Mag 23, 2025 Scritto da 

Dalla tristezza alla Gioia

«Non aver paura», soprattutto nei momento difficili: ecco il messaggio che Papa Francesco ha riproposto nella messa celebrata venerdì 30 maggio nella cappella della Casa Santa Marta. Un messaggio di speranza che sprona a essere coraggiosi e ad avere «la pace nell’anima» proprio nelle prove — la malattia, la persecuzione, i problemi di tutti giorni in famiglia — sicuri che dopo si vivrà la gioia vera, perché «dopo il buio arriva sempre il sole».

In questa prospettiva il Pontefice ha indicato subito la testimonianza di san Paolo — un uomo «molto coraggioso» — presentata negli Atti degli apostoli (18, 9-18). Paolo, ha spiegato, «ha fatto tante cose perché aveva la forza del Signore, la sua vocazione per portare avanti la Chiesa, per predicare il Vangelo». Eppure sembra che anche lui alcune volte avesse timore. Tanto che il Signore una notte, in visione, lo ha invitato espressamente a «non avere paura».

Dunque anche san Paolo «conosceva quello che succede a tutti noi nella vita», avere cioè «un po’ di paura». Una paura che ci porta persino a rivedere la nostra vita cristiana, chiedendoci magari se, in mezzo a tanti problemi, in fondo «non sarebbe meglio abbassare un po’ il livello» per essere «non tanto cristiano», cercando «un compromesso con il mondo» in modo che «le cose non siano tanto difficili».

Un ragionamento, però, che non è appartenuto a san Paolo, il quale «sapeva che quello che faceva non piaceva né ai giudei né ai pagani». E gli Atti degli apostoli raccontano le conseguenze: è stato portato in tribunale, poi ecco «le persecuzioni, i problemi». Tutto questo, ha proseguito il Pontefice, ci riporta anche «nelle nostre paure, nei nostri timori». E viene da chiederci se aver paura è da cristiano. Del resto, ha ricordato il Papa, «lo stesso Gesù ne ha avuta. Pensate alla preghiera del Getsemani: “Padre allontana da me questo calice”. Aveva angoscia». Però Gesù dice anche: «Non spaventarti, vai avanti!». Proprio di questo parla nel discorso di congedo dai suoi discepoli, nel Vangelo di Giovanni (16, 20-23), quando dice loro chiaramente: «Voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà»; di più, si farà beffa di voi.

Cosa, poi, puntualmente avvenuta. «Pensiamo — ha rimarcato il vescovo di Roma — a quegli spettacoli del Colosseo, per esempio con i primi martiri» che sono stati condotti a «morire mentre la gente si rallegrava» dicendo: «Questi sciocchi che credono nel Risorto adesso che finiscano così!». Per tanti il martirio dei cristiani «era una festa: vedere come morivano!». È avvenuto dunque proprio quanto aveva detto Gesù ai discepoli: «il mondo si rallegrerà» mentre «voi sarete nella tristezza».

C’è, allora, «la paura del cristiano, la tristezza del cristiano». Del resto, ha spiegato il Papa, «noi dobbiamo dirci la verità: non tutta la vita cristiana è una festa. Non tutta! Si piange, tante volte si piange!». Le situazioni difficili della vita sono molteplici: per esempio, ha notato, «quando tu sei malato, quando tu hai un problema in famiglia, con i figli, con la figlia, la moglie, il marito. Quando tu vedi che lo stipendio non arriva alla fine del mese e hai un figlio malato e tu vedi che non puoi pagare il mutuo della casa e devi andartene via». Sono «tanti problemi che noi abbiamo». Eppure «Gesù ci dice: non aver paura!».

C’è anche «un’altra tristezza», ha aggiunto Papa Francesco: quella «che viene a tutti noi quando andiamo per una strada che non è buona». O quando, «per dirla semplicemente, compriamo, andiamo a comprare la gioia, l’allegria del mondo, quella del peccato». Con il risultato che «alla fine c’è il vuoto dentro di noi, c’è la tristezza». E questa è proprio «la tristezza della cattiva allegria».

Ma se il Signore non nasconde la tristezza, non ci lascia però soltanto con questa parola. Va avanti e dice: «Ma se voi siete fedeli, la vostra tristezza si cambierà in gioia». Ecco il punto chiave: «La gioia cristiana è una gioia in speranza che arriva. Ma nel momento della prova noi non la vediamo». È infatti «una gioia che viene purificata per le prove, anche per le prove di tutti i giorni». Dice il Signore: «La vostra tristezza si cambierà in gioia». Un discorso difficile da far comprendere, ha riconosciuto il Papa. Lo si vede, per esempio, «quando tu vai da un ammalato, da un’ammalata che soffre tanto, per dire: coraggio, coraggio, domani tu avrai gioia!». Si tratta di far sentire quella persona che soffre «come l’ha fatta sentire Gesù». È «un atto di fede nel Signore» e lo è anche per noi «quando siamo proprio nel buio e non vediamo nulla». Un atto che ci fa dire: «Lo so, Signore, che questa tristezza si cambierà in gioia. Non so come, ma lo so!».

