Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Dinanzi ai discepoli che discutono su chi fosse il più grande tra loro, Gesù li educa ponendo dinanzi allo sguardo un bambino. Questi è misura della loro grandezza.

Dunque: accoglienza e piccolezza sono le credenziali per il Regno.

Piccolo di statura, ma veramente dotato di quella piccolezza che rende bambini nel cuore.

Francesco si preoccupò sempre di non scandalizzare i piccoli di cui parla Gesù nel Vangelo.

L’autorevolezza delle Fonti c’informa:

“Spesso pensando allo scandalo che veniva dato ai piccoli, provava una tristezza immensa, al punto da ritenere che sarebbe morto di dolore, se la bontà divina non l’avesse sorretto con il suo conforto” (FF 1139).

Francesco stesso si definiva «Io, piccolino e semplice, inesperto nel parlare, ho ricevuto la grazia dell’orazione più che quella della predicazione […]

Nell’orazione parliamo a Dio, lo ascoltiamo e ci tratteniamo in mezzo agli angeli» (FF 1204).

Ancora: “Nient’altro possedeva, il Povero di Cristo, se non due spiccioli da poter elargire con liberale carità: il corpo e l’anima” (FF 1167).

E ai suoi frati insegnava e raccomandava la piccolezza in ogni vicenda lieta o triste:

“La penuria stessa era per loro dovizia e sovrabbondanza, mentre, secondo il consiglio del Saggio, provavano piacere non nella grandezza, ma nelle cose più piccole” (FF 1075).

Oh quale grande amore aveva per gli Angeli!

Le Fonti francescane ci raccontano che “agli spiriti angelici, i quali ardono di un meraviglioso fuoco, che infiamma le anime degli eletti e le fa penetrare in Dio, era unito da un inscindibile vincolo d’amore […]

Per il beato Michele Arcangelo, dato che ha il compito di presentare le anime a Dio, nutriva particolare devozione e speciale amore, dettato dal suo fervido zelo per la salvezza delle anime” (FF 1166).

 

«Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli perché vi dico che i loro angeli nei cieli vedono incessantemente il volto del Padre nei cieli» (Mt 18,10)

 

 

Ss. Angeli Custodi, 2 ottobre

Set 23, 2025

Liberi per seguirLo

Pubblicato in Aforisma

Il Vangelo di Luca in questi versetti del capitolo nove evidenzia le condizioni  necessarie per seguire Gesù e la vita nuda, povera e peregrina di Lui.

«Le volpi hanno tane e gli uccelli del cielo nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Lc 9,58).

Francesco, vero amante e imitatore di Lui, ne ricalcò le orme - vivendo in povertà e precarietà la sua vita di fede, poiché aveva chiaro che il seguirlo nella chiamata comportava abbandonare tutto il resto.

Le Fonti raccontano che il Minimo, nella Lettera a tutto L’Ordine, così si esprimeva:

«Frate Francesco, uomo di poco conto e fragile, vostro piccolo servo, augura salute in Colui che ci ha redento e ci ha lavati nel suo preziosissimo sangue.

Ascoltando il nome di Lui, adoratelo con timore e riverenza, proni verso terra: Signore Gesù Cristo, Figlio dell’Altissimo è il suo nome, che è benedetto nei secoli» (FF 215).

Il Poverello presentava sempre Gesù come Colui che non aveva dove sistemarsi; infatti il Figlio di Dio mostrava in ogni circostanza la dimensione precaria del suo vivere.

Innamorato della povertà, Francesco rivolgeva ai suoi frati l’espressione di Lc 9,58:

“[Così] ammaestrava i frati a costruire casupole poverelle […] ad abitare in esse non come case proprie, ma come in case altrui, da pellegrini e forestieri.

Diceva che il codice dei pellegrini è questo:

«Raccogliersi sotto il tetto altrui, sentir sete della patria, passar via in pace»” (FF1120).

E poiché ripeteva che figli di Dio sono coloro che compiono le sue opere, il Povero d’Assisi si distingueva quale figlio, e nello Spirito operava molte guarigioni.

"Gente di ogni età e d’ogni sesso correva a vedere e ad ascoltare quell’uomo nuovo, donato dal cielo al mondo.

Egli pellegrinava per le varie regioni, annunciando con fervore il Vangelo; e il Signore cooperava, confermando la Parola con i miracoli che l’accompagnavano.

