Lug 27, 2025 Scritto da 

Convivialità e itineranza, l’altra idea di Tenerezza e sviluppo

Moltiplicare dividendo

(Mt 14,13-21)

 

«L’uomo è l’essere-limite che non ha limite» (Fratelli Tutti n.150).

Nel cuore abbiamo un gran desiderio di appagamento e Felicità. Il Padre lo ha introdotto, Lui stesso lo soddisfa - ma ci vuole associati alla sua opera - dentro e fuori di noi.

Il Figlio riflette il disegno di Dio nella compassione per le folle bisognose di tutto e - malgrado la pletora di maestri ed esperti - prive di qualsiasi insegnamento autentico (cf. Mt 9,36).

La sua soluzione è diversissima da quella di tutte le guide “spirituali”, perché non ci sorvola con un paternalismo indiretto (cf. Mt 14,16) che asciughi le lacrime, rimargini le ferite, cancelli le umiliazioni.

Invita a utilizzare in prima persona ciò che siamo e abbiamo, sebbene possa apparire cosa ridicola. Ma insegna in modo assolutamente netto che spostando le energie si realizzano risultati prodigiosi.

Così rispondiamo in Cristo ai grandi problemi del mondo: recuperando la condizione dell’uomo viator - essere di passaggio, sua impronta essenziale - e condividendo i beni; non lasciando che ciascuno si arrangi (v.15).

La nostra reale nudità, le peripezie e l’esperienza dei molti fratelli, diversi, sono risorse da non valutare con diffidenza, «come concorrenti o nemici pericolosi» della nostra realizzazione (FT n.151).

Non solo quel poco che rechiamo basterà a saziarci: avanzerà per altri e con identica pienezza di verità, umana, epocale [v.17: il passo particolare insiste sulla nota simbologia semitica del numero “sette”].

 

In Cristo, ciascuno può inaugurare un Tempo nuovo, e la Salvezza è già a portata di mano, perché la gente si riunisce spontaneamente intorno a Lui, giungendo così com’è, col carico dei tanti bisogni differenti.

Il nuovo popolo di Dio non è una folla di gente scelta e pura. Ognuno reca con sé problemi, che il Signore guarisce - ma curando non con provvedimenti per procura (v.16), come dal di sopra o dal di fuori.

Insomma: un altro mondo è possibile, però attraverso lo spezzare il proprio (anche misero) pane e companatico (vv.17-19).

Soluzione autentica, se la si fa emergere da dentro, e stando in mezzo - non davanti, non a capo, non in alto (v.15c).

Il luogo della Rivelazione di Dio doveva essere quello dei fulmini, su un “monte” fumante come di fornace (Es 19,18)... ma infine persino lo zelo violento di Elia aveva dovuto ricredersi (1Re 19,12).

Anche ai pagani, il Figlio rivela un Padre il quale non semplicemente cancella le infermità (v.14): le fa capire come luogo che sta preparando uno sviluppo personale, e quello della Comunità.

S’immaginava che nei tempi del Messia, zoppi, sordi e ciechi sarebbero scomparsi (Is 35,5ss.). Età dell’oro: tutto al vertice, nessun abisso.

In Gesù - Pane distribuito - si manifesta una pienezza dei tempi inconsueta, apparentemente nebulosa e fragile, ma reale e in grado di riavviare tutti, e le relazioni.

Lo Spirito di Dio agisce non calandosi come un fulmine dall’alto, bensì attivando in noi capacità che appaiono impalpabili, eppure in grado di raggranellare il nostro essere disperso, classificato inconsistente - che coinvolge il sommario di tutti i giorni - e lo rivaluta.

 

L’Incarnazione ci ritessere il cuore, in dignità e promozione; si dispiega realmente, perché non solo trascina via gli ostacoli: poggia su di essi e non li cancella affatto: così li surclassa ma trasmutando - ponendo nuova vita.

Linfa che trae succo e germoglia Fiori dall’unico terreno melmoso e fecondo, e li comunica. Solidarietà cui sono invitati tutti, non solo quelli ritenuti in condizione di “perfezione” e compattezza.

Le nostre carenze ci rendono attenti, e unici. Non vanno disprezzate, bensì assunte, poste nelle mani del Figlio e dinamizzate (v.18).

Le stesse cadute possono essere un segnale prezioso: in Cristo, non sono più umiliazioni riduttive, bensì indicatori di percorso. Forse non stiamo utilizzando e investendo al meglio le nostre risorse.

