Mar 13, 2025 Scritto da 

Vignaioli omicidi, e il vero nemico di Dio

(Mt 21,33-43.45)

 

Si tratta di una metafora continuata, più che di una parabola; quindi frutto di riflessione post-pasquale - vediamo perché.

Cristo introduce tutti in un cammino avventuroso, scomodante, non privo d’insidie che buttano all’aria la situazione e destabilizzano - ma è la Via perché ciascuno di noi si riconosca.

Non ci riavvicineremmo altrimenti alla Fonte della percezione, dell’immaginazione, della realtà e della creatività - virtù che si rendono necessarie per la rinascita, anche dall’emergenza globale.

 

Gesù ricorre all’immagine della Vigna per descrivere l’opera di Dio e la risposta degli uomini - anzitutto delle guide spirituali (v.23).

I capi religiosi antichi erano così: ostili all’azione divina; attrezzati nel sembrare, ciononostante violenti e sclerotici.

I direttori cui Gesù si rivolge seguono l’intera metafora passo passo - sembra si trovino sguarniti - e rimangono a bocca aperta solo alla fine.

Come mai li interpella in modo imperativo: «Ascoltate» [che non è un semplice invito]?

Sin dall’inizio parla con tono da padrone. Perché?

Egli è Signore di coloro cui in realtà si rivolge: il Cristo tanto invocato dalla nuova casta dei “farisei” di ritorno nelle sue assemblee, dove già i primi della classe pretendevano gestire la Vigna a modo proprio.

Senza mezzi termini la parabola denuncia l’abuso di autorità perpetrato nelle fraternità di terza generazione, in specie da parte dei loro responsabili.

Anziani di chiesa che già avevano fastidio di occuparsi della gente minuta che si presentava alla soglia delle comunità con la speranza di essere accolta.

Viceversa erano proprio questi «ultimi» i nuovi profeti chiamati da Dio a svegliare la situazione d’immobilismo (dei reduci) - paragonabile alla medesima realtà paludosa di altre religioni d’allora.

 

In tal guisa, procediamo a una possibile identificazione:

La siepe o muretto che circonda la Vigna è la proposta che Dio ha rivelato per proteggerci da altri modelli di vita [paradigmi non di Fede], insensati e autodistruttivi.

Il frantoio sta a dire: non mancava nulla [il Signore ne ha avuto massima cura], ed anche l’attesa del tempo della gioia, del succo d’amore.

Insomma: condizioni ottime e risultato abbondante; massima produzione d’ebbrezza - ci si attenderebbe. Però...

I vignaioli sono le autorità costituite. Esse hanno ricevuto il compito di collocarci nella posizione migliore e nei presupposti adatti per la nostra crescita e fioritura.

Infatti, nelle condizioni ideali ciascuno può produrre il frutto d’amore che il “padrone del campo” si attende.

I due gruppi d’inviati sono profeti mandati dal Padre prima e dopo l’esilio babilonese - invano - per richiamare all’adesione concreta, alla fedeltà al Patto.

Tutti finiti male, perché il punto di riferimento della gente devota e delle guide irresponsabili permaneva identico: l’appropriarsi.

 

Ecco i diversi gruppi al potere al tempo di Gesù:

Gli addetti alle attività del Tempio [sacerdoti] gestivano le decime, le tasse specifiche, le offerte.

Il sommo sacerdote era scelto fra i membri delle famiglie dell’aristocrazia che ostentavano più potere e ricchezza.

I Sadducei erano appunto l’élite aristocratica; per sé laici, assai ricchi. Essi volentieri si coinvolgevano nei commerci anche del Tempio, e nel latifondo.

Farisei erano i leaders della religiosità popolare, i quali propugnavano il rispetto totale della Legge, in specie delle norme di purità. E anche quello delle diverse Tradizioni, perfino orale.

La loro autorità etica era fondata sulla esemplarità e sul senso di separazione sacrale [e moralista]. Esemplarità sentita e riconosciuta in ogni villaggio della Palestina.

