Nov 15, 2025 Scritto da 

«Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno» (Lc 23,42)

Nell’ultima domenica dell’anno liturgico, uniamo le nostre voci a quella del malfattore che, crocifisso con Gesù, lo riconobbe e lo proclamò re. Lì, nel momento meno trionfante e glorioso, in mezzo alle grida di scherno e di umiliazione, quel delinquente è stato capace di alzare la voce e fare la sua professione di fede. Queste sono le ultime parole che Gesù ascolta e, a loro volta, sono le ultime parole che Lui pronuncia prima di consegnarsi al Padre: «In verità io ti dico: oggi sarai con me nel paradiso» (Lc 23,43). Il tortuoso passato del ladro sembra, per un istante, assumere un nuovo significato: accompagnare da vicino il supplizio del Signore; e questo istante non fa altro che confermare la vita del Signore: offrire sempre e dovunque la salvezza. Il Calvario, luogo di smarrimento e di ingiustizia, dove l’impotenza e l’incomprensione sono accompagnate dalla mormorazione sussurrata e indifferente dei beffardi di turno davanti alla morte dell’innocente, si trasforma, grazie all’atteggiamento del buon ladrone, in una parola di speranza per tutta l’umanità. Le burle e le grida di “salva te stesso” di fronte all’innocente sofferente non saranno l’ultima parola; anzi, susciteranno la voce di quelli che si lasciano toccare il cuore e scelgono la compassione come vero modo per costruire la storia.

Oggi qui vogliamo rinnovare la nostra fede e il nostro impegno. Conosciamo bene la storia dei nostri fallimenti, peccati e limiti, come il buon ladrone, ma non vogliamo che sia questo a determinare o definire il nostro presente e futuro. Sappiamo che non di rado possiamo cadere nel clima pigro che fa dire con facilità e indifferenza “salva te stesso”, e perdere la memoria di ciò che significa sopportare la sofferenza di tanti innocenti. Queste terre hanno sperimentato, come poche altre, la capacità distruttiva a cui può giungere l’essere umano. Perciò, come il buon ladrone, vogliamo vivere l’istante in cui poter alzare le nostre voci e professare la nostra fede a difesa e a servizio del Signore, l’Innocente sofferente. Vogliamo accompagnare il suo supplizio, sostenere la sua solitudine e il suo abbandono, e ascoltare, ancora una volta, che la salvezza è la parola che il Padre vuole offrire a tutti: «Oggi sarai con me nel paradiso».

Salvezza e certezza che hanno testimoniato coraggiosamente con la vita San Paolo Miki e si suoi compagni, come pure le migliaia di martiri che segnano la vostra eredità spirituale. Sulle loro orme vogliamo camminare, sui loro passi vogliamo andare per professare con coraggio che l’amore dato, sacrificato e celebrato da Cristo sulla croce è in grado di vincere ogni tipo di odio, egoismo, oltraggio o cattiva evasione; è in grado di vincere ogni pessimismo indolente o benessere narcotizzante, che finisce per paralizzare ogni buona azione e scelta. Ce lo ricordava il Concilio Vaticano II: sono lontani dalla verità coloro che, sapendo che non abbiamo qui una città permanente ma siamo protesi a quella futura, pensano che per questo possiamo trascurare i nostri doveri terreni, senza accorgersi che, proprio per la fede stessa che professiamo, siamo tenuti a compierli così da attestare e manifestare la nobiltà della vocazione alla quale siamo stati chiamati (cfr Cost. past. Gaudium et spes, 43).

La nostra fede è nel Dio dei viventi. Cristo è vivo e agisce in mezzo a noi, guidandoci tutti alla pienezza della vita. È vivo e ci vuole vivi. Cristo è la nostra speranza (cfr Esort. ap. postsin. Christus vivit, 1). Lo imploriamo ogni giorno: venga il tuo Regno, Signore. E così facendo vogliamo anche che la nostra vita e le nostre azioni diventino una lode. Se la nostra missione come discepoli missionari è di essere testimoni e araldi di ciò che verrà, essa non ci permette di rassegnarci davanti al male e ai mali, ma ci spinge a essere lievito del suo Regno dovunque siamo: in famiglia, al lavoro, nella società; ci spinge ad essere una piccola apertura in cui lo Spirito continua a soffiare speranza tra i popoli. Il Regno dei cieli è la nostra meta comune, una meta che non può essere solo per il domani, ma la imploriamo e iniziamo a viverla oggi, accanto all’indifferenza che circonda e fa tacere tante volte i nostri malati e disabili, anziani e abbandonati, rifugiati e lavoratori stranieri: tutti loro sono sacramento vivo di Cristo, nostro Re (cfr Mt 25,31-46); perché «se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi» (S. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 49).

