Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".
Giorni fa ho visitato la bottega di un artigiano della zona del travertino e sono rimasto entusiasta dalla lavorazione di questo signore. Ha creato, a mio avviso, dei piccoli capolavori.
Certo, di cose belle e grandiose nel mondo ce ne sono tante in tutti i campi: dalle grandi opere, alla pittura, alla poesia, alle scoperte scientifiche. Superfluo è elencarle. Sono conosciute, sono state ammirate, vengono ammirate - e lo saranno nel futuro.
Ma spesso nella nostra quotidianità possiamo trovare, scoprire delle piccole opere prodotte, create da persone sconosciute. Il vocabolario Treccani definisce la creatività ‘virtù creativa’, capacità di creare con l’intelletto, la fantasia, l’inventiva.
In questa circostanza sono andato a rispolverare un mio vecchio libro di Silvano Arieti - ‘Creatività sintesi magica’ - Il pensiero scientifico editore. Questo psichiatra e psicoanalista ne dà una bellissima definizione: “La creatività, una prerogativa dell’uomo, può essere vista come l’umile corrispettivo umano della creazione divina” (pag.3). Mentre il Creatore plasmò dal nulla tutte le cose, la creatività umana si serve di ciò che già esiste per modificarlo.
L’autore parla poi di una creatività ordinaria, e straordinaria. Si tratta di diversi livelli di creatività, non quella delle grandi opere o di grandi letterati [pensiamo alla Divina Commedia o ai grandi monumenti, alle meraviglie del mondo] ma alle piccole opere di noi uomini comuni che a volte riusciamo a plasmare ciò che abbiamo, in qualcosa di stupendo.
Miglioriamo la fiducia in noi stessi, proviamo soddisfazione, crediamo di più in noi stessi - e questo ci spinge a lavorare meglio. Dice ancora Arieti che la creatività ordinaria non deve farci dimenticare e trascurare la creatività straordinaria. Mentre “la ordinaria solleva il morale dell’uomo ed elimina o diminuisce la nevrosi, quella straordinaria è responsabile delle grandi conquiste dell’umanità e del progresso sociale” (pag.11).
Ancora più avanti nel libro, Arieti cita Nathaniel Hirsh che nella sua opera ‘Genio e intelligenza creativa’ del 1931 ha esaminato la differenza fra talento e genio.
Egli scrisse (pp. 288-289): “[…] il genio crea, l’uomo di talento determina dei miglioramenti; il genio intuisce, l’uomo di talento analizza ed esplora: il genio aspira, lo scopo della sua vita è la creatività; l’uomo di talento è animato dall’ambizione e lo scopo della sua vita è il potere; il genio è sempre uno straniero in una terra straniera; gli uomini di talento sono quelli per i quali la terra è un paradiso e l’adattamento sociale una vocazione naturale”.
Personalmente mi sono chiesto se la creatività piccola o grande che sia, in che rapporto si trovi con l’intelligenza. Molti autori hanno compiuto degli studi in tal senso. L’autore sostiene che non via siano ancora dei pareri concordi. Sembra però che le persone molto intelligenti non siano necessariamente creative. Un alto quoziente intellettivo può limitare l’interiorità, per la presenza di una forte autocritica.
Getzel e Jackson studiarono due gruppi di bambini: un gruppo con alta intelligenza ma non con corrispondente indice intellettivo e l’altro gruppo con un indice di alta creatività ma non con un corrispondente quoziente intellettivo. Confrontando poi i risultati nonostante una differenza di punteggio nei Q.I. dei due gruppi non vi fu una differenza misurabile nel rendimento scolastico.
Altri autori hanno cercato di studiare le qualità psicologiche dei creativi.
Secondo gli studi di Mary Henle una proprietà decisiva è la recettività: vale e adire che più che cercare le idee, dobbiamo essere attenti ad accoglierle.
Altra particolarità è la “immersione” nel materiale - per avere più informazioni, ma anche per conoscerne le difficoltà.
Per Guilford è importante anche una sensibilità’ generale verso le cose.
