Nov 29, 2025 Scritto da 

Preparare la Via al Signore

Carissimi fratelli e sorelle!

 

1. “Signore, tu mi scruti e mi conosci . . ., Ti sono note tutte le mie vie” (Sal 139 [138], 1-2).

 

Così preghiamo assieme al salmista nella liturgia odierna. Le sue parole esprimono quanto qui ci unisce profondamente, in modo invisibile, è vero, ma vero ed essenziale: siamo qui riuniti nella comune fede in Dio presente, in Dio che ci scruta e ci conosce. Dio sa tutto di noi da sempre, conosce ciascuno di noi, siamo tutti iscritti nel suo cuore amorevole, la sua Provvidenza abbraccia l’intero creato. “In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17, 28): così l’apostolo Paolo spiega agli ateniesi, che lo interrogavano nell’Areopago, la vicinanza di Dio a noi uomini.

 

Siamo riuniti qui davanti a lui - davanti al Dio invisibile. Nella sua parola eterna, il Figlio incarnato, egli ci ha chiamati per nome, perché abbiamo la vita attraverso di lui e l’abbiamo in abbondanza (Gv 10, 10).

 

Per questo celebriamo l’Eucaristia. Veniamo per ricevere dal Padre in Gesù Cristo tutto ciò che può servire alla nostra salvezza. E portiamo tutto: la nostra gioia, la nostra gratitudine, le nostre preghiere, noi stessi, per donarci interamente al Padre in Cristo: in lui, che è il primogenito di tutta la creazione (cf. Col 1, 15). In e attraverso Cristo vogliamo pregare il nostro creatore e Padre assieme al salmista: “Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere” (Sal 139 [138], 14).

3. “Signore, tu mi scruti e mi conosci”. La Chiesa ripete queste parole del salmista nella odierna liturgia festiva, nella ricorrenza della natività di Giovanni il Battista, figlio di Zaccaria e di Elisabetta. “Fin dal grembo materno” Dio lo ha chiamato per predicare “il battesimo della conversione” nel Giordano e per preparare la venuta di suo Figlio (cf. Mc 1, 4).

Le particolari circostanze della nascita di Giovanni ci sono state tramandate dall’evangelista Luca. Secondo un’antica tradizione, essa avvenne ad Ain-Karim, davanti alle porte di Gerusalemme. Le circostanze che accompagnarono questa nascita erano tanto inconsuete, che già a quell’epoca la gente si domandava: “Che sarà mai questo bambino?” (Lc 1, 66). Per i suoi genitori credenti, per i vicini e per i parenti era evidente, che la sua nascita fosse un segno di Dio. Essi vedevano chiaramente che la “mano del Signore” era su di lui. Lo dimostrava già l’annuncio della sua nascita al padre Zaccaria, mentre questi provvedeva al servizio sacerdotale nel tempio di Gerusalemme. La madre, Elisabetta, era già avanti negli anni e si riteneva fosse sterile. Anche il nome “Giovanni” che gli fu dato era inconsueto per il suo ambiente. Il padre stesso dovette dare ordine che fosse chiamato “Giovanni” e non, come tutti gli altri volevano,“Zaccaria” (cf. Lc 1, 59-63).

 

Il nome Giovanni significa, in lingua ebraica “Dio è misericordioso”. Così già nel nome si esprime il fatto che il neonato un giorno annuncerà il piano di salvezza di Dio.

 

Il futuro avrebbe pienamente confermato le predizioni e gli avvenimenti che circondarono la sua nascita: Giovanni, figlio di Zaccaria e di Elisabetta, divenne la “voce di uno che grida nel deserto” (Mt 3, 3), che sulle rive del Giordano chiamava la gente alla penitenza e preparava la via a Cristo.

 

Cristo stesso ha detto di Giovanni il Battista che “tra i nati di donna non è sorto uno più grande” (cf. Mt 11, 11). Per questo anche la Chiesa ha riservato a questo grande messaggero di Dio una venerazione particolare, fin dall’inizio. Espressione di questa venerazione è la festa odierna.

 

4. Cari fratelli e sorelle! Questa celebrazione, con i suoi testi liturgici, ci invita a riflettere sulla questione del divenire dell’uomo, delle sue origini e della sua destinazione. È vero, ci sembra di sapere già molto su questo argomento, sia per la lunga esperienza dell’umanità, sia per le sempre più approfondite ricerche biomediche. Ma è la parola di Dio che ristabilisce sempre di nuovo la dimensione essenziale della verità sull’uomo: l’uomo è creato da Dio e da Dio voluto a sua immagine e somiglianza. Nessuna scienza puramente umana può dimostrare questa verità. Al massimo essa può avvicinarsi a questa verità o supporre intuitivamente la verità su questo “essere sconosciuto” che è l’uomo fin dal momento del suo concepimento nel grembo materno.

