Nov 23, 2025 Scritto da 

La scoperta di essere degni

Fede e Parola: Dio non è legato a un’espressione esterna

(Mt 8,5-11)

 

«L’essenziale è stare nell’ascolto di ciò che sale da dentro.
Le nostre azioni spesso non sono altro che imitazione, dovere ipotetico
o rappresentazione erronea di che cosa deve essere un essere umano.
Ma la sola vera certezza che tocca la nostra vita e le nostre azioni
può venire solo dalle sorgenti che zampillano nel profondo di noi stessi.
Si è a casa sotto il cielo si è a casa dovunque su questa terra se si porta tutto in noi stessi.
Spesso mi sono sentita, e ancora mi sento, come una nave che ha preso a bordo un carico prezioso:
le funi vengono recise e ora la nave va, libera di navigare dappertutto».

[Etty Hillesum, Diario]

 

Dice il Tao Tê Ching (LIII): «La gran Via è assai piana, ma la gente preferisce i sentieri».

Commentando il passo, i maestri Wang Pi e Ho-shang Kung sottolineano: «sentieri tortuosi».

La Fede incipiente di un pagano convertito è l’esempio che Gesù antepone a quella degli israeliti osservanti.

Ciò che guarisce è credere all’efficacia della sua sola Parola (vv.8-9.16), evento che possiede forza generatrice e ricreatrice.

Il Signore dimostra cura, in genere toccando i malati o imponendo le mani, quasi ad assorbire ciò che s’immaginava fosse impurità, alterazione rispetto alla normalità [una “febbre” o paralisi che si riteneva rendesse indegno agli occhi di Dio il bisognoso].

Nelle comunità di Galilea e Siria giudaizzanti, ancora a metà anni 70 ci si chiedeva: la nuova Legge di Dio proclamata su “il Monte” delle Beatitudini crea esclusioni?

O corrisponde alle speranze e alla sensibilità profonda del cuore umano, di ogni luogo e tempo (vv.10-12)?

I lontani possedevano una spiccata intuizione per le novità dello Spirito, e scoprivano il vissuto di Fede da altre posizioni - non installate, meno legate a concatenazioni conformi; forse scomode.

Non di rado erano proprio gli ultimi arrivati che si distinguevano per freschezza d’intuizione sostanziale - e vedevano chiaro.

Bastava comunicare a tu per Tu col Signore, in un senso d’amicizia sicura (v.6).

Non c’è bisogno di chissà quali aggiunte a questo segreto, per rinascere. Dio è Azione immediata (v.7).

La Relazione personale fra uomo comune e il Padre in Cristo è sobria e istantanea.

Partendo dalla sua semplice esperienza, il centurione comprende il valore “a distanza” della Parola e l’effetto-calamita della vera Fede [che non pretende ”contatti” o elementi materiali e locali: vv.8-9].

Insomma, il retaggio culturale e il conformismo religioso antico restavano un fardello.

Qua e là mancavano sia l’esperienza del Cristo Salvatore personale, che la completa scoperta della potenza di Vita piena contenuta nella nuova proposta totale e creatrice de «il Monte».

 

Mt scrive il suo Vangelo per incoraggiare i membri di comunità e stimolare la missione ai pagani, che appunto i giudeo cristiani non erano ancora pronti a fare propria.

Ma dire «Fede» (vv.10.13) significa caldeggiare un’adesione più profonda, e [insieme] una manifestazione meno forte.

Espressione di Fede personale non è ripetere o edulcorare una dottrina appresa, né la convinzione altrui.

Non c’è da temere: Dio ci ha preceduti; il diverso e lontano non è un estraneo, bensì fratello.

Pertanto, ciò che salva non è l’appartenenza a una tradizione o moda di pensiero e di culto.

Non esigere che il Signore arrivi in una certa forma significa non immaginarlo legato a una espressione esterna.

Lo si raggiunge e coglie solo intimamente, per visione certa - sgombra di convinzioni immaginate indispensabili - qualunque cosa accada.

Si rivelerà volta per volta nel modo più adatto ai nostri limiti.

 

I distanti da noi sono creature totalmente «degne» sebbene talora vacillanti e fallibili.

Non autonome, insufficienti, come tutti - per il fatto che non si rendono conto che Dio è nella loro carne e nel loro focolare.

Grazie a tale nitida consapevolezza nel Figlio, essi possono finalmente comprendere l’Amore supremo del Padre, gratuito, senza riserve; che sbalordisce, fa superare l’impaccio e li lancia.

Il pagano è condizionato dal suo mondo piramidale, ma incontrando Cristo si scopre persona totalmente adeguata e realizzata.

Non perché ha meritato o concesso favori al popolo eletto, o adempiuto uno speciale genere di osservanze (recitando formule da imprimatur).

Nel Signore, egli stesso viene educato a dilatare l’orizzonte della solita religione - fatta di rapporti verticali esterni.

Sebbene si riconosca manchevole [v.8 testo greco] intuisce che la sua relazione con Dio non dipende da uno scambio di favori.