Alcune società hanno favorito la creatività, mentre altre l’hanno inibita. Benché’ il processo creativo sia un fenomeno intrapsichico, è ampiamente favorito da un ambiente adatto.
Mi ricordo che quando ero studente rimasi meravigliato dopo una lezione dove la docente affermava che una persona con delle qualità o geniale, se non ha un terreno fertile difficilmente sarebbe riuscita ad emergere. Ero convinto che una persona geniale emergesse in ogni caso.
Usando un’allegoria, un bel fiore può crescere bene se nasce in un terreno inaccessibile e privo di cure necessarie e se ciò avvenisse chissà se qualcuno si accorgerà del suo splendore.
Francesco Giovannozzi psicologo-psicoterapeuta
Da un po’ di tempo sento parlare dai media di intelligenza artificiale. Apprendo che è una branca dell’informatica che ha come scopo la costruzione di macchine capaci di lavorare, di avere delle prestazioni simili a quelle dell’uomo. Qualche giorno fa ho sentito che è stato tradotto un antico manoscritto grazie all’intelligenza artificiale.
So che l’idea di realizzare macchinari in grado di riprodurre l’intelligenza umana ci ha sempre attratti fin dall’antichità.
Kerenyi nei miti della Grecia ci parla della figura di Talo (o Talos) di Creta. Era una statua vivente, un gigantesco automa invulnerabile, incaricato da Minosse di sorvegliare l’isola. Il gigante era invincibile tranne in un punto della caviglia dove era visibile una vena. La leggenda narra che fu ucciso con una freccia che lo colpì nel punto debole. Altra versione narra che morì per la perdita del sangue, però non per una freccia, ma perché aveva urtato la caviglia contro una roccia, dopo che Medea lo aveva stregato con le sue arti magiche.
L’intelligenza artificiale: non so se siano più i vantaggi o i pericoli. Forse in campo scientifico o medico essa può risultare preziosa, ma nella vita pratica, quotidiana, temo una disumanizzazione.
Oltretutto: e i posti di lavoro?
Per fare un banale esempio, immaginate quando domani in un ristorante vi servirà un robot? Credo che tutti preferiamo un essere umano, con i suoi pregi, difetti, con il suo ingegno.
O ancora, ho sentito da un telegiornale che l’intelligenza artificiale sarà impiegata nel campo della psicologia e della psicoterapia.
Qui tutto il mio essere si ribella!
La psicologia si occupa dell’anima e la psicoterapia è una forma di aiuto attraverso il rapporto interpersonale. Come può un automa aiutare un essere umano nella sofferenza interiore? Quale vissuto può trasmettere e comunicare all’altro?
Non basta dare linee guida; lo psicoterapeuta studia per anni e nel caso dell’analisi si sottopone egli stesso ad analisi per poter conoscere il proprio inconscio e cercare di aiutare l’altro. Ma anche nell’applicare un test, il professionista si serve di solito di un computer al fine di valutare i dati statistici, ma è sempre lo stesso professionista a valutare il test in base alle sue conoscenze e alla storia del soggetto. Può un automa fare questo?
Penso che l’intelletto sia una prerogativa umana. Esistono comportamenti animali che fanno supporre l’attività conseguente a un fine, anche se basate sull’istinto.
La definizione di intelligenza si è evoluta negli anni, passando da un’abilità generale ad una competenza cognitiva congiunta con componenti ambientali, emozionali, esperienziali.
La prima definizione di essa fu data da Spermann che la considerava come “fattore g“ - cioè una capacità generale astratta, al di sopra di altre abilità. Poteva essere misurata attraverso dei test e questo la rendeva scientifica.
Poi sono state elaborate altre teorie sull’intelligenza: Thurstone ipotizzò sette abilità primarie, Guilford ci ha parlato di 120 abilità primarie e autonome fra di loro, Cattell distinse tra intelligenza fluida e cristallizzata. La fluida è la parte strutturale funzionale, innata - cioè la capacità di cogliere relazioni tra elementi, indipendentemente da apprendimenti; quella cristallizzata scaturisce dall’esperienza.
Un tipo di intelligenza oggi molto studiata è l’intelligenza emotiva. Consiste nel riconoscere e regolamentare le propria vita emozionale.