Così i crolli possono trasformarsi rapidamente in risalite - differenti, non confezionate - e ricerca di completamento totale nella Comunione.

Quindi, nell’ideale di realizzare la Vocazione e intuire il tipo di contributo da porgere, nulla di meglio d’un ambiente vivo, che non tarpi le ali: una fraternità vivace nello scambio di risorse, e convivenza.

Non tanto per attutirci gli scossoni, ma perché siamo messi in grado di edificare magazzini sapienziali non tarati da nomenclature - cui tutti possono attingere, persino i diversi e lontani da noi.

Se poi anche qui verrà a trovarci una manchevolezza, sarà per insegnare a essere presenti al mondo secondo (magari) altre e ulteriori direzioni, o per far emergere la missione e una maturazione creativa - non per rimanere fissati su parzialità e minuzie.

 

L’allusione ai sette alimenti (moltiplicati perché divisi) conforta le citazioni relative al magma plasmabile delle icone bibliche, come quelle di Mosè ed Elia: figure dei cinque Libri del Pentateuco [i Pani base], più le due sezioni di Profeti e Scritti [che fanno come da “companatico”].

I primi “cinque”, Pienezza essenziale di cibo e saggezza per l’anima, chiamata a procedere oltre le siepi circonvicine, rompendo gli argini della mentalità asservita al contorno.

È il nutrimento-base dello spirito umano-divino, cui però si aggiunge un giovane e fresco alimento companatico, che appunto ci coinvolge (v.17.19).

[Come diceva s. Agostino: «La Parola di Dio che ogni giorno viene a voi spiegata e in un certo senso “spezzata” è anch’essa Pane quotidiano» (Sermo 58, IV: PL 38,395). Alimento completo: cibo base e “companatico” - storico e ideale, in codice e in atto].

Diventiamo nel Cristo come un corpus attualizzato e propulsivo di testimoni (e Scritture!) sensibile; certo ridotto, non ancora affermato e privo di eroici fenomeni, ma accentuatamente sapienziale e pratico.

Annunciatori e condivisori senza clamorosi proclami di autosufficienza, mai rinchiusi entro steccati arcaici - sempre in fieri - perciò in grado di percepire binari sconosciuti.

E spezzare il Pane... ossia attivarsi, procedere oltre, dividere il poco - per alimentare, straripare (moltiplicando l’ascolto e l’azione di Dio) e far riconquistare stima anche ai disperati.

Siamo figli: come pochi e piccoli pesci (vv.17.19), i quali non sguazzano in competizioni che rendono tossica la vita - anzi: chiamati in prima persona a scrivere una singolare, empatica e sacra, Parola-evento.

Infanti nel Signore, nuotiamo in questa differente Acqua - a volte forse esteriormente velata o melmosa e torbida; infine fatta trasparente anche solo perché arrendevole, compassionevole e benevola.

La vecchia pozzanghera esclusiva della religione che non osa il rischio della Fede (v.13) non ci avrebbe aiutato ad assimilare la proposta del Gesù Messia, Figlio di Dio, Salvatore - acrostico del termine greco «Ichtys» (pesce: vv.17.19 diminutivo).

Egli è l’Iniziativa-Risposta del Padre, sostegno nel (poco etereo) viaggio alla ricerca della Speranza dei poveri - di tutti noi indigenti in attesa.

 

Sembra strano, per noi che ci abbiamo fatto il callo: la Fede operante ha per emblema l’Eucaristia frazionata, rivoluzione della sacralità.

Infatti scopo dell’evangelizzazione è partecipare ed emancipare l’essere completo da tutto ciò che lo minaccia, non solo nel limite estremo: anche nella sua azione di ogni giorno - fino a cercare la comunione dei beni.

Il prodigio è collocato dopo il rifiuto a Nazaret (Mt 13,53-57), il quesito ambiguo e superstizioso di Erode (vv.1-2), e l’esecuzione del Battista (vv.3-12).

Insomma, il Segno Fonte e Culmine della comunità dei figli è un gesto creativo che impone uno spostamento di visione e azione, un occhio e un gesto assolutamente nuovi.

[in tal guisa, di fronte all’indigenza di molti - causata dall’avidità di pochi - l’atteggiamento della Chiesa autentica non si compiace di emblemi e fervorini, né di parziali chiamate a distinguersi].

Lo spezzare del Pane subentra alla Manna calata dall’alto nel deserto (Mt 14,15; 15,33; Mc 8,4) e comporta la sua distribuzione - non solo in situazioni particolari.