Gli “Anziani” erano Capi del popolo (autorità locali, di villaggi o cittadine); discendenti dei capi delle antiche tribù.

Scribi [dottori della legge] erano coloro che dopo una vita di studio della Parola di Dio venivano elevati al rango di teologi ufficiali del Sinedrio.

Sebbene divisi in due sette - una favorevole ai Sadducei, l’altra ai Farisei - il loro prestigio riusciva perfino ad oscurare la lettera della Torah. Infatti, in caso di dissidio tra Legge e loro interpretazione, era quest’ultima che veniva stimata superiore.

 

Gesù invece screditava i dotti, che volentieri falsavano e sofisticavano il senso delle sacre Scritture - sempre a proprio vantaggio.

Sapeva bene che la sua attività di denuncia gli sarebbe costata la vita, perché smascherava tutto il sistema di guadagno, equilibri e posizioni.

Tuttavia non ha mai arretrato di un millimetro.

 

Dappertutto e anche oggi alcuni potentati discriminano e manipolano le coscienze per tutelare le loro provvigioni e il proprio farsesco mondo di pubbliche e private relazioni.

Malgrado tutto il fuoco d’interdizione perbenista e di maniera, spesso facendo fuori il Gesù Presente che si ripropone nei piccoli, innocenti e trasparenti.

Viceversa gli amministratori supremi della Casa di Dio devono assumere un atteggiamento di servizio alla Vigna; non tracciare piani di vita propri, cui devono adattarsi tutti - Padre compreso.

È per questo motivo che il Figlio pretendeva smontare quella compagine: addirittura soppiantare il Tempio, con la sua Persona viva.

Un’autentica minaccia mortale per il sistema che ormai non sopportava neppure l’ingerenza di Dio stesso.

Ma se era irriverente sostituire la vita del popolo al santuario di pietra, sembrava pure sacrilego considerare transitorio il regime della Torah.

Il Pentateuco era il fulcro dell’identità della “gente eletta”. Tale idea era interpretata con rigido senso di permanenza - sebbene la sua pratica non procurasse felicità, bensì insoddisfazione.

Eppure i veterani abituati a situazioni piramidali - e a dirigere - neppure s’accorgevano di decretare così la loro stessa condanna (v.41).

Beninteso, Cristo non intende ridicolizzare nessuno: Egli vuol portare le persone a interrogarsi, e dire la verità su se stesse.

 

Nel Vangelo il comportamento dei titolati della devozione ufficiale non cambia, anzi sentendosi smascherati, peggiora.

Solo la remora di perdere la faccia in pubblico può frenarli (vv.45-46).

Ma ora sanno chi sono, tanto da vergognarsi di tramare apertamente.

Le categorie “al centro”, che si ritengono più vicine al Cielo e per questo detentori di potere (che esigono per sé), sono assiduamente quelle che producono uva immangiabile.

Cerchie escluse dalla testimonianza del Regno.

Le forze attempate sanno solo osteggiare. I dirigenti a vita - zucche pretenziose - amano sempre il comando, e (troppo) il loro interesse, non quello della folla minuta.

Purtroppo il passo di Vangelo è un affresco dell’intera storia della salvezza, ove non di rado prevale il disdegno - ed è attuale.

Ci sarà giocoforza un nuovo inizio, e la sostituzione dei coloni inetti (v.43).

È «lieta notizia»: l’Eterno raggiunge il suo scopo malgrado i ripetuti rifiuti di chi dovrebbe rappresentarlo, e invece lo usa. Non avendo alcun frutto d’amore da restituire.

Insomma, è la nostra vicenda. Enigma della redenzione, in grado di assumere in seno perfino violenze e ribellioni.

 

Per Gesù non esiste un’etnia o una civiltà privilegiati - perché il grande nemico di Dio non è il peccato nel senso dell’imperfezione, bensì la convenienza.

Tornaconto che fa il paio col disinteresse e il disprezzo (interessato): problema che ritorna - chiudendo la storia.