Questo elenco non è esaustivo. Ho solo citato qualche teoria.
Quella che personalmente mi piace di più è la teoria di Jean Piaget: l’autore parla di ‘assimilazione e accomodamento’. Essi accompagnano la vita di un individuo; più flessibile in giovinezza, più rigido nella senescenza.
L’assimilazione: abbiamo esperienza dl mondo esterno per mezzo di schemi già in nostro possesso. Ne è un esempio il neonato con il riflesso di suzione, che gli permette di esplorare la realtà circostante. L’accomodamento è il cambiamento di questi schemi in base a nuove esperienze, che forniscono ulteriori informazioni. Questi due momenti si alternano in cerca di un equilibrio.
Questo equilibrio fa sì che l’individuo organizzi una forma di adattamento all’ambiente.
I due momenti sono quasi sempre presenti in ogni attività umana; a volte prevale l’assimilazione, a volte l’accomodamento. Ad esempio, quando un bimbo stringe il pugno senza tenere nulla in mano o fa i movimenti della suzione senza avere niente in bocca, è l’ assimilazione a dominare; mentre l’accomodamento primeggia quando ad esempio un bimbo imita un gesto che ha visto o tenta di portare la mano alla bocca. O ancora se un bambino prende una penna deve eseguire dei movimenti con le dita diversi da quando prende un pallone. Accomoda i suoi gesti.
Per Piaget lo sviluppo mentale comincia con il periodo sensomotorio. Sinteticamente è una fase che va dalla nascita ai due anni circa. Dai soli riflessi, passa a dei comportamenti, per vedere le conseguenze sul proprio corpo e poi su oggetti del mondo esterno, scoprendo nuove azioni efficaci per raggiungere uno scopo. Verso i diciotto mesi compare l’attività rappresentativa: il bambino è in grado di immaginarsi delle azioni.
Nella fase preconcettuale [2- 4 anni] prevale l’egocentrismo e aumenta il linguaggio, ma il bimbo non sa passare dal modo di pensare generale a quello particolare, e contrariamente.
Dai quattro ai sette anni circa abbiamo la fase del pensiero intuitivo. Con la scuola materna il bambino acquisisce nuove informazioni, ma ancora non c’è reversibilità. Quest’ultima consiste nel mettere in relazione col pensiero più azioni, e saperle ricostruire al contrario.
Nella fase delle operazioni concrete, cresce l’accordo fra le azioni. Il pensiero passa dal particolare al generale, e viceversa; ma si è ancora legati alle azioni.
Nella fase delle operazioni formali [dagli undici ai quattordici anni circa] il ragionamento ipotetico deduttivo permette di fare delle ipotesi. Il preadolescente comincia a pensare al proprio futuro, e riflette sui valori del proprio ambiente culturale.
Questo piccolo schema riassuntivo non è completo né esaustivo. La teoria “piagetiana“ è molto più articolata. Oltre alla teoria di Piaget ci sono stati Wygotskij e Bruner, che hanno avuto i loro punti di vista.
Tenendo conto di questi piccoli dati sullo sviluppo umano, reminiscenze degli studi universitari, mi sono chiesto: l’intelligenza artificiale sarà in grado di trovare un accomodamento per adattarsi al meglio? Saprà trovare nuove soluzioni? O si avvarrà solo del momento di assimilazione? E soprattutto: sarà un aiuto, o si metterà in concorrenza con l’essere umano?
Francesco Giovannozzi, psicologo-psicoterapeuta.
Si avvicina il Natale, per eccellenza la festa transculturale della Nascita.
Lo scorso Natale ho già fatto un piccola riflessione sul significato psicologico dl Natale. In questo articoletto vorrei affrontare l’argomento in modo diverso.
Gravidanza, nascita e infanzia sono un continuum.
Alcuni psicologi dell’inconscio sostengono che la vita psichica ha inizio addirittura durante la gravidanza.
Riporto alcune esperienze di analisti tratte dal libro «L’origine della paura - i miti della Mesopotamia e il trauma della nascita» di Franz Renggli [Ed. Magi. (gen. 2004)].