Infatti, nel nome del Signore, Francesco, predicatore della verità, scacciava i demoni, risanava gli infermi, e, prodigio ancor più grande, con l’efficacia della sua parola inteneriva e muoveva a penitenza gli ostinati e, nello stesso tempo, ridonava la salute ai corpi e ai cuori" (FF 1212).

Chiara stessa, nelle Lettere alla Beata Agnese da Praga, riprende il tema della dimensione precaria di Cristo e quindi della sequela del discepolo.

«O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne…

O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo, in cui potere erano e sono il cielo e la terra, giacché bastò un cenno della sua parola e tutte le cose furono create, si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa. Disse egli, infatti:

Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli del cielo i nidi, ma il Figlio dell’uomo, cioè Cristo, non ha dove posare il capo e quando lo reclinò sul suo petto, fu per rendere l’ultimo respiro» (FF 2864 - Lettera prima).

 

Nella Sequela radicale, i due cantori della povertà avevano acquisito la libertà di non essere condizionati da nulla se non da Cristo.

 

 

Mercoledì 26.a sett. T.O.  (Lc 9,57-62)

Luca presenta Gesù che procede fermamente e coraggiosamente verso Gerusalemme.

Per questo motivo un villaggio di Samaritani non volle riceverlo.

I discepoli intendono reagire all’inospitalità mostrata, ma Gesù li riprende, compreso della missione che stava adempiendo.

La finestra aperta sulle Fonti ci narra cose interessanti in merito.

Nei suoi scritti Francesco ammaestrava i suoi frati a perseverare con pazienza quando non venivano accolti, andando altrove, per amore di Cristo che soffrì le medesime cose.

Le Fonti - nello specifico la Regola non bollata (1221) - dice:

“E tutti frati, ovunque sono, si ricordino che si sono donati e hanno abbandonato i loro corpi al Signore nostro Gesù Cristo.

E per il suo amore devono esporsi ai nemici sia visibili che invisibili, poiché dice il Signore:

«Colui che perderà l’anima sua per causa mia la salverà per la vita eterna»” (FF 45).

E ancora nelle Ammonizioni:

“Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce.

Le pecore del Signore l’hanno seguito nella tribolazione e persecuzione, nell’ignominia e nella fame, nella infermità e nella tentazione e in altre simili cose; e ne hanno ricevuto in cambio dal Signore la vita eterna” (FF 155).

D’altra parte Francesco, allo stesso Frate Leone, insegnerà che, quando non siamo accolti, rimanendo nella pazienza, siamo nella perfetta letizia:

“E io sempre resto davanti alla porta e dico: «Per amor di Dio accoglietemi per questa notte».

E quegli risponde: «Non lo farò. Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là».

«Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera Letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell’anima» ( FF 278).

Gesù, infatti, va oltre, laddove incontra il rifiuto, rimproverando i suoi che fanno fatica ad accettare la non accoglienza.

Francesco la segue come Provvidenza.

 

«Egli indurì il suo volto per partire verso Gerusalemme. E mandò Angeli davanti al suo Volto» (Lc 9,51b-52)

 

 

Martedì 26.a sett. T.O.  (Lc 9,51-56)

Il brano di Vangelo tratto da Giovanni c’introduce nella festa dei Santi Michele, Gabriele e Raffaele arcangeli, depositari di missioni speciali presso gli uomini.

Gesù li chiama in causa nel colloquio con Natanaele, a riguardo della sua divinità:

«Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio che salgono e scendono sul Figlio dell’uomo» (Gv 1,51b).

Francesco d’Assisi nutriva una speciale devozione per gli Angeli, tanto più aveva scelto - come piccola porzione dove vivere - la Chiesa di S. Maria degli Angeli, luogo di singolari grazie.

Le Fonti, testimonianza di vita del Poverello e di tutti i frati c’informano.

“Venerava col più grande affetto gli Angeli, che sono con noi sul campo di battaglia e con noi camminano in mezzo all’ombra della morte.

«Dobbiamo venerare - diceva - questi compagni che ci seguono ovunque e allo stesso modo invocarli come custodi».

Insegnava che non si deve offendere il loro sguardo, né osare alla loro presenza ciò che non si farebbe davanti agli uomini.

E proprio perché in coro si salmeggia davanti agli Angeli, voleva che tutti quelli che potevano si radunassero nell’oratorio* e lì salmeggiassero con devozione.