 

Allo stesso tempo però ci troviamo ad essere testimoni di come, in nome di una presunta scienza, l’uomo venga “ridotto” in un drammatico processo e rappresentato in una triste semplificazione; e così accade che si adombrino anche quei diritti che si fondano sulla dignità della sua persona, che lo distingue da tutte le altre creature del mondo visibile. Quelle parole del libro della Genesi, che parlano dell’uomo come della creatura creata ad immagine e somiglianza di Dio, mettono in rilievo, in modo conciso e al tempo stesso profondo, la piena verità su di lui.

 

5. Questa verità sull’uomo possiamo apprenderla anche dalla liturgia odierna, in cui la Chiesa prega Dio, il creatore, con le parole del salmista:

 

“Signore, tu mi scruti e mi conosci . . .

Sei tu che hai creato le mie viscere

e mi hai tessuto nel seno di mia madre . . .

tu mi conosci fino in fondo.

Quando venivo formato nel segreto . . .

non ti erano nascoste le mie ossa . . .

Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio” (Sal 139 [138], 1. 13-15).

 

L’uomo quindi è consapevole di ciò che è - di ciò che è fin dall’inizio, fin dal grembo materno. Egli sa di essere una creatura che Dio vuole incontrare e con la quale vuole dialogare. Di più: nell’uomo vorrebbe incontrare l’intero creato.

 

Per Dio, l’uomo è un “qualcuno”: unico ed irripetibile. Egli, come dice il Concilio Vaticano II, “in terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa” (cf. Gaudium et Spes, 24).

 

“Il Signore dal seno materno mi ha chiamato; fin dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome” (Is 49, 1); come il nome del bambino che è nato in Ain-Karim: “Giovanni”. L’uomo è quell’essere, che Dio chiama per nome. Per Iddio egli è il “tu” creato, Tra tutte le creature egli è quell’“io” personale, che può rivolgersi a Dio e chiamarlo per nome. Dio vuole nell’uomo quel partner che si rivolga a lui come al proprio creatore e Padre: “Tu, mio Signore e mio Dio”. Al “tu” divino.

 

6. Cari fratelli e sorelle! Come rispondiamo noi uomini a questa chiamata di Dio? Come intende l’uomo di oggi la sua vita? In nessuna altra epoca sono stati compiuti tanti sforzi mediante la tecnica e la medicina, per salvaguardare la vita umana contro la malattia, per prolungarla sempre più e per salvarla dalla morte. Allo stesso tempo, però, nessun’altra epoca, come la nostra, ha prodotto tanti luoghi e tanti metodi di disprezzo e di distruzione dell’uomo. Le amare esperienze del nostro secolo con le macchine di morte di due guerre mondiali, la persecuzione e la distruzione di interi gruppi di uomini a causa della loro appartenenza etnica o religiosa, la corsa agli armamenti atomici fino all’estremo limite, l’impotenza degli uomini di fronte alle grandi miserie in molte parti della terra potrebbero indurci a dubitare, se non addirittura a rinnegare, l’affetto e l’amore che Dio ha per l’uomo e per l’intero creato.

 

O non sarà piuttosto il caso di porci la domanda al contrario, quando consideriamo i terribili eventi che a causa degli uomini si sono abbattuti sul mondo e di fronte alle molteplici minacce del nostro tempo: non è l’uomo che si è allontanato da Dio, che è la sua origine, non si è forse discostato da lui, e non ha forse innalzato se stesso a centro e metro della propria vita? Non credete che negli esperimenti che si conducono sull’uomo, esperimenti che contraddicono la sua dignità, nell’atteggiamento mentale di molti verso l’aborto e l’eutanasia si esprima una preoccupante perdita del rispetto della vita? Non è forse evidente, anche nella vostra società, quando si guarda alla vita di molti - caratterizzata da vuoto interiore, paura e fuga - che l’uomo stesso ha reciso le proprie radici? Il sesso, l’alcol e la droga non debbono forse intendersi come segnali di allarme? Non indicano, forse, una grande solitudine dell’uomo odierno, un desiderio di cure, una fame di amore che un mondo ripiegato su se stesso non riesce a quietare?

 

In effetti, quando l’uomo non è più legato alla sua radice, che è Dio, egli si impoverisce di valori interiori e pian piano diventa succube di diverse minacce. La storia ci insegna che uomini e popoli che credono di poter esistere senza Dio sono immancabilmente destinati alla catastrofe dell’autodistruzione. Il poeta Ernst Wiechert lo ha espresso in questa frase: “Siate pur certi che nessuno cadrà fuori da questo mondo, che prima non sia caduto fuori da Dio”.

