Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".
Qualche giorno mi trovavo in un bar. C’erano dei giovani che parlavano dei loro problemi quotidiani, quando a un certo punto esce fuori il problema dell’invidia.
La discussione su questo argomento viene accolta anche dalle persone che erano lì e qualcuno scherzando o meno (chissà) ha espresso: ma come si toglie?
Mi sono tornate in mente vecchie pratiche magiche e superstiziose di quando ero bimbo. Oppure di tutte quelle volte che ho sentito dire di fronte a un insuccesso o situazione poco favorevole: “devo andare a far togliere l’invidia”. E non solo da gente semplice, ma anche da persone con un certo grado di cultura. Come già sostenuto nei precedenti articoletti, anche l’uomo di scienza ha la sua parte irrazionale.
Nel vocabolario Treccani alla voce invidia si legge: “Sentimento spiacevole per un bene o qualità altrui che si vorrebbero per sé, accompagnato spesso da avversione e rancore per colui che invece le possiede”.
E’ un sentimento che abbiamo tutti e che ci rifiutiamo di riconoscere perché spesso è una cosa di cui ci vergogniamo. Spesso crediamo che questo sentimento abbia poteri occulti e per questo crediamo che pseudo pratiche magiche possano liberarci. Nulla di più illusorio.
Melanie Klein ha scritto il libro “Invidia e Gratitudine” dove affronta tale tematica.
Quest’autrice ha indagato a fondo il primo rapporto che il bambino ha con il seno materno e poi con la madre quando riesce a percepirla come oggetto totale. Rapporto primario che può risultare difficile anche per cause materne: non accettazione del bimbo, difficoltà nel parto, o riluttanza nell’allattarlo.
Ma ci sono cause che possono scaturire anche dal bambino, e fra queste primeggia proprio l’invidia che gli impedisce un bel rapporto col seno.
Il bimbo può provare un grosso sentimento di rabbia verso il seno, sia che venga percepito come buono, cioè che lo soddisfi, sia come cattivo - perché non accontenta i suoi bisogni e genera invidia perché possiede qualcosa che lui non ha.
E allora il lattante prova a danneggiarlo come può, mettendoci le sue parti cattive (sputando, orinando, mordendo, ecc.).
In una persona una forte presenza dell’invidia può danneggiare il proprio modo di vivere, e i suoi rapporti con gli altri; non per cause esterne, ma perché non riesce a comprendere l’oggetto buono.
Ritiene di averlo rovinato e reso cattivo.
Non riesce a sentire i suoi sentimenti buoni, e questo aumenta la sua invidia e il suo odio.
Invece il bambino che è più capace di provare amore e gratitudine per il dono che ha ricevuto, sperimenta maggiormente l’oggetto buono.
Di conseguenza, acquistando fiducia nella propria bontà, supererà invidia e odio con maggiore facilità.
La persona affetta da invidia difficilmente riesce a godere delle gioie della vita, perché il rapporto con la madre e poi con qualsiasi altro oggetto di amore è danneggiato.
I sentimenti positivi spingono il bambino a conservare il latte ricevuto come buono.
Saper sperimentare gratitudine è la base del piacere, e in seguito egli sarà in grado di stabilire rapporti soddisfacenti, perché sono diminuiti i desideri distruttivi: le sue angosce saranno meno forti.
L’invidia non ci fa vivere bene, per il semplice motivo che va in senso contrario alla vita - e il mondo esterno diventa il nostro nemico.
Oppure essa ci fa vivere un “seno” troppo idealizzato o troppo cattivo.
Una persona con una buona capacita di voler bene riesce ad amare l’ “oggetto” pur vedendone i limiti.
Una cosa positiva che l’invidia può operare in noi è la possibilità di migliorarci.
Spesse volte, per chi chiede aiuto ad un professionista, fra le varie tematiche che la persona porta in analisi, si deve affrontare questo problema.