Quel giorno, sul Calvario, molte voci tacevano, tante altre deridevano; solo quella del ladrone seppe alzarsi e difendere l’innocente sofferente: una coraggiosa professione di fede. Spetta ad ognuno di noi la decisione di tacere, di deridere o di profetizzare. Cari fratelli, Nagasaki porta nella propria anima una ferita difficile da guarire, segno della sofferenza inspiegabile di tanti innocenti; vittime colpite dalle guerre di ieri ma che ancora oggi soffrono per questa terza guerra mondiale a pezzi. Alziamo qui le nostre voci, in una preghiera comune per tutti coloro che oggi stanno patendo nella loro carne questo peccato che grida in cielo, e perché siano sempre di più quelli che, come il buon ladrone, sono capaci di non tacere né deridere, ma di profetizzare con la propria voce un regno di verità e di giustizia, di santità e di grazia, di amore e di pace.

[Papa Francesco, omelia Nagasaki 24 novembre 2019]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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The ancient priest stagnates, and evaluates based on categories of possibilities; reluctant to the Spirit who moves situations
Il sacerdote antico ristagna, e valuta basando su categorie di possibilità; riluttante allo Spirito che smuove le situazioni
«Even through Joseph’s fears, God’s will, his history and his plan were at work. Joseph, then, teaches us that faith in God includes believing that he can work even through our fears, our frailties and our weaknesses. He also teaches us that amid the tempests of life, we must never be afraid to let the Lord steer our course. At times, we want to be in complete control, yet God always sees the bigger picture» (Patris Corde, n.2)
«Anche attraverso l’angustia di Giuseppe passa la volontà di Dio, la sua storia, il suo progetto. Giuseppe ci insegna così che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza. E ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande» (Patris Corde, n.2)
Man is the surname of God: the Lord in fact takes his name from each of us - whether we are saints or sinners - to make him our surname (Pope Francis). God's fidelity to the Promise is realized not only through men, but with them (Pope Benedict).
L’uomo è il cognome di Dio: il Signore infatti prende il nome da ognuno di noi — sia che siamo santi, sia che siamo peccatori — per farlo diventare il proprio cognome (Papa Francesco). La fedeltà di Dio alla Promessa si attua non soltanto mediante gli uomini, ma con loro (Papa Benedetto)
In the communities of Galilee and Syria the pagans quickly became a majority - elevated to the rank of sons. They did not submit to nerve-wracking processes, but spontaneously were recognizing the Lord
Nelle comunità di Galilea e Siria i pagani diventavano rapidamente maggioranza - elevati al rango di figli. Essi non si sottoponevano a trafile snervanti, ma spontaneamente riconoscevano il Signore
And thus we must see Christ again and ask Christ: “Is it you?” The Lord, in his own silent way, answers: “You see what I did, I did not start a bloody revolution, I did not change the world with force; but lit many I, which in the meantime form a pathway of light through the millenniums” (Pope Benedict)
E così dobbiamo di nuovo vedere Cristo e chiedere a Cristo: “Sei tu?”. Il Signore, nel modo silenzioso che gli è proprio, risponde: “Vedete cosa ho fatto io. Non ho fatto una rivoluzione cruenta, non ho cambiato con forza il mondo, ma ho acceso tante luci che formano, nel frattempo, una grande strada di luce nei millenni” (Papa Benedetto)
Experts in the Holy Scriptures believed that Elijah's return should anticipate and prepare for the advent of the Kingdom of God. Since the Lord was present, the first disciples wondered what the value of that teaching was. Among the people coming from Judaism the question arose about the value of ancient doctrines…
Gli esperti delle sacre Scritture ritenevano che il ritorno di Elia dovesse anticipare e preparare l’avvento del Regno di Dio. Poiché il Signore era presente, i primi discepoli si chiedevano quale fosse il valore di quell’insegnamento. Tra i provenienti dal giudaismo sorgeva il quesito circa il peso delle dottrine antiche...
Gospels make their way, advance and free, making us understand the enormous difference between any creed and the proposal of Jesus

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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