Tale amicizia personale immediata e spontanea non si fa subalterna ad opere di legge, né scaturisce da norme di purità adempiute.

Tantomeno si assoggetta ad una relazione religiosa a testa china.

 

Il “lontano” comprende l’amore. In tal guisa, egli è già emancipato da una mentalità appariscente, epidermica, comune.

Nel Signore, egli stesso viene educato a dilatare l’orizzonte della solita religione.

Ritiene appunto che la Parola del Signore - per Via, fuori di luoghi e tempi sincronizzati o stabiliti - produca quel che afferma.

E lo realizzi anche a distanza; senza neppure segni clamorosi e perentori, che facciano baccano.

Piuttosto, liberando l’Energia misteriosa [ancora prigioniera] del «Logos» (v.7).

Verbo non convenzionale, che non gira a vuoto.

Ciò, malgrado questa Potenza si possa trovare mescolata a convincimenti talora contraddittori:

Egli è già lontano da una mentalità magica e carnale.

Ma deve ancora fare il passo decisivo, che lo farà crescere oltre - e ci riguarda da vicino.

 

La stima di sé dev’essere attitudine dei figli anche remoti, a ogni costo.

Non per sensazione recondita vaga o emotiva, bensì per Presenza garantita a prescindere - persino già operante, sebbene talora inconsapevole.

Interiorizzarla sarà opera - e il “di più” - della Fede matura, che vede, coglie, penetra le energie preparatorie in atto.

E le attualizza, anticipando futuro.

 

«Io non sono degno» è insieme a «Pietà di me» o «Figlio di Davide» - una delle espressioni più infelici della vita spirituale e missionaria.

Formule che Gesù aborrisce, sebbene siano divenute abituali in alcune espressioni della liturgia.

Il figlio prodigo prova con la medesima sconclusionata espressione [«non sono più degno»] a commuovere il Padre, che appunto non gli consente di finire l’assurda sviolinata.

Piuttosto gl’impedisce di considerarsi «uno dei suoi servi» e mettersi in ginocchio davanti a Lui [Lc 15,21ss].

Questo sarebbe davvero l’unico pericolo che pone a repentaglio tutta la vita; non solo un piccolo tratto di esistenza.

Per Fede in Cristo, da incompleti diventiamo non solo degnissimi, ma siamo così qui e ora Perfetti per realizzare la nostra Vocazione.

Certo, qualche ideologo o purista da mulino bianco potrebbe considerarci fuori moda, o ancora paganeggianti.

 

Il nostro grande e unico rischio è appunto quello di assorbire tali oppressive opinioni dall’ambiente, e lasciarci condizionare.

Ogni contorno funziona non di rado con la logica delle gerarchie ed i rapporti di forza, per cui ad es. l’inferiore non dovrebbe considerarsi allo stesso livello dell’anteposto.

Ma di questo passo non si riesce più a percepire il Cospetto divino.

Il Volto dell’Eterno è dentro noi e in casa nostra; non nella catena di comando con influssi condizionanti, bensì nel nostro ambiente e in chi ci affianca - anche oltre confine.

Famigliari, amici, persone care e non, sono sullo stesso piano. Vale anche con Dio: siamo faccia a faccia.

Neanche conta più lo schema “io e Tu”, col Figlio: perché - Incarnato diffusamente - ha piantato il suo Cielo nonché la sua stessa capacità terapeutica [addirittura di autoguarigione] «in» noi.

 

Grazie al Maestro non siamo più all’interno di una ideologia di sottomessi - identica a quella che vigeva nell’impero - né in una caserma ben disciplinata, a ruoli distinti e ambiti confinati.

L’assetto di correttezze esterne non attiene ai Vangeli.

Insomma, il Padre non chiede più a nessuno di obbedire a delle “autorità”, bensì di «somigliare» a Lui.

Ciò si realizza semplicemente corrispondendo - ciascuno di noi - a questa sorta di Presenza superiore che ci abita e ama.

È la fine delle vuote trafile: siamo intimi e consanguinei del nostro stesso Sé recondito, Volto sovreminente.

Non c’è assolutamente bisogno di «scongiurare» Dio (v.5) come se fossimo dei «subalterni» (v.9).

La nostra opera è quella di dissodare e acquisire un nuovo “occhio”, non di sottostare a organigrammi.

Lo sguardo rinato è intuitivo di altre virtù - non sottostà a nomenclature incapaci di fecondità immediata.

Basta con i sensi di manchevolezza!

Essi finiscono per introdurci in cappe e dinamiche a guglia (v.9) tipiche d’ogni feudalesimo stagnante.

Palude che annienta la potenza nuova d’amore - cronicizzando gli assetti.

Configurazioni ingessate da troppe noiose concatenazioni e monarchie locali [come ad es. constatiamo in provincia].

 

Nell’Ascolto naturale di se stessi e degli eventi, stima genuina e divina Gratuità ci guidano onda su onda verso un nuovo modo di vivere e scambiarsi doni.

Strada impervia per l’abitudine; per l’ovvietà che non sposta i pensieri, e non percepisce.