Ripeteva spesso che si deve onorare in modo più solenne il beato Michele, perché ha il compito di presentare le anime a Dio.

Perciò ad onore di S. Michele, tra la festa dell’Assunzione e la sua digiunava con la massima devozione per quaranta giorni. E diceva:

«Ciascuno ad onore di così glorioso principe dovrebbe offrire a Dio un omaggio di lode o qualche altro dono particolare»” (FF 785).

E, a riguardo della Porziuncola:

“Là egli godeva spesso della visita degli Angeli, come sembrava indicare il nome della Chiesa stessa, chiamata fin dall’antichità Santa Maria degli Angeli.

Perciò la scelse come sua residenza, a causa della venerazione per gli Angeli e del suo speciale amore per la Madre di Cristo.

Il Santo amò questo luogo più di tutti gli altri luoghi del mondo. Qui, infatti, conobbe l’umiltà degli inizi; qui progredì nelle virtù; qui raggiunse felicemente la mèta.

Questo luogo, al momento della morte, raccomandò ai frati come il luogo più caro alla Vergine” (FF 1048).

Possiamo credergli, perché Francesco era un «Israelita in cui non c’è inganno».

 

• Oratorio= luogo riservato alla preghiera dei religiosi oppure coro della chiesa.

 

Il Vangelo proposto dalla Liturgia odierna ci pone dinanzi tre dimensioni esistenziali importanti, che Francesco teneva in grande conto.

La parabola del povero Lazzaro e del ricco smodato evoca l’uso diligente delle ricchezze, la premura verso i bisognosi, ed è un richiamo alla conversione, poiché dopo la morte il giudizio individuale sarà irreversibile.

Francesco, il Povero d’Assisi, ebbe sempre dinanzi allo sguardo questo quadro evangelico, che lo indusse a meglio dirigere il suo cuore verso Dio e i poveri.

Le Fonti attestano, fin dagli inizi del suo cammino:

"(Francesco) aveva sempre beneficato i bisognosi, ma da quel momento si propose fermamente di non rifiutare mai l’elemosina al povero che la chiedesse per amore di Dio, e anzi di fare largizioni spontanee e generose.

A ogni misero che gli domandasse la carità, quando Francesco era fuori casa, provvedeva con denaro; se ne era sprovvisto, gli regalava il cappello o la cintura, pur di non rimandarlo a mani vuote.

O essendo privo di questi, si ritirava in disparte, si toglieva la camicia e la faceva avere di nascosto all’indigente, pregandolo di prenderla per amore di Dio.

Comperava utensili di cui abbisognavano le chiese e segretamente li donava ai sacerdoti poveri" (FF 1403).

E ancora, la Leggenda dei tre compagni c’informa:

"La Grazia divina lo aveva profondamente cambiato. Pur non indossando un abito religioso, bramava trovarsi sconosciuto in qualche città, dove barattare i suoi abiti con gli stracci di un mendicante e provare lui stesso a chiedere l’elemosina per amor di Dio" (FF 1405).

 

Il Minimo sapeva che quanto riceveva un povero era rivolto a Cristo stesso e che un solo bicchiere d’acqua dato a quei piccoli ed emarginati era offerto a Gesù.

L’incontro con il lebbroso nella piana d’Assisi, infatti, aveva trasformato in lui l’amaro in vera dolcezza.

Francesco temeva il giudizio divino e desiderava corrispondere a quanto la Parola di Dio gli chiedeva.

Era davvero il Poverello fatto pane, il Giullare fatto misericordia, il Generoso che rigenera speranza.

Assisi era divenuta per lui la tavola della Carità su cui deporre amore e perdono; accoglienza dei non considerati - numero sconosciuto per i ricchi epuloni del tempo, sdoganati dal suo evangelico vissuto.

Leggiamo nelle Fonti:

"[i frati] disprezzavano […] ogni bene effimero, bramato dagli amatori di questo mondo.

Soprattutto avversavano il denaro, calpestandolo come la polvere della strada.

Francesco aveva insegnato loro che il denaro non valeva più dello sterco d’asino.

Quanto più erano separati dal mondo, tanto più si tenevano avvinti a Dio.

Avanzavano sulla via della croce e sui sentieri della giustizia: toglievano dal cammino stretto della penitenza e dell’osservanza evangelica ogni ostacolo, onde lasciare a quelli che li avrebbero seguiti una strada spianata e sicura" (FF 1454)

La stessa Chiara, fin da piccola, sottraeva al suo corpo il cibo per donarlo ai poveri, mantenendo questo atteggiamento di cura e sollecitudine speciale verso i bisognosi; tutta la vita.

