Set 19, 2025 Scritto da 

Figlio dell’uomo

Creare abbondanza dov’essa non c’è

(Lc 9,43b-45)

 

‘Figlio di Dio’ è Cristo che manifesta Dio nella condizione umana. ‘Figlio dell’uomo’ è Gesù che manifesta l’uomo nella condizione divina.

«Figlio dell’uomo» (v.44) è colui che essendosi spinto al massimo della pienezza umana, giunge a riflettere la condizione divina - e la irradia, senza prospettive anguste.

Insomma, ‘Figlio dell’uomo’ è la persona affidabile, autentica; anche “piccola” - senza neppure un retaggio d’idee giuste e invariabili, o forze d’identico livello, e sempre performanti.

«Figlio dell’uomo» è qui il Figlio riuscito: la Persona dal passo definitivo. Verbo fattosi «fratello», che in noi aspira alla pienezza diffusa nella storia.

Sembrerebbe non all’altezza; invece è caratura indistruttibile, dentro ciascuno che accosta tale ‘misura’ - incontrando i contrassegni divini che fanno emergere ciò che siamo [e rinascere].

Nel passo di Vangelo, è il Messia che diventa servo (!) e si fa «parente prossimo»: colui che nella cultura semitica era tenuto al riscatto e liberazione dei famigliari fatti schiavi.

Si nota però un netto contrasto fra ciò che la gente sogna e spera, e l’opinione delle autorità, messe in discussione da questa atmosfera di umanizzazione dai contorni troppo ampi.

 

I maestri di spirito affermati e ufficiali si trovavano a loro agio in ambito stretto: accentuando sensi di colpa, sfigurando le persone; rendendole bisognose, infantili - invece che adulte, sicure, emancipate.

Anche l’istituzione religiosa tremava: la condizione divina diffusa nella vita delle donne e degli uomini resi autonomi e in grado di camminare sulle proprie gambe avrebbe reso superflua ogni struttura di mediazione.

Da sempre, per bloccare la ricerca del Tu-per-tu, del faccia a faccia con Dio [e indirizzare le coscienze] le guide interessate avevano riempito le menti di cose del passato, o tutte conformiste, e la vita della gente di problemi che incagliavano il cammino.

Lo schiavo della religione antica usuale, alleata col potere, viveva sotto condanna, perché fuori Casa propria. In una realtà che ristagnava, o avanzava in modo severamente moralistico.

Tale confusione arenava le anime - ancor più accentuando zavorre, sottolineando limiti, e sensi di sudditanza. Disturbando l’onda vitale di ciascuno.

 

La logica dei vecchi maestri era inaccettabile, sia in un’ottica di realizzazione personale, che per la convivenza.

In qualsiasi ambito vigeva il criterio dei parrucconi che amano solo se stessi.

Tutto era in accordo al principio che chi si ferma è meglio controllabile, sta dove lo collochi, e non può avere passioni; quindi non mette in moto nulla. 

Sotto l’enorme condizionamento sociale, l’anima ormai spenta si vedeva costretta a sottomettersi alla cappa esteriore, la quale volentieri bloccava l’energia spontanea delle anime, e del mondo.

Ancora oggi, forse, sussistono agenzie di plagio che ammantano di cose già morte o astratte [di maniera, altrui, comunque esterne] tutte le proposte della Provvidenza, e le stesse risorse di donne e uomini, o di carisma.

Il Figlio vero invece conquista spazi di libertà non tanto dagli errori, quanto ad es. dall’egoismo che annienta la comunione, dall’amor proprio che rifiuta l’ascolto, dall’omologazione che cancella l’unicità, dal conformismo che fa impallidire l’eccezionalità, dall’invidia che separa e blocca lo scambio dei doni, dalla competizione anche spirituale che ci droga; dall’accidia di chi crede di non valere abbastanza, che sconforta e paralizza.

 

«Figlio dell’uomo» non è dunque un titolo “religioso” o selettivo, ma una possibilità per tutti coloro che danno adesione alla proposta di vita del Signore, e la reinterpretano in modo creativo.