Queste esperienze riportate nel libro aiutano a comprendere la vita psichica di colui che sta per nascere.
L’autore cita a pag. 29 una storia di animali di William Emerson.
“Una motrice da rimorchio aveva investito una cagna gravida. Sopravvissero sia la madre che il cucciolo. Dopo la nascita ,esso fu portato in una fattoria dove si distinse per il suo atteggiamento pauroso.
In particolare reagiva nervosamente al gracidio delle oche nel periodo primaverile quando queste migravano verso nord - e in autunno, quando facevano ritorno. In queste occasioni sussultava e si nascondeva in un granaio.
Occorre aggiungere che il conducente dell’autocarro aveva cercato di evitare l’incidente suonando il clacson, il cui effetto acustico era simile al grido delle oche.
E’ evidente che il vecchio trauma prenatale, legato ad un grande dolore e alla paura della morte, veniva risvegliato in questo cucciolo dal passaggio delle oche.”
In questo capitolo del libro l’autore riporta un’altra storia di Thomas Verny tratta dal suo libro «Vita segreta prima della nascita» (1981):
“Un direttore d’orchestra durante la prima esecuzione di una composizione, conosceva in anticipo, prima di voltar le pagine della partitura, le parti affidate al violoncello. Quando lo raccontò alla madre violoncellista di professione, il segreto fu presto svelato: durante la gravidanza, lei aveva provato al violoncello proprio quei passaggi”.
L’autore riporta anche delle ricerche condotte da David Chamberlain. Egli ha sottoposto ad ipnosi alcuni bimbi con linguaggio, chiedendo loro l’esperienza della nascita. Ha fatto lo stesso con madri - e confrontando,i loro racconti coincidevano.
“Questi bambini descrivono la loro nascita dall’interno, l’ansia che li ha colti durante le doglie, ma anche le loro preoccupazioni e l'empatia che li univa alla madre durante il parto”.
Interessanti sono anche le osservazioni di Alessandra Piontelli (p.31)
Questa psicoanalista ha effettuato delle osservazioni durante il periodo della gravidanza e le conoscenze sul periodo prenatale si sono arricchite.
Nel libro sopra citato (p.32) viene riportato il caso di una madre che in gravidanza mangiava in continuazione nonostante il parere contrario dei medici.
Il nascituro era altrettanto insaziabile, si succhiava continuamente il pollice e la placenta; la sua lingua era sempre in movimento, e ingeriva grandi quantità di liquido amniotico.
Un altro esempio descritto è quello di una madre con un elevato livello di ansia, perché aveva già perso un bambino,
Ogni volta che i medici le comunicavano qualcosa, andava in ansia e subito pensava a quale danno poteva andar incontro il nascituro.
Il feto di conseguenza si nascondeva dietro le braccia e dietro le gambe,in modo tale che durante gli esami medici con ultrasuoni non si distingueva chiaramente la testa. Ansioso come la madre.
A p.33 del libro viene citato uno studio effettuato da David Chamberlain.
Ogni volta che le madri vogliono sapere se il bambino che sta per nascere è nomale si sottopongono ad amniocentesi: Chamberlain riferisce che un feto si è ritratto per poi colpire con un pugno l’ago; altri si irrigidiscono, e il loro cuore batte più forte. Nonché la respirazione può rallentare per alcuni giorni.
Generalmente i nascituri non si spaventano tanto dell’ago, a meno che non sia una questione vitale e percepiscano un pericolo.
Anche nella mia esperienza professionale mi sono imbattuto in vissuti dolorosi che erano riconducibili al periodo gestazionale.
La raccolta dall’anamnesi era centrata ampiamente sul periodo del concepimento e di come era stata la vita dei genitori durante l’attesa,oltre che sulla storia personale del bimbo.
Il vissuto di genitori metteva in luce l’accettazione o meno del bimbo, talora eventuali matrimoni non voluti, ovvero vicende di madri e padri ancora loro stessi “bimbi”: incapaci di ‘prendersi cura’, aspetto tipico della funzione genitoriale.
