1. “Uscì di casa e si sedette in riva al mare” (Mt 13, 1).
Gesù è il Maestro; lo è anche nel modo di guardare la natura. Nei Vangeli sono numerosi i passi che lo presentano immerso nell’ambiente naturale e, se si presta attenzione, si può cogliere nel suo comportamento un chiaro invito ad un atteggiamento contemplativo di fronte alle meraviglie del creato. Così avviene, ad esempio, nel racconto evangelico di questa Domenica. Vediamo Gesù seduto in riva al lago di Tiberiade, quasi assorto in meditazione.
Il divino Maestro, prima dell’alba o dopo il tramonto, e in altri momenti decisivi della sua missione, amava ritirarsi in un luogo solitario e silenzioso, in disparte (cf. Mt 14, 23; Mc 1, 35; Lc 5, 16), per poter rimanere a tu per tu col Padre celeste e dialogare con lui. In quei momenti Egli non mancava certo di contemplare anche il creato, per raccogliervi un riflesso della bellezza divina.
2. Sulla sponda del lago lo raggiungono i suoi discepoli e molta gente. “Egli parlò loro di molte cose in parabole” (Mt 13, 3). Gesù parla “in parabole”, cioè utilizzando vicende dell’esperienza quotidiana ed elementi tratti dalla contemplazione del creato.
Ma perché Gesù parla “in parabole”? È ciò che si domandano i discepoli, e noi con loro. Il Maestro risponde, riecheggiando Isaia: Perché guardino e non vedano, ascoltino e non intendano (cf. Mt 13, 13-15). Che significa tutto ciò? Perché parlare in parabole e non invece “apertamente” (cf. Gv 16, 29)?
3. Carissimi Fratelli e Sorelle! In realtà, la creazione stessa è come una grande parabola. Quanto esiste – il cosmo, la terra, i viventi, l’uomo – non costituisce forse una sola, immensa parabola? E chi ne è l’Autore, se non Dio Padre, con cui Gesù dialoga nel silenzio della natura? Gesù parla in parabole perché questo è lo “stile” di Dio. Il Figlio unigenito ha lo stesso modo di fare e di parlare del Padre celeste. Chi vede Lui vede il Padre (cf. Gv 14, 9), chi ascolta Lui ascolta il Padre. E ciò concerne non solo i contenuti, ma anche i modi; non solo il che cosa Egli dice, ma pure il come lo dice.
Sì, il “come” è importante, perché manifesta l’intenzione profonda di chi parla. Se il rapporto intende essere dialogico, il modo di parlare deve rispettare e promuovere la libertà dell’interlocutore. Ecco la ragione per la quale il Signore parla in parabole: perché chi ascolta sia libero di accogliere il suo messaggio; libero non solo di ascoltarlo, ma soprattutto di comprenderlo, di interpretarlo e di riconoscervi l’intenzione di Colui che parla. Dio si rivolge all’uomo in modo che sia possibile incontrarlo nella libertà.
4. Il creato è, per così dire, il grande racconto divino. Il significato profondo di questo meraviglioso libro della creazione, tuttavia, sarebbe rimasto per noi difficilmente decifrabile, se Gesù – Verbo fatto uomo – non fosse venuto a “spiegarcelo”, rendendo i nostri occhi capaci di riconoscere più agevolmente nelle creature l’impronta del Creatore.
Gesù è la Parola che custodisce il significato di tutto ciò che esiste. È il Verbo in cui riposa il “nome” di ogni cosa, dalla particella infinitesimale alle immense galassie. Egli stesso è allora la “Parabola” piena di grazia e di verità (cf. Gv 1, 14), con la quale il Padre rivela se stesso e la sua volontà, il suo misterioso disegno d’amore e il senso ultimo della storia (cf. Ef 1, 9-10). In Gesù, Dio ci ha detto tutto ciò che aveva da dirci.
[Papa Giovanni Paolo II, omelia a s. Stefano di Cadore, 11 luglio 1993]