La Sposa (nymphēn) è pronta per lo Sposo perché la consumazione delle nozze si ha nella gloria della risurrezione.

Per i santi del Signore non vi sarà più alcuna possibilità di caduta nella disubbidienza, in quanto fatti uno in Cristo, e questa unità tra Dio e le sue creature avviene attraverso la celebrazione di un eterno matrimonio, di cui quello terreno è solo immagine. Non ha più importanza essere uomo o donna, il matrimonio avviene non a livello del singolo ma a livello del genere umano. Potremmo chiederci quale senso può avere nell'eternità essere ancora uomo o donna fatti non l'uno per l'altra ma entrambi per il Signore. La risposta ci è data da Gesù stesso allorché dice che nel regno dei cieli non ci sarà né chi sposa né chi è sposato ma saremo tutti come angeli. Riguardo agli angeli va però compreso che vi è una diversità spirituale che li vuole distinti in gruppi e anche in gerarchie, di cui la Scrittura ci dà alcuni nomi: principati, potestà, dominazioni, troni, ecc. Pertanto, se pur vi è un unico modo di rapportarsi a Cristo, la relazione che ne discende non può essere uniforme e indifferenziata.

La nuova Gerusalemme indica sia il popolo di Dio nella sua pienezza di gloria, sia l'ambiente nuovo in cui esso si trova. Così quella che sulla terra era la "città santa", resa tale dall'appartenenza a Dio e dalla presenza del tempio, diventa adesso la nuova Gerusalemme. La Gerusalemme terrestre è superata, la "nuova" Gerusalemme, infatti, non ha, come la prima, una origine terrestre: proviene direttamente dal "cielo". Mentre Gerusalemme era il centro del regno di Dio sulla terra, la nuova Gerusalemme è il centro del nuovo regno di Dio nei cieli nuovi e nella terra nuova. Nuovi sono i cieli, nuova è la terra, nuovo è il regno, nuova è la città capitale del regno. Nuovo è tutto ciò che appartiene a questo regno e a questa creazione. 

La nuova Gerusalemme, per il fatto che discende dal cielo, è di origine divina: Dio è l'architetto e il costruttore della città. È "santa" perché è consacrata a Dio. Anche S. Paolo parla della Gerusalemme di lassù e la chiama la nostra madre, indicando come per la comunità cristiana la nuova creazione abbia già avuto inizio. 

La nuova Gerusalemme non rimane in cielo, nella trascendenza, è vista "scendente", e la discesa indica un movimento verso l'immanenza. Ma l'immanenza non è più quella di prima; ora è adeguata ad accogliere il divino. Giovanni vede questa Gerusalemme che scende dal cielo con un'azione continuata (“katabainousan” è un participio presente), in altre parole, la nuova Gerusalemme non è creata dal nulla e all'istante. Inoltre, all'azione propria di Dio si affianca in parallelo un'azione propria del popolo di Dio - la "sposa" dell'Agnello - che durante il corso della storia confeziona il suo abito nuziale per prepararsi alle nozze.  

Il simbolismo della nuova Gerusalemme è complesso. Simboleggia i santi, ma nello stesso tempo è distinta dai santi: la città è "come" una sposa; se è come una sposa non è la sposa o almeno non è solo sposa. Essa è nel contempo città e sposa; città in quanto rappresenta l'abitazione o lo stato glorioso del salvati dopo il giudizio finale; sposa in quanto personifica gli abitanti della città celeste, oggetti di un amore ineffabile e uniti per sempre al loro Salvatore in un rapporto sponsale.    

 

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?

  • Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo nel mistero trinitario
  • Il discorso profetico di Gesù (Matteo 24-25)
  • Tutte le generazioni mi chiameranno beata
  •  Cattolici e Protestanti a confronto – In difesa della fede
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125 Ultima modifica il Lunedì, 12 Maggio 2025 21:31
Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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The fool in the Bible, the one who does not want to learn from the experience of visible things, that nothing lasts for ever but that all things pass away, youth and physical strength, amenities and important roles. Making one's life depend on such an ephemeral reality is therefore foolishness (Pope Benedict)
L’uomo stolto nella Bibbia è colui che non vuole rendersi conto, dall’esperienza delle cose visibili, che nulla dura per sempre, ma tutto passa: la giovinezza come la forza fisica, le comodità come i ruoli di potere. Far dipendere la propria vita da realtà così passeggere è, dunque, stoltezza (Papa Benedetto)
We see this great figure, this force in the Passion, in resistance to the powerful. We wonder: what gave birth to this life, to this interiority so strong, so upright, so consistent, spent so totally for God in preparing the way for Jesus? The answer is simple: it was born from the relationship with God (Pope Benedict)
Noi vediamo questa grande figura, questa forza nella passione, nella resistenza contro i potenti. Domandiamo: da dove nasce questa vita, questa interiorità così forte, così retta, così coerente, spesa in modo così totale per Dio e preparare la strada a Gesù? La risposta è semplice: dal rapporto con Dio (Papa Benedetto)
Christians are a priestly people for the world. Christians should make the living God visible to the world, they should bear witness to him and lead people towards him (Pope Benedict)
I cristiani sono popolo sacerdotale per il mondo. I cristiani dovrebbero rendere visibile al mondo il Dio vivente, testimoniarLo e condurre a Lui (Papa Benedetto)
The discovery of the Kingdom of God can happen suddenly like the farmer who, ploughing, finds an unexpected treasure; or after a long search, like the pearl merchant who eventually finds the most precious pearl, so long dreamt of (Pope Francis)
La scoperta del Regno di Dio può avvenire improvvisamente come per il contadino che arando, trova il tesoro insperato; oppure dopo lunga ricerca, come per il mercante di perle, che finalmente trova la perla preziosissima da tempo sognata (Papa Francesco)
Christ is not resigned to the tombs that we have built for ourselves (Pope Francis)
Cristo non si rassegna ai sepolcri che ci siamo costruiti (Papa Francesco)
We must not fear the humility of taking little steps, but trust in the leaven that penetrates the dough and slowly causes it to rise (cf. Mt 13:33) [Pope Benedict]
Occorre non temere l’umiltà dei piccoli passi e confidare nel lievito che penetra nella pasta e lentamente la fa crescere (cfr Mt 13,33) [Papa Benedetto]
The disciples, already know how to pray by reciting the formulas of the Jewish tradition, but they too wish to experience the same “quality” of Jesus’ prayer (Pope Francis)
I discepoli, sanno già pregare, recitando le formule della tradizione ebraica, ma desiderano poter vivere anche loro la stessa “qualità” della preghiera di Gesù (Papa Francesco)
Saint John Chrysostom affirms that all of the apostles were imperfect, whether it was the two who wished to lift themselves above the other ten, or whether it was the ten who were jealous of them (“Commentary on Matthew”, 65, 4: PG 58, 619-622) [Pope Benedict]
San Giovanni Crisostomo afferma che tutti gli apostoli erano ancora imperfetti, sia i due che vogliono innalzarsi sopra i dieci, sia gli altri che hanno invidia di loro (cfr Commento a Matteo, 65, 4: PG 58, 622) [Papa Benedetto]

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