Non c’è da accontentarsi, nel moltiplicare vita per tutti.

Questa l’attitudine del Corpo vivente del Cristo taumaturgico [non il facitore di miracoli] che si sente chiamato ad attivarsi in ogni circostanza.

L’adesione grata deve condurci al dono e alla condivisione del «pane».

Se non è elemosina puntuale, pietismo esterno, assistenzialismo di maniera, ecco il Risultato:

Donne e uomini mangeranno, rimarranno sazi, e avanzerà alimento per altri ancora. Infatti, non tutti i convitati da Dio previsti sono ancora presenti...

Notiamo che ai discepoli non era neanche passato per la testa che la soluzione potesse venire dalla gente stessa e dal loro spirito - non dal patentato dei leaders o da qualche singolo benefattore.

Soluzione inattesa: la questione dell’alimento si risolve non dall’alto, ma a partire dall’interno delle persone e con i pochi pani portati con sé.

Non c’è soluzione col verbo “moltiplicare” - ossia “incrementare”… cosa? relazioni che contano, accrescere proprietà, ammucchiare astuzie.

Unica terapia è la convivenza dello «spezzare», «dare», «porgere» (v.19). E tutti sono coinvolti, nessuno privilegiato.

 

A quel tempo la competitività e la mentalità di classe caratterizzava la società piramidale dell’impero - e iniziava a infiltrarsi già nella piccola comunità, appena agli inizi.

Come se il Signore e il Dio del tornaconto potessero convivere uno a fianco all’altro, ancora.

È la comunione dei bisognosi che viceversa sale in cattedra nella Chiesa non artefatta.

La condivisione reale fa da professore degli onnipresenti veterani, smaliziati e pretenziosi, unici a doversi ancora convertire.

Il germe della loro “durata” dovrebbe essere non la posizione in quota e il ruolo, ma l’amore.

Tale l’unico senso dei gesti sacri; non altri progetti venati da prevaricazioni, o dall’apparire.

 

Gli “appartenenti” sbalordiscono.

Per il Signore i lontani (sebbene ancora in bilico nelle scelte) sono pienamente partecipi del banchetto messianico - senza preclusioni, né discipline dell’arcano con attese snervanti.

Viceversa, quella Mensa urge in favore di altri che ancora devono essere chiamati. Per una sorta di ristabilimento dell’Unità originale.

 

Insomma, la Redenzione non appartiene alle élites preoccupate della stabilità del loro dominio - che sono addirittura i deboli a dover sostenere.

 

La vita da salvati viene a noi per incorporazione.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Hai mai spezzato il tuo pane, trasmesso felicità e compiuto recuperi che rinnovano i rapporti, rimettendo in piedi le persone che neppure hanno stima di sé? O hai privilegiato atteggiamenti di élite monarchica?

 

 

Appendice

 

Gesù vuole che contributi, risorse e capacità facciano sinergia; porgersi in servizio e coalizzarsi per la vita delle moltitudini (vv.13-15.19).

Il gesto eucaristico - spezzare la vita - dice: cieli e terra nuovi non corrispondono al mondo in cui ciascuno si affretta a mietere per sé o la sua cerchia, onde accaparrarsi il massimo delle risorse.

Anche gli Apostoli - chiamati da Gesù ma ancora rimasti a distanza di sicurezza da Lui - non sono i proprietari del Pane, bensì coloro che devono porgere nutrimento a tutti (v.16), per creare abbondanza dov’essa non c’è.

Devono condividere, non comandare - tantomeno sulle opinioni o situazioni altrui. E, onde evitare impoverimenti e danni alla felicità, collocarsi in una logica di superamento.

 

Il Figlio riflette il disegno di Dio nella compassione per le folle bisognose di tutto. Tuttavia la sua soluzione non ci sorvola - semplicemente asciugando lacrime o cancellando le umiliazioni.

Invita a utilizzare ciò che abbiamo, sebbene possa apparire cosa ridicola. Ma insegna che spostando le energie si creano risultati prodigiosi.

Così rispondiamo in Cristo ai grandi problemi del mondo: recuperando la condizione dell’uomo viator - essere di passaggio, sua impronta essenziale - e condividendo i beni.

La nostra reale nudità, le peripezie e l’esperienza dei molti fratelli, diversi, sono risorse da non valutare con diffidenza, «come concorrenti o nemici pericolosi» della nostra realizzazione (FT n.151).

