Mar 31, 2025 Scritto da 

Fede, Croce, mente comune

Innalzato e innalzatisi, di lassù e di quaggiù

(Gv 8,21-30)

 

Alla fine del primo secolo, i giudei sollevavano non poche questioni riguardanti la lettura orante che i discepoli di Cristo facevano delle vicende e delle Parole del Maestro - considerate espressione della Parola di Dio e vertice della storia della salvezza.

Il tema dell’incomprensione circa l’origine e la missione del Figlio è drammatizzato in una controversia durante la quale ciascuna delle parti si attesta su un terreno differente: appartenere al mondo della Fede, o a quello della religione che chiude il Mistero in ciò che si conosce già.

Per aiutare i fedeli ad approfondire il Richiamo del Signore, nelle comunità giovannee dell’Asia Minore la trasmissione mediante catechesi del portato (e preziosità) del coinvolgimento nella vita di Fede avveniva attraverso dialoghi a domanda e risposta.

La fine ingloriosa di Gesù e la sua destinazione ponevano svariati quesiti. Il testo ribadisce che il punto cruciale era il pregiudizio del Volto di Dio sempre vittorioso.

Tara che impediva di riconoscerlo nel Figlio umiliato dalle autorità, e nei figli che lo avevano seguito, altrettanto sconfitti... ma che si consideravano vincitori.

 

Rispetto al mondo circostante, i cristiani orientavano i loro gesti e parole senza banali chiusure di criterio, cui pure talora anche noi vorremmo adeguarci.

E perfino oggi - grazie a questa spinta, Motivo e Motore - solo per questo convincimento si riesce ad acquisire una differente visione, e vincere il peccato.

Il termine al singolare qui al v.21 [cf. «il peccato del mondo» in Gv 1,29] non si riferisce a piccole trasgressioni quotidiane, ma all’umiliazione (devota) delle distanze incolmabili [rispetto al coronamento d’essere].

Solo il senso della vicenda di Gesù spazza via il vuoto di energia intima suscitato dalla percezione della condizione creaturale - da cui discende l’incapacità di corrispondere alla propria intima vocazione.

Inefficienza lacerante e bizzarra, perché indotta e sostenuta proprio da strutture ufficiali paradossalmente «mondane» - e dalla mentalità da esse stesse diffusa, nonché assicurata nel tempo.

Il medesimo termine usato al plurale [«peccati», in senso morale] sottolineato e ribadito al v.24 allude allo strazio inoculato nell’anima e nella vita delle persone, proprio dalla “normale” cappa di convinzioni pie.

Esse racchiudono il cammino delle singole eccezionali personalità all’interno di un’inutile ricerca spasmodica d’imperfezioni, per natura inevitabili - col tormento dei paragoni con modelli esterni.

Risultato: donne e uomini la cui vita ristagna nel tentativo stridente di superare le genuine contraddizioni dei propri stessi volti che ci completano, con estremo e vacuo dispendio di virtù.

 

Nella sfera della tradizione o meglio del costume, per individuare, correggere, e ribadire ogni giorno normative (altrui) le anime vengono sottoposte a un regime di ripiegamenti che vanno a incidere sia sulla condotta sommaria che su linee portanti della personalità.

Dette forme di “governo” poco inclusive chiudono le vocazioni non opportuniste in se stesse, con grave danno anche sociale: tipico esito d’un clima di popolo che ingenuamente si affida alle ideologie esteriori, di maniera, eticiste, o intimiste.

Nella graniticità dei princìpi di dominio delle strutture beghine di peccato sulle vicende individuali, l’attitudine al sospetto delle devianze rende paludosa la vita della gente umile e più sensibile.

Qui si rischia di morire - proprio nelle sabbie immobili dei peccati di ritorno, di aggiunta e gratificazione, che all’inizio s’intendeva esorcizzare.

Quanti abbracciano la conformità dell’eccellenza astratta che vuole riemergere a tutti i costi - senza criteri eminenti, né rielaborazione, e cammino di valorizzazione personale con prospettive di futuro critico - sperimenteranno il totale rovesciamento dei buoni propositi; poi, tonfi pazzeschi e repentini.

La palude delle potenze vitali trattenute allestisce ottimi paraventi ma fa marcire l’esistenza, ribaltando le attese.

È come se Gesù dicesse: «provate che botte a terra potreste fare cadendo da tanto in alto, così capirete!».