In questi giorni, ha osservato il Pontefice, nella liturgia la Chiesa celebra il momento in cui «il Signore se n’è andato e ha lasciato i discepoli soli». In quel momento «forse alcuni di loro avranno sentito paura». Ma in tutti «c’era la speranza, la speranza che quella paura, quella tristezza si cambierà in gioia». E «per farci capire bene che questo è vero, il Signore prende l’esempio della donna che partorisce», spiegando: «Sì, è vero, nel parto la donna soffre tanto, ma poi quando ha il bambino con sé si dimentica» di tutto il dolore. E «quello che rimane è la gioia», la gioia «di Gesù: una gioia purificata nel fuoco delle prove, delle persecuzioni, di tutto quello che si deve fare per essere fedeli». Solo questa «è la gioia che rimane, una gioia nascosta in alcuni momenti della vita, che non si sente nei momenti brutti, ma che viene dopo». È, appunto, «una gioia in speranza».

Ecco allora «il messaggio della Chiesa oggi: non aver paura», essere «coraggiosi nella sofferenza e pensare che dopo viene il Signore, dopo viene la gioia, dopo il buio arriva il sole». Il Pontefice ha quindi espresso l’auspicio che «il Signore dia a tutti noi questa gioia in speranza». E ha spiegato che la pace è «il segno che noi abbiamo di questa gioia in speranza». A dare testimonianza di questa «pace nell’anima» sono, in particolare, tanti «ammalati alla fine della vita, con i dolori». Perché proprio «la pace — ha concluso il Papa — è il seme della gioia, è la gioia in speranza». Se infatti «hai pace nell’anima nel momento del buio, nel momento delle difficoltà, nel momento delle persecuzioni, quando tutti si rallegrano del tuo male», è il segno chiaro «tu hai il seme di quella gioia che verrà dopo».

[Papa Francesco, omelia s. Marta, in L’Osservatore Romano 31/05/2014]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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John is the origin of our loftiest spirituality. Like him, ‘the silent ones' experience that mysterious exchange of hearts, pray for John's presence, and their hearts are set on fire (Athenagoras)
Giovanni è all'origine della nostra più alta spiritualità. Come lui, i ‘silenziosi’ conoscono quel misterioso scambio dei cuori, invocano la presenza di Giovanni e il loro cuore si infiamma (Atenagora)
This is to say that Jesus has put himself on the level of Peter, rather than Peter on Jesus' level! It is exactly this divine conformity that gives hope to the Disciple, who experienced the pain of infidelity. From here is born the trust that makes him able to follow [Christ] to the end: «This he said to show by what death he was to glorify God. And after this he said to him, "Follow me"» (Pope Benedict)
Verrebbe da dire che Gesù si è adeguato a Pietro, piuttosto che Pietro a Gesù! E’ proprio questo adeguamento divino a dare speranza al discepolo, che ha conosciuto la sofferenza dell’infedeltà. Da qui nasce la fiducia che lo rende capace della sequela fino alla fine: «Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: “Seguimi”» (Papa Benedetto)
Unity is not made with glue [...] The great prayer of Jesus is to «resemble» the Father (Pope Francis)
L’Unità non si fa con la colla […] La grande preghiera di Gesù» è quella di «assomigliare» al Padre (Papa Francesco)
Divisions among Christians, while they wound the Church, wound Christ; and divided, we cause a wound to Christ: the Church is indeed the body of which Christ is the Head (Pope Francis)
Le divisioni tra i cristiani, mentre feriscono la Chiesa, feriscono Cristo, e noi divisi provochiamo una ferita a Cristo: la Chiesa infatti è il corpo di cui Cristo è capo (Papa Francesco)
The glorification that Jesus asks for himself as High Priest, is the entry into full obedience to the Father, an obedience that leads to his fullest filial condition [Pope Benedict]
La glorificazione che Gesù chiede per se stesso, quale Sommo Sacerdote, è l'ingresso nella piena obbedienza al Padre, un'obbedienza che lo conduce alla sua più piena condizione filiale [Papa Benedetto]
All this helps us not to let our guard down before the depths of iniquity, before the mockery of the wicked. In these situations of weariness, the Lord says to us: “Have courage! I have overcome the world!” (Jn 16:33). The word of God gives us strength [Pope Francis]
Tutto questo aiuta a non farsi cadere le braccia davanti allo spessore dell’iniquità, davanti allo scherno dei malvagi. La parola del Signore per queste situazioni di stanchezza è: «Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33). E questa parola ci darà forza [Papa Francesco]
The Ascension does not point to Jesus’ absence, but tells us that he is alive in our midst in a new way. He is no longer in a specific place in the world as he was before the Ascension. He is now in the lordship of God, present in every space and time, close to each one of us. In our life we are never alone (Pope Francis)
L’Ascensione non indica l’assenza di Gesù, ma ci dice che Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo; non è più in un preciso posto del mondo come lo era prima dell’Ascensione; ora è nella signoria di Dio, presente in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi. Nella nostra vita non siamo mai soli (Papa Francesco)
The Magnificat is the hymn of praise which rises from humanity redeemed by divine mercy, it rises from all the People of God; at the same time, it is a hymn that denounces the illusion of those who think they are lords of history and masters of their own destiny (Pope Benedict)

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