 

Il Signore non è d’accordo con l’idea che ciascuno s’arrangi (v.15); neppure gli va a genio l’elemosina, o il vecchio idolo del «comprare» (v.15).

Impone ai suoi che «le folle» (plurali) si sdraino in clima di abbondanza (v.19 testo greco) come facevano i signori e le persone libere nei banchetti solenni.

Egli vuole e insiste che siano anzitutto i discepoli a servire (v.19), non altri schiavi.

E forse la cosa più sbalorditiva è che a nessuno dei presenti impone gesti preventivi di purificazione, com’era abitudine nella religiosità tradizionale, ipocritamente sterilizzata e selettiva.

Prima del pasto essa richiedeva l’abluzione: una cerimonia che sottolineasse un distacco sacrale fra puro e impuro.

Unico compito dei discepoli è quello di distribuire l’Alimento - poi da sminuzzare, vagliare e assimilare personalmente, per edificare un nuovo mondo - non fare radiografie preventive; tantomeno interessate.

 

In religione abbiamo una lunga trafila di adempimenti da osservare per presentarci a cospetto di Dio, che purtroppo ci normalizzano.

Nel cammino di Fede è l’incontro gratuito col Signore che fa crescere e completa, rendendoci perfetti e incontaminati, senza condizioni... estraendo autentiche Perle, proprio dalle nostre eccentricità caratteriali (quelle che si distaccano dagli accordi millimetrici).

Il suo Regno? Tutti invitati e fratelli (anche non concordi), nessuno padrone o dominatore - destinato a guidare gli umili a vita e di testa sua, stando sempre davanti o sopra - perché più svelto e capace a gestirsi.

L’Eucaristia resta un Appello alla Convivialità reale (delle differenze così come sono) e Richiamo sempreverde a non accontentarsi di devozioni individuali o d’una spiritualità gemellabile ma vuota.

 

La Fede operante ha dunque per emblema l’Eucaristia, rivoluzione della sacralità. Sembra strano, per noi che ci abbiamo fatto il callo.

Scopo dell’evangelizzazione è emancipare da tutto ciò che minaccia la vita, non solo nel limite estremo, ma anche nella sua azione di ogni giorno - fino a cercare la comunione dei beni.

In Mt 14 il prodigio è collocato dopo che Gesù è stato respinto da Nazaret, la preoccupazione di Erode, l’omicidio del Battista.

Il Segno Fonte e Culmine della comunità dei figli è un gesto creativo che impone lo spostamento di visione, un occhio assolutamente nuovo.

Di fronte all’indigenza di molti - causata dall’avidità di pochi - l’atteggiamento della Chiesa autentica non si compiace di emblemi e fervorini, né di parziali chiamate a distinguersi nell’elemosina.

Lo spezzare del Pane subentra alla Manna calata dall’alto nel deserto e comporta la sua distribuzione - non solo in situazioni particolari (v.15).

Non c’è da accontentarsi, nel moltiplicare la vita per tutti.

Questa l’attitudine del Corpo vivente del Cristo taumaturgico [non il facitore di miracoli] che si sente chiamato ad attivarsi in ogni circostanza.

La partecipazione eucaristica deve condurci al dono e alla condivisione del pane.

Risultato: donne e uomini mangeranno, rimarranno sazi, e avanzerà Alimento per altri ancora [non tutti i convitati da Dio previsti sono ancora presenti...].

Notiamo che ai discepoli non era neanche passato per la testa che la soluzione potesse venire dalla gente stessa e dal loro spirito - non solo dal paternalismo dei capi o da qualche singolo benefattore.

Soluzione inattesa: la questione dell’alimento si risolve non dall’alto, ma solo a partire dall’interno delle persone e con i pochi pani portati con sé (vv.15-17).

Non c’è soluzione col verbo “moltiplicare” - ossia “incrementare”…relazioni che contano, accrescere proprietà, ammucchiare astuzie.

Unica terapia è «spezzare», «dare», «porgere», «distribuire» (vv.16-19 testo greco).

E tutti sono coinvolti, nessun privilegiato.

A quel tempo la competitività e la mentalità di classe caratterizzava la società dell’impero - e iniziava a infiltrarsi già nella piccola comunità, appena agli inizi.

Come se il Signore e il Dio del tornaconto potessero convivere uno a fianco all’altro, ancora.

È la comunione dei bisognosi che viceversa sale in cattedra nella Chiesa autentica.

La condivisione reale fa da professore degli onnipresenti veterani, smaliziati e pretenziosi, unici a doversi ancora convertire.