Entrambi fecero dei beni a loro disposizione un uso evangelico, intelligente, al servizio del Regno di Dio.

 

«Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni nella tua vita, e Lazzaro ugualmente i mali; ma adesso qui è consolato, tu invece sei torturato» (Lc 16,25)

 

Il Poverello sempre esortò i suoi frati ad essere misericordiosi con ogni forma d’indigenza, perché il giudizio non concede vita piena a chi non la riconosce ai fratelli.

 

«Ora, c’era un uomo ricco, che si rivestiva di porpora e di bisso, facendo festa ogni giorno splendidamente. Ma un povero di nome Lazzaro giaceva presso il suo portone coperto di piaghe e desiderando di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco» (Lc 16,19-20)

 

 

Domenica 26.a T.O. anno C  (Lc 16,19-31)

Il Vangelo di Luca parla oggi del secondo annuncio della Passione di Gesù.

Egli cercava di preparare i discepoli alla consumazione del suo mistero Pasquale, ma essi facevano fatica a capire, non coglievano il senso di quanto il Signore esprimeva.

Come Gesù si trova di fronte all’incomprensione dei discepoli dinanzi al mistero della sua morte, così Francesco ha dinanzi a sé, alla fine della sua vita, lo sconcerto dei suoi frati.

Nelle Fonti:

“Fece chiamare tutti i frati presenti nella casa, e cercando di lenire il dolore che dimostravano per la sua morte, li esortò con affetto paterno all’amore di Dio […]

«Addio - disse - voi tutti figli miei, vivete nel timore del Signore e conservatevi in esso sempre!

E poiché si avvicina l’ora della prova e della tribolazione, beati quelli che persevereranno in ciò che hanno intrapreso!

Io infatti mi affretto verso Dio e vi affido tutti alla sua grazia».

E benedisse nei presenti anche tutti i frati, ovunque si trovassero nel mondo, e quanti sarebbero venuti dopo di loro sino alla fine dei secoli” (FF 806).

“Mentre i frati versavano lacrime amarissime e si lamentavano desolati […] Volle anche i libri dei Vangeli e chiese che gli leggessero il Vangelo secondo Giovanni […]” (FF 808).

E ancora:

“Si rivolse poi al medico:

«Coraggio, frate medico, dimmi pure che la morte è imminente: per me sarà la porta della vita!».

E ai frati:

«Quando mi vedrete ridotto all’estremo, esponetemi nudo sulla terra come mi avete visto ieri l’altro, e dopo che sarò morto, lasciatemi giacere così per il tempo necessario a percorrere comodamente un miglio».

Giunse infine la sua ora, ed essendosi compiuti in lui tutti i misteri di Cristo, se ne volò felicemente a Dio” (FF 810).

 

«Ponete voi nei vostri orecchi queste parole perché il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini» (Lc 9,44)

 

 

Sabato della 25.a sett. T.O.  (Lc 9,43b-45)

Dinanzi alla gente che lo scambia per il Battista o Elia o uno dei profeti,

Gesù chiede ai suoi:

«Ma voi, chi dite che io sia?» (Lc 9,20).

E poi ricorda ai discepoli che il Figlio dell’uomo dovrà soffrire molto.

 

Francesco d’Assisi parlava spesso ai suoi frati delle sofferenze patite dal Cristo, della sua Passione, per la quale piangeva molto.

Testimoniava la sua fede in Gesù, Figlio di Dio, con grande fervore.

Infatti “insegnò loro […] a confessare schiettamente la verità della fede, così come la tiene e la insegna la Santa Chiesa romana.

Essi osservavano in tutto e per tutto gli insegnamenti del padre santo e, appena scorgevano qualche chiesa da lontano, o qualche croce, si volgevano verso di essa, prostrandosi umilmente a terra e pregando secondo la forma loro indicata” (FF 1069).

Le Fonti ci ammaestrano al riguardo:

“Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere.

Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro” (FF 467).

E nei suoi scritti:

“A colui che tanto patì per noi, che tanti beni ha elargito e ci elargirà in futuro […] Egli che solo è buono, solo altissimo, solo onnipotente, ammirabile […] degno di lode e benedetto per gli infiniti secoli dei secoli. Amen” (FF 202).