Cifra inaccessibile a coloro che agiscono per dovere - sentiero enigmatico, poco trasparente, subdolo e assai «tortuoso».

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Come intendi e coltivi la certa e libera Venuta di Gesù nella tua Casa?

 

 

Cattolica

 

La Chiesa è cattolica perché Cristo abbraccia nella sua missione di salvezza tutta l’umanità. Mentre la missione di Gesù nella sua vita terrena era limitata al popolo giudaico, «alle pecore perdute della casa d’Israele» (Mt 15,24), era tuttavia orientata dall’inizio a portare a tutti i popoli la luce del Vangelo e a far entrare tutte le nazioni nel Regno di Dio. Davanti alla fede del Centurione a Cafarnao, Gesù esclama: «Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli» (Mt 8,11). Questa prospettiva universalistica affiora, tra l’altro, dalla presentazione che Gesù fece di se stesso non solo come «Figlio di Davide», ma come «figlio dell’uomo» (Mc 10,33), come abbiamo sentito anche nel brano evangelico poc’anzi proclamato. Il titolo di «Figlio dell’uomo», nel linguaggio della letteratura apocalittica giudaica ispirata alla visione della storia nel Libro del profeta Daniele (cfr 7,13-14), richiama il personaggio che viene «con le nubi del cielo» (v. 13) ed è un’immagine che preannuncia un regno del tutto nuovo, un regno sorretto non da poteri umani, ma dal vero potere che proviene da Dio. Gesù si serve di questa espressione ricca e complessa e la riferisce a Se stesso per manifestare il vero carattere del suo messianismo, come missione destinata a tutto l’uomo e ad ogni uomo, superando ogni particolarismo etnico, nazionale e religioso. Ed è proprio nella sequela di Gesù, nel lasciarsi attrarre dentro la sua umanità e dunque nella comunione con Dio che si entra in questo nuovo regno, che la Chiesa annuncia e anticipa, e che vince frammentazione e dispersione.

[Papa Benedetto, allocuzione Concistoro 24 novembre 2012]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

The ancient priest stagnates, and evaluates based on categories of possibilities; reluctant to the Spirit who moves situations
Il sacerdote antico ristagna, e valuta basando su categorie di possibilità; riluttante allo Spirito che smuove le situazioni
«Even through Joseph’s fears, God’s will, his history and his plan were at work. Joseph, then, teaches us that faith in God includes believing that he can work even through our fears, our frailties and our weaknesses. He also teaches us that amid the tempests of life, we must never be afraid to let the Lord steer our course. At times, we want to be in complete control, yet God always sees the bigger picture» (Patris Corde, n.2)
«Anche attraverso l’angustia di Giuseppe passa la volontà di Dio, la sua storia, il suo progetto. Giuseppe ci insegna così che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza. E ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande» (Patris Corde, n.2)
Man is the surname of God: the Lord in fact takes his name from each of us - whether we are saints or sinners - to make him our surname (Pope Francis). God's fidelity to the Promise is realized not only through men, but with them (Pope Benedict).
L’uomo è il cognome di Dio: il Signore infatti prende il nome da ognuno di noi — sia che siamo santi, sia che siamo peccatori — per farlo diventare il proprio cognome (Papa Francesco). La fedeltà di Dio alla Promessa si attua non soltanto mediante gli uomini, ma con loro (Papa Benedetto)
In the communities of Galilee and Syria the pagans quickly became a majority - elevated to the rank of sons. They did not submit to nerve-wracking processes, but spontaneously were recognizing the Lord
Nelle comunità di Galilea e Siria i pagani diventavano rapidamente maggioranza - elevati al rango di figli. Essi non si sottoponevano a trafile snervanti, ma spontaneamente riconoscevano il Signore
And thus we must see Christ again and ask Christ: “Is it you?” The Lord, in his own silent way, answers: “You see what I did, I did not start a bloody revolution, I did not change the world with force; but lit many I, which in the meantime form a pathway of light through the millenniums” (Pope Benedict)
E così dobbiamo di nuovo vedere Cristo e chiedere a Cristo: “Sei tu?”. Il Signore, nel modo silenzioso che gli è proprio, risponde: “Vedete cosa ho fatto io. Non ho fatto una rivoluzione cruenta, non ho cambiato con forza il mondo, ma ho acceso tante luci che formano, nel frattempo, una grande strada di luce nei millenni” (Papa Benedetto)
Experts in the Holy Scriptures believed that Elijah's return should anticipate and prepare for the advent of the Kingdom of God. Since the Lord was present, the first disciples wondered what the value of that teaching was. Among the people coming from Judaism the question arose about the value of ancient doctrines…
Gli esperti delle sacre Scritture ritenevano che il ritorno di Elia dovesse anticipare e preparare l’avvento del Regno di Dio. Poiché il Signore era presente, i primi discepoli si chiedevano quale fosse il valore di quell’insegnamento. Tra i provenienti dal giudaismo sorgeva il quesito circa il peso delle dottrine antiche...
Gospels make their way, advance and free, making us understand the enormous difference between any creed and the proposal of Jesus

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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