La cornice di riferimento dei capi della mentalità vincente o della devozione antica, non è lo sguardo piantato sulla vita autentica e piena della gente, bensì lo scrutare giudicante a partire da una moda già antiquata, senza aperture.

In fondo: quella solita o di potere assicurato, dal cuore di pietra e tutta già pronta. A portata di mano, come cesellata fin nei minimi dettagli - nelle istituzioni a cliché, radicate sul territorio - rappresentativa solo di sé.

 

In tal senso, i veterani, leaders esperti e conclamati, facevano difficoltà a comprendere il senso dell’innalzamento del Cristo.

Il Messia autentico è stato elevato alla “destra” dell’Eterno e innalzato sulla Croce - massima Rivelazione del «Io Sono» ossia dell’Emmanuele nella sua Personalità, Sapienza, Unicità, Futuro e già Presenza.

Il Crocifisso che in Gv 19,30 e 20,22 consegna lo Spirito senza ritardo temporale, irradia l’immagine della “posizione” divina. E mediante il legame di Fede ci fa vivere nel suo contatto; che è di svilimento e bassura, ma di peso e rilievo - promozione umanizzante (vv.28-29).

Ciò che nel «Figlio dell’uomo» anche noi sperimentiamo dentro tale Relazione fondante col Padre si rende esplicito appunto in una Confluenza, Nucleo, Ponte attivo, e Cardine. Liberazione e Salvezza che consente di fare tesoro d’insidie, paradossi, sconvolgimenti.

Egli opera in un rovesciamento dell’idea di «gloria», arrampicamento, e sovreminenza. Agisce nella contrapposizione di principio (che sembra devotamente incomprensibile) fra due «mondi» - il sedicente “migliore” dei quali cerca in “alto” la sua redenzione.

E crea però sgomento. Non sa ancora prendere vita dalla morte.

Quindi il discorso è ‘interno’: riguarda i criteri mondani di giudizio sul Signore i quali confidano in se stessi, che ci stritolano nelle spire del dubbio; non contro gli ebrei.

È per chiunque rimpiange le piccole sicurezze perdute e - appunto - non sa ancora prendere linfa dalla terra.

 

Il mondo dozzinale resta quello tristemente segnato dagli astuti, mediocri, salottieri, in continuo atteggiamento di compromesso e connubio col potere - nonché lo stesso forziere del Tempio.

Per loro quello di Gesù e dei suoi che fanno sul serio è un suicidio (v.22), condizione che - nel pensiero del tempo - avrebbe condotto allo stato eterno dell’inferno più buio.

Infatti, il Santuario sembrava un perimetro luminoso, appetibile, spiritualissimo e appartato; invece era separato solo... dall’accesso alla vita, e al pensiero del Cielo - unico Centro di gravità fecondo.

Tremenda vocazione, tanto inaudita e perigliosa sino al rischio mortale - da suscitare sdegno, per ogni ideologia di potere: che appesantisce la vitalità spontanea e misteriosa dell’oggi persino spezzato, amaro, calato in fondo, declassato.

Nella sua realtà ambiziosa e agonistica, che mirava a prevalere [tutta decoro, piroette, opportunismo, reputazione] l’istituzione consolidata non sarebbe riuscita a trasmettere ai cristiani il senso specifico della loro Fede. Essa che nel cuore s’impone, sebbene sembri deplorevole.

Gl’ingranaggi mondani falsavano e rendevano irriconoscibile l’identità della condizione paradisiaca, confusa e barattata con quella di chi vince, sovrasta, riceve onori - senz’alcun balzo qualitativo circa l’autenticità del Soggetto Unico della storia.

 

I Farisei di qualsivoglia tempo e credo si orientano ancora sulla base di titoli e benemerenze.

L’Uomo-Dio riflette una inclinazione differente dalle aspettative di tante sinagoghe stanziali, mondane, mimetiche, che fanno di tutto per ergersi ed evitare il basso.

«Morire nel peccato» significa chiudersi nei criteri che escludono l’onore vero: quello del Dono totale di sé - per un esito ulteriore e diffuso.

Limpido punto chiave della vita del Figlio, che rivendica la pienezza umano-divina (v.28).

Alla domanda «Tu chi sei?» Cristo risponde dando un appuntamento di Vita completa, sul Calvario.

