Ss. Trinità
Pr 8,22-31; Rom 5,1-5; Gv 16,12-15 (anno C)
La Scrittura attesta che il Signore procede col suo popolo e si manifesta nella storia, ma non è legato a un territorio o alture particolari, bensì alla donna e all’uomo.
L’Eterno è «Dio di Abramo e di Isacco e di Giacobbe» (Mt 22,32; Mc 12,26; Lc 20,37; cf. Es 3,6).
Egli è «Colui che sarà» [Es 3,14 testo ebraico] ossia: nello svolgersi degli eventi le persone fanno esperienza essenziale del Vivente come Liberatore, e Sposo [cf. l’oscillante vicenda affettiva di Osea].
Ma nella pienezza del suo cuore, unicamente Gesù lo manifesta - ancora nella Prima Alleanza confuso con un legislatore arcigno, notaio, giudice che interviene per tagliare o distinguere, poi attende per la resa dei conti.
L’Onnipotente sogna di trasmettere vita e creare Famiglia, non dividere amici incontaminati da nemici impuri, o capaci e incapaci.
Tale diventa l’intima espressione della donna e dell’uomo autentici; cifra dell’identità della Chiesa che non si pronuncia al minimo.
Carta d’identità dei figli è la fede in un Dio che crea, fa Alleanza, è vicino, redime, consente la fioritura in qualsiasi accadimento o età.
La prima Lettura mette in luce il Progetto del Padre, il quale dispiega il suo essere mentre viene assistito dalla deliziosa figura della Sapienza.
La Creazione riflette il proponimento d’amore divino, che si manifesta nell’incanto d’un passeggiare gioioso con noi.
Egli desidera rimanere sulla terra, senza condizioni.
Sua Beatitudine? La stessa nostra; di ogni creatura, che ama fiorire malgrado i conflitti.
Ciò appunto - se il figlio pur malfermo non si sente frutto del caso, anzi coglie gli attimi di confusione della vita come fossero quelli d’un cantiere [perché il Disegno sa dove andare].
Disordine, materiali accatastati, scompiglio, inediti a ogni pie’ sospinto; ma non ci si perde: dentro l'anima c’è l’immagine-prototipo di un ‘programma’ che consente tentativi ed errori, anzi fa leva su di essi.
È un Progetto che recupera tutte le energie sparse e i sentieri interrotti, creando varietà impensabili, quindi essenze svariate. Come farebbe un Genitore che si compiace della ricca prole, delle differenti opere dei suoi intimi nei più svariati campi, manifestate in mille sfaccettature.
Se il Progetto che guida è del Creatore, la vetta e l’Opera sono del Figlio.
La seconda Lettura fa comprendere che il Padre non ha considerato conclusa la sua attività concedendo il semplice input all’essere e alle essenze - abbandonando poi la realtà e gli uomini; e ritirandosi lassù.
Per Grazia, nella Fede siamo partecipi di Dio, abbiamo accesso diretto alla sua azione indipendente, a Lui stesso (Rm 5,2).
La Persona e vicenda di Gesù narrano di un Regno nel quale non si teme che la santità sia messa in pericolo dal contatto col mondo.
C’è un solo problema che taglia il Dialogo con l’Altissimo (v.3): credere che il nostro vanto sia di genere ovvio.
Di fronte ai nostri simili ci gloriamo di traguardi, ruoli, titoli e successi [capita anche nel cammino di perfezione religiosa]. Ma il Figlio annuncia che il Padre è solo Comprensione immeritata.
Impariamo finalmente che l’ossessione di farsi ammirare dall’esterno - e il piacere dell’approvazione a ogni costo - non sono affatto “la” Via.
Infatti la vera Scia - l’Opera genuina - è unicamente del Figlio, il quale avendo corrisposto sino in fondo all’iniziativa di Dio Padre, Giustifica.
L’Amico interiore poi non ci ‘rende giusti’ rivestendoci esteriormente e in modo puntuale, bensì in un processo esistenziale, che sposta gli equilibri (vv.3-4).
Il Signore opera nell’intimo tramite l’esperienza. Lo fa anche assediando “l’altro” noi-stessi che abbiamo messo da parte.
In tal guisa modificando il cuore rattrappito e migliorandoci con la sua Amicizia appassionata, riproposta in nuove opportunità di vita.
Il Vangelo fa appello al senso misterioso, incognito, del Dono totale di sé.
Non è semplice sostenerne il «peso» [Gv 16,12: allude alla Croce] né coglierne i risvolti e immaginarne la paradossale Fecondità.
Lo Sviluppo che ne sgorga è l’empatia, il portato, l’azione dello Spirito.
Gesto dispiegato che interiorizza questa proposta non solo stranissima, ma assurda: quella del trionfo nella perdita, e persino della Vita dalla morte.
Lo sperimentiamo in atto: nei recuperi inspiegabili che rendono gloria a Dio (v.14) [ossia rinnovano i rapporti] e rimettono in piedi persone che neppure hanno stima di sé.
Solo in questo modo si attua il Disegno di Salvezza.
Uscendo dall’ombra altrui, l’opportunista diventa giusto, il dubbioso più sicuro, l’infelice riprende a sperare; tutti possono vivere felicemente.
La Diversità accettata diventa impulso all’arricchimento e matrice di sviluppo.
L’identificazione sociale non c’entra più. In noi c’è altro.
Egli stesso è «Colui che sarà»: via le zavorre, il Meglio deve ancora Venire. Motivo per non scappare più dai grandi Desideri.
[Ss.Trinità, 15 giugno 2025]