Eppure, quando i giorni di fervore si spengono e la situazione si arena a causa di chi vede l’elezione come privilegio anziché un servizio, ecco incessantemente sopraggiungere nuovi e più fedeli Araldi dello Spirito. Pronti alla successione delle menti e dei cuori, pur fra brutalità ingenerose, e accuse di essere dei sognatori illusi.

Un corso inarrestabile, irrorato dal ruscello di sangue dei profeti (v.46).

Reietti, depennati, espulsi e da stritolare - ma non chiusi dentro schemi mentali superati: in grado di dare campo libero a energie rigeneranti.

 

Coscienza del mondo, avulsi dal compromesso.

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Praying, celebrating, imitating Jesus: these are the three "doors" - to be opened to find «the way, to go to truth and to life» (Pope Francis)
Pregare, celebrare, imitare Gesù: sono le tre “porte” — da aprire per trovare «la via, per andare alla verità e alla vita» (Papa Francesco)
In recounting the "sign" of bread, the Evangelist emphasizes that Christ, before distributing the food, blessed it with a prayer of thanksgiving (cf. v. 11). The Greek term used is eucharistein and it refers directly to the Last Supper, though, in fact, John refers here not to the institution of the Eucharist but to the washing of the feet. The Eucharist is mentioned here in anticipation of the great symbol of the Bread of Life [Pope Benedict]
Narrando il “segno” dei pani, l’Evangelista sottolinea che Cristo, prima di distribuirli, li benedisse con una preghiera di ringraziamento (cfr v. 11). Il verbo è eucharistein, e rimanda direttamente al racconto dell’Ultima Cena, nel quale, in effetti, Giovanni non riferisce l’istituzione dell’Eucaristia, bensì la lavanda dei piedi. L’Eucaristia è qui come anticipata nel grande segno del pane della vita [Papa Benedetto]
Work is part of God’s loving plan, we are called to cultivate and care for all the goods of creation and in this way share in the work of creation! Work is fundamental to the dignity of a person. Work, to use a metaphor, “anoints” us with dignity, fills us with dignity, makes us similar to God, who has worked and still works, who always acts (cf. Jn 5:17); it gives one the ability to maintain oneself, one’s family, to contribute to the growth of one’s own nation [Pope Francis]
Il lavoro fa parte del piano di amore di Dio; noi siamo chiamati a coltivare e custodire tutti i beni della creazione e in questo modo partecipiamo all’opera della creazione! Il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità di una persona. Il lavoro, per usare un’immagine, ci “unge” di dignità, ci riempie di dignità; ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre (cfr Gv 5,17); dà la capacità di mantenere se stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria Nazione [Papa Francesco]
God loves the world and will love it to the end. The Heart of the Son of God pierced on the Cross and opened is a profound and definitive witness to God’s love. Saint Bonaventure writes: “It was a divine decree that permitted one of the soldiers to open his sacred wide with a lance… The blood and water which poured out at that moment was the price of our salvation” (John Paul II)
Il mondo è amato da Dio e sarà amato fino alla fine. Il Cuore del Figlio di Dio trafitto sulla croce e aperto, testimonia in modo profondo e definitivo l’amore di Dio. Scriverà San Bonaventura: “Per divina disposizione è stato permesso che un soldato trafiggesse e aprisse quel sacro costato. Ne uscì sangue ed acqua, prezzo della nostra salvezza” (Giovanni Paolo II))
[Nicodemus] felt the fascination of this Rabbi, so different from the others, but could not manage to rid himself of the conditioning of his environment that was hostile to Jesus, and stood irresolute on the threshold of faith (Pope Benedict)
[Nicodemo] avverte il fascino di questo Rabbì così diverso dagli altri, ma non riesce a sottrarsi ai condizionamenti dell’ambiente contrario a Gesù e resta titubante sulla soglia della fede (Papa Benedetto)
Those wounds that, in the beginning were an obstacle for Thomas’s faith, being a sign of Jesus’ apparent failure, those same wounds have become in his encounter with the Risen One, signs of a victorious love. These wounds that Christ has received for love of us help us to understand who God is and to repeat: “My Lord and my God!” (Pope Benedict)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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