Essi superano i fermi e propri confini naturali, facendo spazio al Dono; accogliendo da Dio pienezza di essere, nei suoi nuovi, irripetibili binari.

Sentendosi totalmente e immeritatamente amati, scoprono altre sfaccettature, cambiano il modo di stare con se stessi, e possono crescere: si realizzano, fioriscono; irradiano la completezza ricevuta.

 

Uscendo dall’idea scarsa o statica che abbiamo di noi - problema grave in molte anime sensibili e dedite - anche la personalità relazionale può iniziare a immaginare.

E sognare, scoprendo di poter non dare più peso a coloro che vogliono condizionare il cammino di persona, in pienezza di essere, carattere, vocazione.

Chi attiva l’idea di potercela fare, trasmette poi la forza dello Spirito che ha ricevuto e accolto, e l’universo attorno fiorisce.

Emanando una differente atmosfera, la persona integrata nei suoi lati anche opposti, sente nascere consapevolezze, crea progetti, emette e attrae altre energie; le fa attivare.

Rapportandosi in modo interpersonale, Dio vuole estendere l’ambito in cui “regna” - a tutta l’umanità.

Chiesa senza confini visibili, che inizierà con il «Figlio dell’uomo». Figura non esclusiva di Gesù.

 

 

Figlio di Davide e Figlio dell’uomo

 

Questa prospettiva universalistica affiora, tra l’altro, dalla presentazione che Gesù fece di se stesso non solo come «Figlio di Davide», ma come «figlio dell’uomo» (Mc 10,33). Il titolo di «Figlio dell’uomo», nel linguaggio della letteratura apocalittica giudaica ispirata alla visione della storia nel Libro del profeta Daniele (cfr 7,13-14), richiama il personaggio che viene «con le nubi del cielo» (v. 13) ed è un’immagine che preannuncia un regno del tutto nuovo, un regno sorretto non da poteri umani, ma dal vero potere che proviene da Dio. Gesù si serve di questa espressione ricca e complessa e la riferisce a Se stesso per manifestare il vero carattere del suo messianismo, come missione destinata a tutto l’uomo e ad ogni uomo, superando ogni particolarismo etnico, nazionale e religioso. Ed è proprio nella sequela di Gesù, nel lasciarsi attrarre dentro la sua umanità e dunque nella comunione con Dio che si entra in questo nuovo regno, che la Chiesa annuncia e anticipa, e che vince frammentazione e dispersione.

[Papa Benedetto, Concistoro 24 novembre 2012]

 

Con l’immagine del Figlio d’uomo, già il profeta Daniele voleva indicare un ribaltamento dei criteri di autenticità umana e divina: un uomo o un popolo, leader, finalmente dal cuore di carne invece che di belva.

Nell’icona del «Figlio dell’uomo» gli evangelisti desiderano far trapelare e innescare il trionfo dell’umano sul disumano; la progressiva scomparsa di tutto ciò che blocca la comunicazione di esistenza piena, di totalità di energia profonda.

Il Popolo che riluce in modo divino non si trova più impigliato da paure, da manipolazioni, o isterismi, anzi porta al massimo tutta la sua variegata potenzialità d’amore, di effusione di vita.

‘Figlio dell’uomo’ - realtà possibile - è chiunque raggiunga completezza, fioritura della capacità di essere, nell’estensione dei rapporti. Con ciò entrando in sintonia con la sfera di Dio Creatore, Amante della vita.

Lo fa nelle sue variegate sfaccettature, e si fonde con Lui - diventando Uno. Creando abbondanza; non una finta identità.

«Figlio dell’uomo» è l’uomo che si comporta sulla terra come farebbe Dio stesso; insomma, che rende presente il divino e la sua forza dispiegata nella storia.

Quindi può permettersi di sostituire la cupa seriosità dell’essere pio e sottoposto, o la superficialità del sofisticato e disincarnato, con la sapiente ‘spensieratezza’ che rende tutto lieve [perché fa rima con naturalezza].

