Anche in stile domestico
Gv 6,44-51 (41-51)
Gesù vuol far voltare pagina. Non intende puntellare il farraginoso, non più vitale.
Egli è fedele alla legge di mutamento della Vita piena, che senza posa cerca nuovi assetti - invece di ristagnare nella situazione.
Ciò (in ogni tempo) mentre le autorità religiose e gli habitué desiderano restare aggrappati al passato, a ciò che sanno, al senso di “giustizia” ordinario, alla morale di riferimento attorno...
Insomma, quando è il momento di Cristo, tutti se ne vanno. Ma il dissidio è cosa già scritta.
Dio non attira con forza perentoria o ricatti, bensì con l’invito (v.44).
E il credere sincero si attiva a partire da una prima testimonianza in se stessi (v.44).
Per la sua condizione sociale di piccolo artigiano [un senza terra] la «mormorazione» (vv.41.43) era ovvia, e rimandava alla medesima contrarietà espressa dal popolo di Dio vagante nel deserto.
Non solo la pretesa divina di essere autentica Manna, ma l’origine stessa di Gesù è incomprensibile per una mentalità devotamente quieta, normalizzata - che si lascia trascinar via priva di enigmi.
La contestazione è indispettita e radicale; predilige e ricalca ciò che dà immediatamente sicurezza - non l’originale. Ma il Signore non allenta, altrimenti ci lascerebbe cronicizzare.
Il dover sembrare, il dover essere, il dover fare, non danno spazio all’ascolto, alla percezione, al cambiamento che ci attende: paralizzano.
Il Padre agisce nell’intimo di ciascuno per rimodulare convinzioni, adesioni, progetti.
Tutto opera in direzione di noi stessi, non in modo innaturale o di altri - e neppure di Lui.
Egli agisce presente in ogni persona nel modo più spontaneo.
In tal guisa e insieme, affine a principi individuanti; più rispettoso delle inclinazioni, delle caratteristiche reali, delle energie anche del periodo.
Tale insegnamento (v.45) è interiore: impersonato da Cristo nella Parola che non snatura nulla - implicito nella sua Persona e vicenda.
Così il dono della vita è legato all’assimilare e farsi Uno con quell’Alimento. Cibo che non incrina la persona, bensì la convince, sostiene, fermenta, e orienta - in modo irripetibile, per Nome.
Quel Pane manducato coglie il sapore di un vuoto dall’esteriorità in fondo al quale non sussiste l’annientamento: siamo introdotti nella redenzione, immessi nella vita nuova.
Nel conformismo, la vita non uccide l’estinzione. Non possiede la virtù di riannodare i fili che contraddistinguono il carattere di Persona, né la qualità innata, l’essenza vocazionale, la capacità propulsiva [Vita dell’Eterno].
È l’implicito “culturale”, rituale e banale, senza ispirazione, poco genuino, che non diviene vivente - e non garantisce pienezza bensì assuefazione.
Come per noi, se ci abbiamo fatto il callo.
Il pane della terra conserva la vita ma non aggiorna, non ci rigenera incessantemente, né apre una strada attraverso la morte.
Il Pane che riattualizza per noi il dono estremo del Figlio, nutre l’esistere d’una qualità indistruttibile che non sfuma, perché Oro divino del nostro essere sorgivo.
I profeti avevano annunciato: negli ultimi tempi non si sarebbe conosciuto Dio per sentito dire ma per esperienza personale.
Dopo il fallimento dei re e della classe sacerdotale gli uomini sarebbero stati ammaestrati direttamente dal Signore.
L’espressione «Pane disceso dal Cielo» designa Gesù stesso in relazione con il Padre e [appunto] nella sua missione di recare agli uomini Sapienza e Vita esuberante.
Vita divina, priva di limiti, che si riversa immediatamente, a ciascuno. Senza incertezze o interpretazioni velate dai difetti di vista dei “mediatori”, i quali viceversa porterebbero al crollo.
Presenza che nel tempo della complessità accende anche in noi il desiderio di essere istruiti da Dio-in-Persona, guidati dall’Amico interiore. Percorsi da intuizioni rigeneranti, nel suo Spirito.
Egli c’inclina a non dare ascolto a una natura che ricerca e «mormora» solo per il corrivo “sapore” del sostentamento: «manna nel deserto» (v.49); ovvero interesse, reputazione, titoli, banalità di soddisfazioni.
Piuttosto ritroviamo Vita autentica nel dono d’una buona intuizione e interiore Visione.
Nella grazia che ci fa capaci di accogliere la Chiamata.
Nella virtù che permane in ascolto - per fedeltà attiva alla Vocazione, mediante un’abnegazione e rettitudine d’intenzioni che si appropriano di virtù e meriti di Cristo.
«Io Sono il Pane il Vivente, quello disceso dal cielo. Se uno mangia da questo Pane vivrà la Vita dell’Eterno, e il pane che io darò è la mia carne per la vita piena del mondo» (v.51).
Lo Spirito che interiorizza e attualizza è principale Soggetto della storia anche sommaria, quotidiana, della salvezza. Facendosi nostro.
Evangelizzandoci e crescendo nell’Amicizia [«istruiti da Dio» (v.45)] l’azione nutriente del Maestro immette la nostra carne fermentata nella Vita nuova.
The Son beside us changes our 'taste' and familiarises of Himself the same 'Nature'.
In tal guisa, anche noi assimilati e identificati al Pane-Persona fattosi intimo, sveliamo totalità in atto, eternità vivente, la Fonte originaria.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Come entri nel dono di redenzione mediante l’Eucaristia?
Quali propositi “contrari” alla morale di riferimento attorno, il Pane della Vita cerca di trasmetterti?
Ti sei mai sentito un ‘reciso dalla terra’ a motivo del tuo diverso Alimento dal Cielo?
Quali sono state le occasioni per fare il salto, che forse hai trascurato?