(Mt 5,13-16)
«Opere Belle» [che esprimono pienezza] sono le opere buone, arricchite dallo splendore del disinteresse, dell’ascolto, dell’ospitalità, della preghiera e del dialogo umili, della fraternità cordiale.
Il termine plurale (v.16) indica la nostra vocazione a reinterpretare in modo personale l’Autoritratto del Cristo impresso nelle Beatitudini appena proclamate (vv.1-12).
Abbiamo ciascuno un ruolo insostituibile nei momenti di rottura d’equilibrio ed Esodo.
Siamo legittimati senza condizioni.
Dio ha rispetto per le carenze e le funzioni che mancano: chissà quali novità beate nascondono e stanno preparando.
Le Beatitudini hanno una loro fragranza, ma tutta personale. Il loro «sale» combatte l’insignificante delle speranze fatue.
E i figli guardano lontano, ma stanno con la “pasta”... restando un richiamo vivente: tra Dio e l’uomo [che è se stesso anche nella fraternità] c’è un legame inviolabile.
Infatti, «Luce» è quanto non si mescola con le cose, bensì le distingue.
Gli israeliti si ritenevano «Luce del mondo» per la loro devozione e la pratica religiosa impeccabile.
Per Gesù il fedele e la Comunità sono «Luce» perché camminano nella gloria amicale del Maestro.
Il discepolo e l’Assemblea sono «Sale» perché appaiono nel mondo in qualsiasi circostanza come coloro che gli danno senso, Sapienza [dal latino sapĕre, avere sapore].
Siamo chiamati a farci segno d’un Patto nuovo, perché l'inattesa Relazione del Monte che il Figlio propone non poteva più essere contenuta nella Prima Alleanza.
Alle antiche esigenze di purificazione Cristo sostituisce quelle della fraternità piena, la quale nella valorizzazione di ogni persona dona gusto e (appunto) sapore, e si fa lampada ai nostri passi.
Questo “secondo Patto” non schiaccia il popolo credente. Segno di un Padre che recupera e infonde orientamenti al sentiero individuale e delle Chiese - non dall’esterno, bensì a partire dalle nostre radici e a mo’ di fermento.
Diventiamo Beltà vivente grazie a un’attività pur imperfetta ma che ha il suo influsso sulla fioritura, da dentro.
Preservando così le persone dal disfacimento della disumanizzazione e corruzione - come il «sale» coi cibi.
«Sale e Luce» sono ogni piccolo elemento divino che ha un suo Mistero e Appello.
Le nostre candeline possono continuare a diradare le tenebre, ma solo fino a quando non le porremo sotto un «moggio» (v.15), ossia sotto pedissequa «misura» - che non sia quella differente, propulsiva e sempre inedita delle Beatitudini.
In Cristo veniamo guidati a un salto evolutivo: siamo Sapidità pur minuta delle cose, e Luci limitate, sì - ma non inibite.
La vita di Fede guida e stimola l’edificazione di un regno di Sapore e Amore personali, senza isterismi né intime dissociazioni.
Tale avventura si configura come Nuova Alleanza tra anima, realtà, mondo globale e locale, ‘segni del tempo’ e Mistero.
Luce di Libertà che coincide con la nostra Vocazione per Nome. Energia intelligente che sa trarre vita alternativa anche dalle ferite inferte.
[Martedì 10.a sett. T.O. 10 giugno 2025]