Ancora: “Si fissò nella sua anima santa la compassione del Crocifisso e […] le venerande stimmate della Passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore […] e non riesce più a trattenere le lacrime e piange anche ad alta voce la passione di Cristo, che gli sta sempre davanti agli occhi.

Riempie di gemiti le vie, rifiutando di essere consolato al ricordo delle piaghe di Cristo.

Incontrò, un giorno, un suo intimo amico, e avendogli manifestato la causa del dolore, subito anche questi proruppe in lacrime amare” (FF 594).

Il pensiero che Gesù in noi doveva ancora soffrire molto lo tormentava rendendolo compreso di tale Mistero giorno e notte.

 

 

Venerdì della 25.a sett. T.O.  (Lc 9,18-22)

Set 16, 2025

Chi è costui?

Pubblicato in Aforisma

I pochi versetti del capitolo nove di Luca, presi in considerazione dalla Liturgia odierna, accendono luci sul dilemma di Erode in merito a Gesù:

«Giovanni, l’ho fatto decapitare io; ora, chi è costui del quale sento tali cose?» (Lc 9,9).

E voleva vederlo!

Nelle Fonti Francescane troviamo passi che rivelano come

la gente non smetteva d’interrogarsi sul Poverello.

Dopo la conversione, Francesco d’Assisi fu rivestito da Dio di singolari carismi da lui tenuti nell’umiltà del nascondimento.

Ma le meraviglie che il Signore compiva per mezzo del Poverello parlavano per lui.

Suscitava stupore e sconcerto la sua vita semplice sulle orme di Cristo. La gente non smetteva d’interrogarsi sulla sua persona e su quanto compiva.

Le Fonti illuminano:

“Anche i malati che mangiavano il pane toccato dall’uomo di Dio, ottenevano rapidamente per divino intervento, la guarigione” (FF 1220).

“Poiché l’araldo di Cristo era famoso per questi e molti altri prodigi, la gente prestava attenzione alle sue parole, come parlasse un Angelo del Signore.

Infatti la prerogativa delle virtù eccelse, lo spirito di profezia, la potenza taumaturgica, la missione di predicare venuta dal Cielo, l’obbedienza delle creature prive di ragione, le repentine conversioni dei cuori operate dall’ascolto della sua parola, la scienza infusa dallo Spirito Santo e superiore all’umana dottrina, l’autorizzazione a predicare concessa dal Sommo Pontefice per rivelazione divina, come pure la Regola, che definisce la forma della predicazione, confermata dallo stesso Vicario di Cristo e, infine, i segni del Sommo Re impressi come un sigillo nel suo corpo, sono come dieci testimonianze per tutto il mondo e confermano senza ombra di dubbio che Francesco, l’araldo di Cristo, è degno di venerazione per la missione ricevuta, autentico nella dottrina insegnata, ammirabile per la santità e che, perciò, egli ha predicato il Vangelo di Cristo come un vero inviato di Dio” (FF 1221).

Ancora oggi, tutto questo suscita domande: «Chi è, dunque, costui?».

Le Fonti aggiungono: “quella Sapienza che è più nobile d’ogni moto e penetra dappertutto per la sua purezza, si comunica alle anime sante e forma gli amici di Dio e i profeti” (FF 1202).

 

 

Giovedì della 25.a sett. T.O.  (Lc 9,7-9)

La Liturgia ci propone l’invio dei Dodici ad annunziare il Regno di Dio e a guarire gli infermi.

 

Dopo aver riparato la Chiesa di S. Maria degli Angeli, sentendo proclamare un brano evangelico sull’Annuncio della Buona Novella, Francesco lascia ogni cosa e accoglie il mandato di Cristo.

Nelle Fonti Francescane troviamo in proposito:

“Un giorno in cui in questa chiesa si leggeva il brano del Vangelo relativo al mandato affidato agli Apostoli di predicare, il Santo, che era presente e ne aveva intuito solo il senso generale, dopo la Messa, pregò il sacerdote di spiegargli il passo.

Il sacerdote glielo commentò punto per punto, e Francesco, udendo che i discepoli di Cristo non devono possedere né oro, né argento, né denaro, né bisaccia, né pane, né bastone per via, né avere calzari, né due tonache, ma soltanto predicare il Regno di Dio e la penitenza [Lc 9,1-6], subito, esultante di Spirito Santo, esclamò:

«Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore!».