 

‘Figlio dell’uomo’ raffigura il massimo dell’umano, la Persona per eccellenza - nel suo Sé eminente, che diventa liberante invece che opprimente.

Le conseguenze sono inimmaginabili, perché ciascuno di noi in Cristo e per i fratelli e sorelle, non ha più percorsi morti, astratti, o altrui, da rifare.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

In che modo la figura di «Figlio dell’uomo» ti parla dei tuoi stessi pensieri e speranze personali, e qual è la differenza o il contrasto coi pensieri e le speranze dei manipolatori?

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Christianity cannot be, cannot be exempt from the cross; the Christian life cannot even suppose itself without the strong and great weight of duty [Pope Paul VI]
Il Cristianesimo non può essere, non può essere esonerato dalla croce; la vita cristiana non può nemmeno supporsi senza il peso forte e grande del dovere [Papa Paolo VI]
The horizon of friendship to which Jesus introduces us is the whole of humanity [Pope Benedict]
L’orizzonte dell’amicizia in cui Gesù ci introduce è l’umanità intera [Papa Benedetto]
However, the equality brought by justice is limited to the realm of objective and extrinsic goods, while love and mercy bring it about that people meet one another in that value which is man himself, with the dignity that is proper to him (Dives in Misericordia n.14)
L'eguaglianza introdotta mediante la giustizia si limita però all’ambito dei beni oggettivi ed estrinseci, mentre l'amore e la misericordia fanno si che gli uomini s'incontrino tra loro in quel valore che è l'uomo stesso, con la dignità che gli è propria (Dives in Misericordia n.14)
The Church invites believers to regard the mystery of death not as the "last word" of human destiny but rather as a passage to eternal life (Pope John Paul II)
La Chiesa invita i credenti a guardare al mistero della morte non come all'ultima parola sulla sorte umana, ma come al passaggio verso la vita eterna (Papa Giovanni Paolo II)
The saints: they are our precursors, they are our brothers, they are our friends, they are our examples, they are our lawyers. Let us honour them, let us invoke them and try to imitate them a little (Pope Paul VI)
I santi: sono i precursori nostri, sono i fratelli, sono gli amici, sono gli esempi, sono gli avvocati nostri. Onoriamoli, invochiamoli e cerchiamo di imitarli un po’ (Papa Paolo VI)
Man rightly fears falling victim to an oppression that will deprive him of his interior freedom, of the possibility of expressing the truth of which he is convinced, of the faith that he professes, of the ability to obey the voice of conscience that tells him the right path to follow [Dives in Misericordia, n.11]
L'uomo ha giustamente paura di restar vittima di una oppressione che lo privi della libertà interiore, della possibilità di esternare la verità di cui è convinto, della fede che professa, della facoltà di obbedire alla voce della coscienza che gli indica la retta via da seguire [Dives in Misericordia, n.11]
We find ourselves, so to speak, roped to Jesus Christ together with him on the ascent towards God's heights (Pope Benedict)
Ci troviamo, per così dire, in una cordata con Gesù Cristo – insieme con Lui nella salita verso le altezze di Dio (Papa Benedetto)
Church is a «sign». That is, those who looks at it with a clear eye, those who observes it, those who studies it realise that it represents a fact, a singular phenomenon; they see that it has a «meaning» (Pope Paul VI)
La Chiesa è un «segno». Cioè chi la guarda con occhio limpido, chi la osserva, chi la studia si accorge ch’essa rappresenta un fatto, un fenomeno singolare; vede ch’essa ha un «significato» (Papa Paolo VI)
Let us look at them together, not only because they are always placed next to each other in the lists of the Twelve (cf. Mt 10: 3, 4; Mk 3: 18; Lk 6: 15; Acts 1: 13), but also because there is very little information about them, apart from the fact that the New Testament Canon preserves one Letter attributed to Jude Thaddaeus [Pope Benedict]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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