Il germe della loro “durata” dovrebbe essere non la posizione in quota e il ruolo, ma l’amore.

Tale l’unico senso dei gesti sacri, non altri progetti venati da prepotenze, o dall’apparire.

Gli “appartenenti” e reduci sbalordiscono.

Per il Signore i lontani (sebbene ancora in bilico nelle scelte) sono pienamente partecipi del banchetto messianico - senza preclusioni, né discipline dell’arcano o attese snervanti.

Viceversa, quella Mensa urge in favore degli altri che ancora devono essere chiamati, per una sorta di ristabilimento dell’Unità originale.

Insomma, la Redenzione non appartiene alle élites (monarchiche piramidali) preoccupate della stabilità del loro predominio - che sono addirittura i deboli a dover sostenere.

 

[Come diceva s. Agostino: «La Parola di Dio che ogni giorno viene a voi spiegata e in un certo senso “spezzata” è anch’essa Pane quotidiano» (Sermo 58, IV: PL 38,395). Alimento completo: cibo base e “companatico” - storico e ideale, in codice e in atto].

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

In che modo il gesto eucaristico ti parla della Rivoluzione della Tenerezza, e della tua Chiamata per Nome attraverso la Chiesa?

5
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Dear friends, “in the Eucharist Jesus also makes us witnesses of God’s compassion towards all our brothers and sisters. The Eucharistic mystery thus gives rise to a service of charity towards neighbour” (Post-Synodal Apostolic Exhortation Sacramentum Caritatis, 88) [Pope Benedict]
Cari amici, “nell’Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio della carità nei confronti del prossimo” (Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 88) [Papa Benedetto]
The fool in the Bible, the one who does not want to learn from the experience of visible things, that nothing lasts for ever but that all things pass away, youth and physical strength, amenities and important roles. Making one's life depend on such an ephemeral reality is therefore foolishness (Pope Benedict)
L’uomo stolto nella Bibbia è colui che non vuole rendersi conto, dall’esperienza delle cose visibili, che nulla dura per sempre, ma tutto passa: la giovinezza come la forza fisica, le comodità come i ruoli di potere. Far dipendere la propria vita da realtà così passeggere è, dunque, stoltezza (Papa Benedetto)
We see this great figure, this force in the Passion, in resistance to the powerful. We wonder: what gave birth to this life, to this interiority so strong, so upright, so consistent, spent so totally for God in preparing the way for Jesus? The answer is simple: it was born from the relationship with God (Pope Benedict)
Noi vediamo questa grande figura, questa forza nella passione, nella resistenza contro i potenti. Domandiamo: da dove nasce questa vita, questa interiorità così forte, così retta, così coerente, spesa in modo così totale per Dio e preparare la strada a Gesù? La risposta è semplice: dal rapporto con Dio (Papa Benedetto)
Christians are a priestly people for the world. Christians should make the living God visible to the world, they should bear witness to him and lead people towards him (Pope Benedict)
I cristiani sono popolo sacerdotale per il mondo. I cristiani dovrebbero rendere visibile al mondo il Dio vivente, testimoniarLo e condurre a Lui (Papa Benedetto)
The discovery of the Kingdom of God can happen suddenly like the farmer who, ploughing, finds an unexpected treasure; or after a long search, like the pearl merchant who eventually finds the most precious pearl, so long dreamt of (Pope Francis)
La scoperta del Regno di Dio può avvenire improvvisamente come per il contadino che arando, trova il tesoro insperato; oppure dopo lunga ricerca, come per il mercante di perle, che finalmente trova la perla preziosissima da tempo sognata (Papa Francesco)
Christ is not resigned to the tombs that we have built for ourselves (Pope Francis)
Cristo non si rassegna ai sepolcri che ci siamo costruiti (Papa Francesco)
We must not fear the humility of taking little steps, but trust in the leaven that penetrates the dough and slowly causes it to rise (cf. Mt 13:33) [Pope Benedict]
Occorre non temere l’umiltà dei piccoli passi e confidare nel lievito che penetra nella pasta e lentamente la fa crescere (cfr Mt 13,33) [Papa Benedetto]
The disciples, already know how to pray by reciting the formulas of the Jewish tradition, but they too wish to experience the same “quality” of Jesus’ prayer (Pope Francis)
I discepoli, sanno già pregare, recitando le formule della tradizione ebraica, ma desiderano poter vivere anche loro la stessa “qualità” della preghiera di Gesù (Papa Francesco)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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