S’affretta allora il padre santo, tutto pieno di gioia, a realizzare il salutare ammonimento; non sopporta indugio alcuno a mettere in pratica fedelmente quanto ha sentito: si scioglie dai piedi i calzari, abbandona il suo bastone, si accontenta di una sola tunica, sostituisce la sua cintura con una corda.

Da quell’istante confeziona per sé una veste che riproduce l’immagine della croce, per tenere lontane le seduzioni del demonio; la fa ruvidissima, per crocifiggere la carne e tutti i suoi vizi e peccati, e talmente povera e grossolana da rendere impossibile al mondo invidiargliela” (FF 356).

“In certe regioni erano accolti, ma senza permettere loro di costruire abitazioni. Altrove, venivano cacciati, per paura che fossero degli eretici” (FF 1475).

 

«E li mandò predicare il regno di Dio e a guarire [gli infermi]» (Lc 9,2)

 

 

Mercoledì 25.a sett. T.O.  (Lc 9,1-6)

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Christianity cannot be, cannot be exempt from the cross; the Christian life cannot even suppose itself without the strong and great weight of duty [Pope Paul VI]
Il Cristianesimo non può essere, non può essere esonerato dalla croce; la vita cristiana non può nemmeno supporsi senza il peso forte e grande del dovere [Papa Paolo VI]
The horizon of friendship to which Jesus introduces us is the whole of humanity [Pope Benedict]
L’orizzonte dell’amicizia in cui Gesù ci introduce è l’umanità intera [Papa Benedetto]
However, the equality brought by justice is limited to the realm of objective and extrinsic goods, while love and mercy bring it about that people meet one another in that value which is man himself, with the dignity that is proper to him (Dives in Misericordia n.14)
L'eguaglianza introdotta mediante la giustizia si limita però all’ambito dei beni oggettivi ed estrinseci, mentre l'amore e la misericordia fanno si che gli uomini s'incontrino tra loro in quel valore che è l'uomo stesso, con la dignità che gli è propria (Dives in Misericordia n.14)
The Church invites believers to regard the mystery of death not as the "last word" of human destiny but rather as a passage to eternal life (Pope John Paul II)
La Chiesa invita i credenti a guardare al mistero della morte non come all'ultima parola sulla sorte umana, ma come al passaggio verso la vita eterna (Papa Giovanni Paolo II)
The saints: they are our precursors, they are our brothers, they are our friends, they are our examples, they are our lawyers. Let us honour them, let us invoke them and try to imitate them a little (Pope Paul VI)
I santi: sono i precursori nostri, sono i fratelli, sono gli amici, sono gli esempi, sono gli avvocati nostri. Onoriamoli, invochiamoli e cerchiamo di imitarli un po’ (Papa Paolo VI)
Man rightly fears falling victim to an oppression that will deprive him of his interior freedom, of the possibility of expressing the truth of which he is convinced, of the faith that he professes, of the ability to obey the voice of conscience that tells him the right path to follow [Dives in Misericordia, n.11]
L'uomo ha giustamente paura di restar vittima di una oppressione che lo privi della libertà interiore, della possibilità di esternare la verità di cui è convinto, della fede che professa, della facoltà di obbedire alla voce della coscienza che gli indica la retta via da seguire [Dives in Misericordia, n.11]
We find ourselves, so to speak, roped to Jesus Christ together with him on the ascent towards God's heights (Pope Benedict)
Ci troviamo, per così dire, in una cordata con Gesù Cristo – insieme con Lui nella salita verso le altezze di Dio (Papa Benedetto)
Church is a «sign». That is, those who looks at it with a clear eye, those who observes it, those who studies it realise that it represents a fact, a singular phenomenon; they see that it has a «meaning» (Pope Paul VI)
La Chiesa è un «segno». Cioè chi la guarda con occhio limpido, chi la osserva, chi la studia si accorge ch’essa rappresenta un fatto, un fenomeno singolare; vede ch’essa ha un «significato» (Papa Paolo VI)
Let us look at them together, not only because they are always placed next to each other in the lists of the Twelve (cf. Mt 10: 3, 4; Mk 3: 18; Lk 6: 15; Acts 1: 13), but also because there is very little information about them, apart from the fact that the New Testament Canon preserves one Letter attributed to Jude Thaddaeus [Pope Benedict]

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