Certo che poi il piccolo nasce, ma vivrà meglio se supportato da sentimenti positivi e amorevoli. Avrà più forza per affrontare le difficoltà della vita.
E allora viviamo con gioia il Natale, anche se ci sono persone che lo vivono male.
Natale rappresenta e tramanda il tema della nascita.
E vero che il Natale è la nascita del Bambino Gesù, ma è anche la festa di qualsiasi nascita. Mi chiedo quale persona non senta dentro di sé una particolare gioia, quando un bimbo viene al mondo (cristiani e non).
Personalmente penso che la festività del Natale non escluda nessuno,
E mi piacerebbe che si continuasse a chiamarlo così, non festa d’inverno come suggerito da voci autorevoli.
Francesco Giovannozzi psicologo - psicoterapeuta.
John is the origin of our loftiest spirituality. Like him, ‘the silent ones' experience that mysterious exchange of hearts, pray for John's presence, and their hearts are set on fire (Athenagoras)
Giovanni è all'origine della nostra più alta spiritualità. Come lui, i ‘silenziosi’ conoscono quel misterioso scambio dei cuori, invocano la presenza di Giovanni e il loro cuore si infiamma (Atenagora)
This is to say that Jesus has put himself on the level of Peter, rather than Peter on Jesus' level! It is exactly this divine conformity that gives hope to the Disciple, who experienced the pain of infidelity. From here is born the trust that makes him able to follow [Christ] to the end: «This he said to show by what death he was to glorify God. And after this he said to him, "Follow me"» (Pope Benedict)
Verrebbe da dire che Gesù si è adeguato a Pietro, piuttosto che Pietro a Gesù! E’ proprio questo adeguamento divino a dare speranza al discepolo, che ha conosciuto la sofferenza dell’infedeltà. Da qui nasce la fiducia che lo rende capace della sequela fino alla fine: «Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: “Seguimi”» (Papa Benedetto)
Unity is not made with glue [...] The great prayer of Jesus is to «resemble» the Father (Pope Francis)
L’Unità non si fa con la colla […] La grande preghiera di Gesù» è quella di «assomigliare» al Padre (Papa Francesco)
Divisions among Christians, while they wound the Church, wound Christ; and divided, we cause a wound to Christ: the Church is indeed the body of which Christ is the Head (Pope Francis)
Le divisioni tra i cristiani, mentre feriscono la Chiesa, feriscono Cristo, e noi divisi provochiamo una ferita a Cristo: la Chiesa infatti è il corpo di cui Cristo è capo (Papa Francesco)
The glorification that Jesus asks for himself as High Priest, is the entry into full obedience to the Father, an obedience that leads to his fullest filial condition [Pope Benedict]
La glorificazione che Gesù chiede per se stesso, quale Sommo Sacerdote, è l'ingresso nella piena obbedienza al Padre, un'obbedienza che lo conduce alla sua più piena condizione filiale [Papa Benedetto]
All this helps us not to let our guard down before the depths of iniquity, before the mockery of the wicked. In these situations of weariness, the Lord says to us: “Have courage! I have overcome the world!” (Jn 16:33). The word of God gives us strength [Pope Francis]
Tutto questo aiuta a non farsi cadere le braccia davanti allo spessore dell’iniquità, davanti allo scherno dei malvagi. La parola del Signore per queste situazioni di stanchezza è: «Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33). E questa parola ci darà forza [Papa Francesco]
The Ascension does not point to Jesus’ absence, but tells us that he is alive in our midst in a new way. He is no longer in a specific place in the world as he was before the Ascension. He is now in the lordship of God, present in every space and time, close to each one of us. In our life we are never alone (Pope Francis)
L’Ascensione non indica l’assenza di Gesù, ma ci dice che Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo; non è più in un preciso posto del mondo come lo era prima dell’Ascensione; ora è nella signoria di Dio, presente in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi. Nella nostra vita non siamo mai soli (Papa Francesco)
The Magnificat is the hymn of praise which rises from humanity redeemed by divine mercy, it rises from all the People of God; at the same time, it is a hymn that denounces the illusion of those who think they are lords of history and masters of their own destiny (Pope Benedict)
don Giuseppe Nespeca
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