Ott 14, 2025 Scritto da 

29a Domenica T.O. (anno C)

(Es 17,8-13)

 

Esodo 17:8 Allora Amalek venne a combattere contro Israele a Refidim.

Esodo 17:9 Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalek. Domani io starò ritto sulla cima del colle con in mano il bastone di Dio».

Esodo 17:10 Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalek, mentre Mosè, Aronne, e Cur salirono sulla cima del colle.

Esodo 17:11 Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek.

Esodo 17:12 Poiché Mosè sentiva pesare le mani dalla stanchezza, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l'altro dall'altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.

Esodo 17:13 Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo passandoli poi a fil di spada.

 

Questo racconto segue la mormorazione del popolo d'Israele nel deserto per la mancanza di acqua. Quali furono le conseguenze di aver ceduto alla tentazione? La liberazione delle forze del Maligno rappresentate da Amalek. C’è una lotta e una fatica per rimanere nella fede donata dal Signore, e c’è la guerra che è scatenata dal satana, quando vede che la nostra fede in Dio vacilla. Amalek, re di una popolazione che abitava ai margini del deserto, a sud della terra di Canaan, che viene a combattere contro Israele a Refidim, rappresenta tutto questo. 

La battaglia contro il nemico non è combattuta da tutti gli uomini, ma soltanto da coloro che sono scelti/eletti da Giosuè (figura di Gesù) e si mettono sotto il suo comando. È una guerra che comporta un’uscita (“esci in battaglia”) dalla vita quotidiana, l’abbandono di ogni occupazione, per un impegno totale. Non si combatte contro il maligno da soli, ma insieme con la Chiesa tutta, sotto la guida di chi è preposto dal Signore, sotto la tutela del “bastone di Dio” che dà la vittoria: bastone che nel racconto è posto nella mano di Mosè.

In precedenza, Mosè aveva dovuto toccare la roccia con il suo bastone per far scaturire l'acqua, ora deva fare la stessa cosa con il suo Dio e Signore: Mosè deve con il bastone toccare Dio, perché da Dio possa scaturire la vittoria per gli israeliti. La roccia fu colpita due volte e l’acqua uscì con abbondanza da essa. Per avere la vittoria su Amalek, Dio dovrà essere toccato fino a completa vittoria. Quando il bastone non tocca Dio, la vittoria è di Amalèk. Quando invece il bastone tocca Dio la vittoria è di Giosuè e degli israeliti. Una vittoria momentanea non serve a Israele. Occorre la vittoria definitiva, il ritiro di Amalek e la pace in Israele.

«Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalek, mentre Mosè, Aronne, e Cur salirono sulla cima del colle» (v. 10). Giosuè esegue quanto gli ordina Mosè. Si sceglie le sue truppe migliori e va a combattere contro Amalek. Mosè non sale sulla cima del colle da solo. Fa venire con sé Aronne e Cur. Essi non vanno contro il nemico, ma si portano vicini a Dio. Soltanto la vicinanza del Signore è garanzia di vittoria, ma bisogna salire sul monte, per toccare il cielo e arrivare a Lui.

Quanto avviene sul monte è immagine della realtà che si compie sul campo di battaglia. Quando  Mosè alza le mani e tocca Dio, la vittoria è per Israele. Quando invece Mosè abbassa le mani, lasciandole cadere, prevale e vince Amalek. Quando Dio non è toccato, non sgorga la grazia, non viene fuori la vittoria. Quando Dio è toccato, viene fuori la grazia e la vittoria.

Ma l’uomo si stanca a tenere le braccia sempre alzate per toccare il Signore. Se però il Signore non è toccato, la battaglia volgerà sempre verso il male per noi, non più verso il bene. Ecco allora che viene in aiuto all'uomo l’intelligenza. Aronne e Cur trovano il modo perché Mosè non si stanchi. Non dalle nostre forze è vinto il satana, ma dalla preghiera incessante che il servo di Dio fa salire al cielo. Non ha valore e non è efficace una preghiera che si fermi a metà: dev'essere in un impegno incessante e in una pienezza continua.

Poiché Mosè si stanca a tenere sempre le braccia alzate verso il Cielo, Aronne e Cur prendono una pietra, la collocano sotto di lui ed egli si siede. Loro due, uno da una parte e l'altro dall'altra, sostengono le sue mani. In questo modo le mani di Mosè stanno sempre alzate fino al tramonto del sole. Qui vediamo che intelligenza e sapienza vengono poste a servizio di un bene più grande. Mosè vi mette la parte spirituale, Aronne e Cur la parte materiale. Parte materiale e parte spirituale devono sempre divenire una cosa sola.