Per noi che lo sentiamo pulsare dentro, il medesimo Gratis non sarà frutto impossibile d’una scelta volontarista, bensì del discepolato nel rispetto della Vocazione personale - che cerca e fa spazio al nuovo regno.

La sequela sapiente porterà ciascuno dall’esperienza religiosa d’inutile e mortifera sottomissione all’avventura di Fede nel Signore, senza più remore che affossino il viaggio verso di sé e il prossimo.

 

Col Figlio dell’uomo innalzato passeremo dalla vita spenta e mortificata dei servitori a quella di amici, quindi fratelli (cf. Gv 13,13; 15,15; 20,17).

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Quando sei interpellato sulla tua identità d’essere, t’impegni a sciorinare titoli e traguardi?

Cosa significa per te essere di quaggiù o di lassù?

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Praying, celebrating, imitating Jesus: these are the three "doors" - to be opened to find «the way, to go to truth and to life» (Pope Francis)
Pregare, celebrare, imitare Gesù: sono le tre “porte” — da aprire per trovare «la via, per andare alla verità e alla vita» (Papa Francesco)
In recounting the "sign" of bread, the Evangelist emphasizes that Christ, before distributing the food, blessed it with a prayer of thanksgiving (cf. v. 11). The Greek term used is eucharistein and it refers directly to the Last Supper, though, in fact, John refers here not to the institution of the Eucharist but to the washing of the feet. The Eucharist is mentioned here in anticipation of the great symbol of the Bread of Life [Pope Benedict]
Narrando il “segno” dei pani, l’Evangelista sottolinea che Cristo, prima di distribuirli, li benedisse con una preghiera di ringraziamento (cfr v. 11). Il verbo è eucharistein, e rimanda direttamente al racconto dell’Ultima Cena, nel quale, in effetti, Giovanni non riferisce l’istituzione dell’Eucaristia, bensì la lavanda dei piedi. L’Eucaristia è qui come anticipata nel grande segno del pane della vita [Papa Benedetto]
Work is part of God’s loving plan, we are called to cultivate and care for all the goods of creation and in this way share in the work of creation! Work is fundamental to the dignity of a person. Work, to use a metaphor, “anoints” us with dignity, fills us with dignity, makes us similar to God, who has worked and still works, who always acts (cf. Jn 5:17); it gives one the ability to maintain oneself, one’s family, to contribute to the growth of one’s own nation [Pope Francis]
Il lavoro fa parte del piano di amore di Dio; noi siamo chiamati a coltivare e custodire tutti i beni della creazione e in questo modo partecipiamo all’opera della creazione! Il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità di una persona. Il lavoro, per usare un’immagine, ci “unge” di dignità, ci riempie di dignità; ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre (cfr Gv 5,17); dà la capacità di mantenere se stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria Nazione [Papa Francesco]
God loves the world and will love it to the end. The Heart of the Son of God pierced on the Cross and opened is a profound and definitive witness to God’s love. Saint Bonaventure writes: “It was a divine decree that permitted one of the soldiers to open his sacred wide with a lance… The blood and water which poured out at that moment was the price of our salvation” (John Paul II)
Il mondo è amato da Dio e sarà amato fino alla fine. Il Cuore del Figlio di Dio trafitto sulla croce e aperto, testimonia in modo profondo e definitivo l’amore di Dio. Scriverà San Bonaventura: “Per divina disposizione è stato permesso che un soldato trafiggesse e aprisse quel sacro costato. Ne uscì sangue ed acqua, prezzo della nostra salvezza” (Giovanni Paolo II))
[Nicodemus] felt the fascination of this Rabbi, so different from the others, but could not manage to rid himself of the conditioning of his environment that was hostile to Jesus, and stood irresolute on the threshold of faith (Pope Benedict)
[Nicodemo] avverte il fascino di questo Rabbì così diverso dagli altri, ma non riesce a sottrarsi ai condizionamenti dell’ambiente contrario a Gesù e resta titubante sulla soglia della fede (Papa Benedetto)
Those wounds that, in the beginning were an obstacle for Thomas’s faith, being a sign of Jesus’ apparent failure, those same wounds have become in his encounter with the Risen One, signs of a victorious love. These wounds that Christ has received for love of us help us to understand who God is and to repeat: “My Lord and my God!” (Pope Benedict)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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