Se l’analista ha ben cosciente queste sue parti distruttive, riuscirà a condurre la persona che ha di fronte a riconoscere le parti negative, e a mitigarle con l’amore e i sentimenti positivi.
La persona ben adattata sopporterà meglio i propri sensi di colpa, e non avrà bisogno di vederli addosso agli altri. .
Molto spesso è difficile sopportare noi stessi.
Francesco Giovannozzi Psicologo – Psicoterapeuta.
Dear friends, this is the perpetual and living heritage that Jesus has bequeathed to us in the Sacrament of his Body and his Blood. It is an inheritance that demands to be constantly rethought and relived so that, as venerable Pope Paul VI said, its "inexhaustible effectiveness may be impressed upon all the days of our mortal life" (Pope Benedict)
Questa, cari amici, è la perpetua e vivente eredità che Gesù ci ha lasciato nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Eredità che domanda di essere costantemente ripensata, rivissuta, affinché, come ebbe a dire il venerato Papa Paolo VI, possa “imprimere la sua inesauribile efficacia su tutti i giorni della nostra vita mortale” (Papa Benedetto)
The road that Jesus points out can seem a little unrealistic with respect to the common mindset and to problems due to the economic crisis; but, if we think about it, this road leads us back to the right scale of values (Pope Francis)
La strada che Gesù indica può sembrare poco realistica rispetto alla mentalità comune e ai problemi della crisi economica; ma, se ci si pensa bene, ci riporta alla giusta scala di valori (Papa Francesco)
Our commitment does not consist exclusively of activities or programmes of promotion and assistance; what the Holy Spirit mobilizes is not an unruly activism, but above all an attentiveness that considers the other in a certain sense as one with ourselves (Pope Francis)
Il nostro impegno non consiste esclusivamente in azioni o in programmi di promozione e assistenza; quello che lo Spirito mette in moto non è un eccesso di attivismo, ma prima di tutto un’attenzione rivolta all’altro considerandolo come un’unica cosa con se stesso (Papa Francesco)
The drama of prayer is fully revealed to us in the Word who became flesh and dwells among us. To seek to understand his prayer through what his witnesses proclaim to us in the Gospel is to approach the holy Lord Jesus as Moses approached the burning bush: first to contemplate him in prayer, then to hear how he teaches us to pray, in order to know how he hears our prayer (Catechism of the Catholic Church n.2598)
L’evento della preghiera ci viene pienamente rivelato nel Verbo che si è fatto carne e dimora in mezzo a noi. Cercare di comprendere la sua preghiera, attraverso ciò che i suoi testimoni ci dicono di essa nel Vangelo, è avvicinarci al santo Signore Gesù come al roveto ardente: dapprima contemplarlo mentre prega, poi ascoltare come ci insegna a pregare, infine conoscere come egli esaudisce la nostra preghiera (Catechismo della Chiesa Cattolica n.2598)
If penance today moves from the material to the spiritual side, let's say, from the body to the soul, from the outside to the inside, it is no less necessary and less feasible (Pope Paul VI)
Se la penitenza si sposta oggi dalla parte, diciamo, materiale a quella spirituale, dal corpo all’anima, dall’esterno all’interno, non è meno necessaria e meno attuabile (Papa Paolo VI)
“Love is an excellent thing”, we read in the book the Imitation of Christ. “It makes every difficulty easy, and bears all wrongs with equanimity…. Love tends upward; it will not be held down by anything low… love is born of God and cannot rest except in God” (III, V, 3) [Pope Benedict]
«Grande cosa è l’amore – leggiamo nel libro dell’Imitazione di Cristo –, un bene che rende leggera ogni cosa pesante e sopporta tranquillamente ogni cosa difficile. L’amore aspira a salire in alto, senza essere trattenuto da alcunché di terreno. Nasce da Dio e soltanto in Dio può trovare riposo» (III, V, 3) [Papa Benedetto]
don Giuseppe Nespeca
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