 

Al contrario, da un rapporto vivo con Dio l’uomo acquisisce la consapevolezza della unicità e del valore della propria vita e della propria coscienza personale. Nella sua vita vissuta concretamente egli sa di essere chiamato, sorretto e spronato da Dio. Nonostante le ingiustizie e le sofferenze personali egli comprende che la sua vita è un dono; egli ne è grato e sa di esserne responsabile davanti a Dio. In questo modo, Dio diventa per l’uomo fonte di forza e di fiducia, e a questa fonte l’uomo può rendere la sua vita degna e sa anche metterla generosamente al servizio dei fratelli.

 

7. Dio ha chiamato Giovanni il Battista già “nel grembo materno” perché divenisse “la voce di uno che grida nel deserto” e preparasse quindi la via a suo Figlio. In modo molto simile, Dio ha “posto la sua mano” anche su ciascuno di noi. Per ciascuno di noi ha una chiamata particolare, a ciascuno di noi viene affidato un compito pensato da lui per noi.

 

In ciascuna chiamata, che può giungerci nel modo più diverso, si avverte quella voce divina, che allora parlò attraverso Giovanni: “Preparate la via del Signore!” (Mt 3, 3).

 

Ogni uomo dovrebbe domandarsi in che modo può contribuire nell’ambito del proprio lavoro e della propria posizione, ad aprire a Dio la via in questo mondo. Tutte le volte che ci apriamo alla chiamata di Dio, prepariamo, come Giovanni, la via del Signore tra gli uomini. Tra tutti quegli uomini e quelle donne che nell’arco della storia si sono aperti in maniera esemplare all’opera di Dio vorrei parlare di san Martino. Se anche i secoli ci separano da lui, egli ci è vicino nella sequela di Cristo attraverso il suo esempio e la sua grandezza che non ha età. Egli è il vostro patrono diocesano e regionale. Egli è venerato come il grande santo di tutta la regione della Pannonia: “Martinus natus Savariae in Pannonia”.

 

Martino sta davanti a noi come uomo, che ha dato confidenza a Dio, che ha capito e praticato il suo “sì alla fede” come un “sì alla vita”. Ha compiuto ciò a cui si sentiva chiamato fino all’ultima conseguenza. Ancor prima di diventare cristiano, divise con i poveri il suo mantello. La vita militare gli dava certamente delle soddisfazioni, ma non gli bastavano. Come ogni uomo, era alla ricerca di una gioia duratura, di una gioia che nulla può distruggere. Solo in età più matura incontrò Gesù Cristo nella fede, e in lui ha trovato la pienezza della gioia e la felicità. Attraverso la fede, Martino non è diventato più povero, ma più ricco: è cresciuto nella sua umanità, è cresciuto nella grazia davanti a Dio ed agli uomini.

 

8. Affinché questa verità - che l’uomo trova la sua completezza e la sua vera salvezza solo in Dio - possa essere sempre annunciata, sono necessari sacerdoti e religiosi. Perciò, siate consapevoli della vostra corresponsabilità nel risvegliare vocazioni spirituali. Ho saputo con gioia che tra qualche giorno sei sacerdoti saranno ordinati nella vostra diocesi. È un grande dono per la Chiesa e per la vostra patria. Non cessate di pregare affinché il Signore mandi operai alla sua messe!

 

In modo particolare mi rivolgo ai giovani, che sono il futuro del vostro Paese e della Chiesa. Cercate di capire, cari giovani amici, cosa Dio vuole da voi. Siate aperti alla sua chiamata! Ascoltate attentamente perché potrebbe invitare anche voi a seguire Cristo come sacerdoti, religiose o religiosi qui, nella vostra patria, oppure in terra di missione.

 

Prego voi tutti: qualunque strada decidiate di prendere, lasciate che il seme della Parola di Dio cada nei solchi del vostro cuore; una volta lì, non lasciatelo seccare, ma curatelo affinché possa germogliare e portare ricchi frutti.

 

Dite “sì alla fede”, dite “sì alla vita”, perché Dio la vive insieme con voi! Insieme a lui la vostra vita diventerà un’avventura: sarà bella, ricca e piena!

