Reputazione e obbedienza: crocevia della Verità di Fede
(Mt 10,34-11,1)
Ci chiediamo: cosa impedisce la crescita? Cosa viceversa rende intimi al Padre?
Portare la Croce è farsi “obbediente” alla propria Missione personale. Cristo vuole gente nuova e libera; non celebrità.
L’identificazione dell’apostolo è con la vita di Gesù di Nazaret, il pubblico ribelle alle autorità ufficiali, amico di pubblicani e peccatori (Mt 11,19) condannato per mancanza di conformismo.
Solo spingendoci verso il basso e incontrando il medesimo rifiuto, incontriamo Dio (v.40) nella Libertà da ogni forma di condizionamento.
Il fedele non è riconosciuto per gesti eroici (vv.41-42), o prestigio - bensì nella scelta sociale.
Si tratta di una istintiva predilezione verso il ceto in basso; quello che non resiste alla Novità di Dio.
Il missionario non è contraddistinto da qualità straordinarie: spicca nella piccolezza (v.42).
Chi apprezza solo cose grandi non edifica il nuovo Regno, perché sotto sotto coltiva la vecchia ideologia di potenza che a proclami condanna.
Un confronto fra i testi paralleli in lingua greca di Mt 10,38 e Lc 14,27 (Gv 12,26) fa comprendere il significato di «prendere» o «sollevare la croce» per un discepolo che rivive Cristo e lo dilata nella storia degli uomini.
L’amico di Gesù si gioca l’onore. La sua fonte di vita raggiunge il dono totale anche sotto il profilo della pubblica considerazione.
Dopo la sentenza di tribunale, il condannato al supplizio veniva costretto a caricarsi sulle spalle il braccio orizzontale del patibolo.
Era il momento più straziante, perché di massima solitudine e percezione di fallimento.
Lo sventurato e già svergognato doveva in tal guisa procedere al luogo della crocifissione passando fra due ali di folla che per dovere religioso deridevano e malmenavano il disgraziato - ritenuto maledetto da Dio.
Pertanto, ai suoi intimi Gesù non indica la Croce nel senso corrivo d’una necessaria sopportazione delle inevitabili contrarietà della vita, che poi attraverso l’esercizio forzato cesellerebbe animi più capaci di abbozzare [oggi si dice: resilienti].
Rispetto alle solite proposte di sana disciplina esteriore e interiore, uguali per tutti e utili solo per tenere buona la situazione, il Maestro sta viceversa suggerendo un comportamento assai più radicale.
Il Signore indica un’ascetica totalmente differente da quella delle tante credenze antiche, addirittura capovolta: la paradossale opportunità del rifiuto sprezzante presso l’opinione pubblica.
Il Padre non dà alcuna “croce”, né siamo tenuti ad accettarla per obbedienza o forza maggiore: il discepolo la «prende» (v.38) in modo non passivo, indipendentemente dal credito che si aspetta!
Insomma, il seguace di Cristo rinuncia alla reputazione e ad ogni vetrina di consenso esteriore.
È uno spunto essenziale, propulsivo, dirimente, della persona di Fede. L’impegno per la rinomanza è totalmente incompatibile; non diffonde vita senza limiti.
Chi è legato alla sua buona fama, ai ruoli, al personaggio da recitare, alla mansione, al livello acquisito, non somiglierà mai al Signore.
Così anche oggi l’annuncio dell’autentico Messia crea divisioni.
La «spada» della sua Persona (v.34) separa la vicenda di ciascuno dal mondo di valori del clan di appartenenza, o dall’idea di rispettabilità.
E carica ogni apostolo della Croce di beffe conseguenti.
Eppure la ‘notte’ che incalza può farci vivere più arditi, preparati all’azione e al Dialogo.
Quindi: nessun legame di domesticazione - neppure con Dio.
[Lunedì 15.a sett. T.O. 14 luglio 2025]