Le mani dell’uomo non riescono a stare continuamente alzate verso Dio: non ci sono forze adeguate. C'è bisogno di un sostegno per la nostra stanchezza che ci consenta di essere sempre presenti alla lotta pur in una posizione di riposo. Tutto questo è dato da Cristo, pietra di salvezza.

Fin che dura la battaglia, cioè fino al tramonto di questa esistenza, non bisogna abbandonare uno spirito di preghiera continua. È garanzia di una sicura vittoria contro il nemico. Il Signore combatte per noi, ci dà forza e coraggio per contrastare il maligno, fa in modo che non siamo sopraffatti dalla stanchezza di una lotta che non sembra aver fine.

«Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo passandoli poi a fil di spada» (v. 13). Sorretto dalla forza di Dio, invocata senza interruzione da Mosè, sostenuto da Aronne e Cur, Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo, passandoli a fil di spada. La vittoria è ottenuta. Essa è però il frutto di una triplice comunione: Mosè, Aronne e Cur, Giosuè. Mosè tocca Dio. Aronne e Cur lo aiutano materialmente, fisicamente. Giosuè ottiene la vittoria, combattendo, rischiando la sua stessa vita. Ecco la vera comunione: Dio e l’uomo che lavorano insieme. Così vengono messi in fuga i nostri nemici. Il maligno e i suoi figli sono costretti a desistere dal loro intento malvagio.  

 

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?

  • Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo nel mistero trinitario
  • Il discorso profetico di Gesù (Matteo 24-25)
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Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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The ancient priest stagnates, and evaluates based on categories of possibilities; reluctant to the Spirit who moves situations
Il sacerdote antico ristagna, e valuta basando su categorie di possibilità; riluttante allo Spirito che smuove le situazioni
«Even through Joseph’s fears, God’s will, his history and his plan were at work. Joseph, then, teaches us that faith in God includes believing that he can work even through our fears, our frailties and our weaknesses. He also teaches us that amid the tempests of life, we must never be afraid to let the Lord steer our course. At times, we want to be in complete control, yet God always sees the bigger picture» (Patris Corde, n.2)
«Anche attraverso l’angustia di Giuseppe passa la volontà di Dio, la sua storia, il suo progetto. Giuseppe ci insegna così che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza. E ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande» (Patris Corde, n.2)
Man is the surname of God: the Lord in fact takes his name from each of us - whether we are saints or sinners - to make him our surname (Pope Francis). God's fidelity to the Promise is realized not only through men, but with them (Pope Benedict).
L’uomo è il cognome di Dio: il Signore infatti prende il nome da ognuno di noi — sia che siamo santi, sia che siamo peccatori — per farlo diventare il proprio cognome (Papa Francesco). La fedeltà di Dio alla Promessa si attua non soltanto mediante gli uomini, ma con loro (Papa Benedetto)
In the communities of Galilee and Syria the pagans quickly became a majority - elevated to the rank of sons. They did not submit to nerve-wracking processes, but spontaneously were recognizing the Lord
Nelle comunità di Galilea e Siria i pagani diventavano rapidamente maggioranza - elevati al rango di figli. Essi non si sottoponevano a trafile snervanti, ma spontaneamente riconoscevano il Signore
And thus we must see Christ again and ask Christ: “Is it you?” The Lord, in his own silent way, answers: “You see what I did, I did not start a bloody revolution, I did not change the world with force; but lit many I, which in the meantime form a pathway of light through the millenniums” (Pope Benedict)
E così dobbiamo di nuovo vedere Cristo e chiedere a Cristo: “Sei tu?”. Il Signore, nel modo silenzioso che gli è proprio, risponde: “Vedete cosa ho fatto io. Non ho fatto una rivoluzione cruenta, non ho cambiato con forza il mondo, ma ho acceso tante luci che formano, nel frattempo, una grande strada di luce nei millenni” (Papa Benedetto)
Experts in the Holy Scriptures believed that Elijah's return should anticipate and prepare for the advent of the Kingdom of God. Since the Lord was present, the first disciples wondered what the value of that teaching was. Among the people coming from Judaism the question arose about the value of ancient doctrines…
Gli esperti delle sacre Scritture ritenevano che il ritorno di Elia dovesse anticipare e preparare l’avvento del Regno di Dio. Poiché il Signore era presente, i primi discepoli si chiedevano quale fosse il valore di quell’insegnamento. Tra i provenienti dal giudaismo sorgeva il quesito circa il peso delle dottrine antiche...
Gospels make their way, advance and free, making us understand the enormous difference between any creed and the proposal of Jesus

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