 

10. “Preparate la via al Signore . . . perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra” (cf. Is 49, 6). Quando noi, cari fratelli e sorelle, guardiamo alla nostra vocazione di cristiani, che attraverso il Battesimo siamo diventati un solo corpo con Cristo, allora queste parole del Signore, pronunciate per bocca del profeta Isaia - dall’avvento della storia della salvezza prima della prima venuta di Cristo - acquistano per noi, alla fine del secondo millennio dalla nascita di Cristo, un significato particolare. Ci troviamo infatti, soprattutto qui, nel vecchio continente, in un “nuovo avvento” della storia universale. Non dobbiamo forse far sì che la “salvezza” che ci ha donato Cristo giunga di nuovo fino alle frontiere più estreme dell’Europa?

 

Tutti sentiamo di avere molto bisogno di un rinnovamento, di un nuovo incontro con Dio. Rinnovamento, conversione ed incontro con Dio, alle sorgenti della fede, meditazione sulla fede integrale: questo è l’appello che ci lancia l’odierna festività della nascita di Giovanni il Battista e questo è lo sprone che ci dà anche l’esempio di san Martino.

 

Tutti conosciamo il bisogno di rinnovamento della nostra società, della rievangelizzazione del nostro continente: affinché l’uomo europeo non perda il senso della sua dignità fondamentale; affinché non diventi vittima delle forze distruttrici della morte spirituale, ma anzi abbia la vita e l’abbia in abbondanza (cf. Gv 10, 10)!

 

Sia lodato Gesù e Maria!

 

[Papa Giovanni Paolo II, omelia Aeroporto di Eisenstadt-Trausdorf  24 giugno 1988]

61
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
The ancient priest stagnates, and evaluates based on categories of possibilities; reluctant to the Spirit who moves situations
Il sacerdote antico ristagna, e valuta basando su categorie di possibilità; riluttante allo Spirito che smuove le situazioni
«Even through Joseph’s fears, God’s will, his history and his plan were at work. Joseph, then, teaches us that faith in God includes believing that he can work even through our fears, our frailties and our weaknesses. He also teaches us that amid the tempests of life, we must never be afraid to let the Lord steer our course. At times, we want to be in complete control, yet God always sees the bigger picture» (Patris Corde, n.2)
«Anche attraverso l’angustia di Giuseppe passa la volontà di Dio, la sua storia, il suo progetto. Giuseppe ci insegna così che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza. E ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande» (Patris Corde, n.2)
Man is the surname of God: the Lord in fact takes his name from each of us - whether we are saints or sinners - to make him our surname (Pope Francis). God's fidelity to the Promise is realized not only through men, but with them (Pope Benedict).
L’uomo è il cognome di Dio: il Signore infatti prende il nome da ognuno di noi — sia che siamo santi, sia che siamo peccatori — per farlo diventare il proprio cognome (Papa Francesco). La fedeltà di Dio alla Promessa si attua non soltanto mediante gli uomini, ma con loro (Papa Benedetto)
In the communities of Galilee and Syria the pagans quickly became a majority - elevated to the rank of sons. They did not submit to nerve-wracking processes, but spontaneously were recognizing the Lord
Nelle comunità di Galilea e Siria i pagani diventavano rapidamente maggioranza - elevati al rango di figli. Essi non si sottoponevano a trafile snervanti, ma spontaneamente riconoscevano il Signore
And thus we must see Christ again and ask Christ: “Is it you?” The Lord, in his own silent way, answers: “You see what I did, I did not start a bloody revolution, I did not change the world with force; but lit many I, which in the meantime form a pathway of light through the millenniums” (Pope Benedict)
E così dobbiamo di nuovo vedere Cristo e chiedere a Cristo: “Sei tu?”. Il Signore, nel modo silenzioso che gli è proprio, risponde: “Vedete cosa ho fatto io. Non ho fatto una rivoluzione cruenta, non ho cambiato con forza il mondo, ma ho acceso tante luci che formano, nel frattempo, una grande strada di luce nei millenni” (Papa Benedetto)
Experts in the Holy Scriptures believed that Elijah's return should anticipate and prepare for the advent of the Kingdom of God. Since the Lord was present, the first disciples wondered what the value of that teaching was. Among the people coming from Judaism the question arose about the value of ancient doctrines…
Gli esperti delle sacre Scritture ritenevano che il ritorno di Elia dovesse anticipare e preparare l’avvento del Regno di Dio. Poiché il Signore era presente, i primi discepoli si chiedevano quale fosse il valore di quell’insegnamento. Tra i provenienti dal giudaismo sorgeva il quesito circa il peso delle dottrine antiche...
Gospels make their way, advance and free, making us understand the enormous difference between any creed and the proposal of Jesus

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

duevie.art

don Giuseppe Nespeca

Tel. 333-1329741


Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001.
Le immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione.
L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.