Mag 9, 2025 Scritto da 

Nonostante: vedere l’altro come membro attuale o futuro

Il Vangelo di oggi ci conduce nel Cenacolo per farci ascoltare alcune delle parole che Gesù rivolse ai discepoli nel “discorso di addio” prima della sua passione. Dopo aver lavato i piedi ai Dodici, Egli dice loro: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Ma in che senso Gesù chiama “nuovo” questo comandamento? Perché sappiamo che già nell’Antico Testamento Dio aveva comandato ai membri del suo popolo di amare il prossimo come se stessi (cfr Lv 19,18). Gesù stesso, a chi gli chiedeva quale fosse il più grande comandamento della Legge, rispondeva che il primo è amare Dio con tutto il cuore e il secondo amare il prossimo come se stessi (cfr Mt 22,38-39).

Allora, quale è la novità di questo comandamento che Gesù affida ai suoi discepoli? Perché lo chiama “comandamento nuovo”? L’antico comandamento dell’amore è diventato nuovo perché è stato completato con questa aggiunta: «come io ho amato voi», «amatevi voi come io vi ho amato». La novità sta tutta nell’amore di Gesù Cristo, quello con cui Lui ha dato la vita per noi. Si tratta dell’amore di Dio, universale, senza condizioni e senza limiti, che trova l’apice sulla croce. In quel momento di estremo abbassamento, in quel momento di abbandono al Padre, il Figlio di Dio ha mostrato e donato al mondo la pienezza dell’amore. Ripensando alla passione e all’agonia di Cristo, i discepoli compresero il significato di quelle sue parole: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri».

Gesù ci ha amati per primo, ci ha amati nonostante le nostre fragilità, i nostri limiti e le nostre debolezze umane. È stato Lui a far sì che diventassimo degni del suo amore che non conosce limiti e non finisce mai. Dandoci il comandamento nuovo, Egli ci chiede di amarci tra noi non solo e non tanto con il nostro amore, ma con il suo, che lo Spirito Santo infonde nei nostri cuori se lo invochiamo con fede. In questo modo – e solo così – noi possiamo amarci tra di noi non solo come amiamo noi stessi, ma come Lui ci ha amati, cioè immensamente di più. Dio infatti ci ama molto di più di quanto noi amiamo noi stessi. E così possiamo diffondere dappertutto il seme dell’amore che rinnova i rapporti tra le persone e apre orizzonti di speranza. Gesù sempre apre orizzonti di speranza, il suo amore apre orizzonti di speranza. Questo amore ci fa diventare uomini nuovi, fratelli e sorelle nel Signore, e fa di noi il nuovo Popolo di Dio, cioè la Chiesa, nella quale tutti sono chiamati ad amare Cristo e in Lui ad amarsi a vicenda.

L’amore che si è manifestato nella croce di Cristo e che Egli ci chiama a vivere è l’unica forza che trasforma il nostro cuore di pietra in cuore di carne; l’unica forza capace di trasformare il nostro cuore è l’amore di Gesù, se noi pure amiamo con questo amore. E questo amore ci rende capaci di amare i nemici e perdonare chi ci ha offeso. Io vi farò una domanda, ognuno risponda nel suo cuore. Io sono capace di amare i miei nemici? Tutti abbiamo gente, non so se nemici, ma che non va d’accordo con noi, che sta “dall’altra parte”; o qualcuno ha gente che gli ha fatto del male… Io sono capace di amare quella gente? Quell’uomo, quella donna che mi ha fatto del male, che mi ha offeso? Sono capace di perdonarlo? Ognuno risponda nel suo cuore. L’amore di Gesù ci fa vedere l’altro come membro attuale o futuro della comunità degli amici di Gesù; ci stimola al dialogo e ci aiuta ad ascoltarci e conoscerci reciprocamente. L’amore ci apre verso l’altro, diventando la base delle relazioni umane. Rende capaci di superare le barriere delle proprie debolezze e dei propri pregiudizi. L’amore di Gesù in noi crea ponti, insegna nuove vie, innesca il dinamismo della fraternità. La Vergine Maria ci aiuti, con la sua materna intercessione, ad accogliere dal suo Figlio Gesù il dono del suo comandamento, e dallo Spirito Santo la forza di praticarlo nella vita di ogni giorno.

[Papa Francesco, Regina Coeli 19 maggio 2019]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Email nespeca@noemail.it
Are we not perhaps all afraid in some way? If we let Christ enter fully into our lives, if we open ourselves totally to him, are we not afraid that He might take something away from us? Are we not perhaps afraid to give up something significant, something unique, something that makes life so beautiful? Do we not then risk ending up diminished and deprived of our freedom? (Pope Benedict)
Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura - se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui – paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell’angustia e privati della libertà? (Papa Benedetto)
For Christians, volunteer work is not merely an expression of good will. It is based on a personal experience of Christ (Pope Benedict)
Per i cristiani, il volontariato non è soltanto espressione di buona volontà. È basato sull’esperienza personale di Cristo (Papa Benedetto)
"May the peace of your kingdom come to us", Dante exclaimed in his paraphrase of the Our Father (Purgatorio, XI, 7). A petition which turns our gaze to Christ's return and nourishes the desire for the final coming of God's kingdom. This desire however does not distract the Church from her mission in this world, but commits her to it more strongly [John Paul II]
‘Vegna vêr noi la pace del tuo regno’, esclama Dante nella sua parafrasi del Padre Nostro (Purgatorio XI,7). Un’invocazione che orienta lo sguardo al ritorno di Cristo e alimenta il desiderio della venuta finale del Regno di Dio. Questo desiderio però non distoglie la Chiesa dalla sua missione in questo mondo, anzi la impegna maggiormente [Giovanni Paolo II]
Let our prayer spread out and continue in the churches, communities, families, the hearts of the faithful, as though in an invisible monastery from which an unbroken invocation rises to the Lord (John Paul II)
La nostra preghiera si diffonda e continui nelle chiese, nelle comunità, nelle famiglie, nei cuori credenti, come in un monastero invisibile, da cui salga al Signore una invocazione perenne (Giovanni Paolo II)
"The girl is not dead, but asleep". These words, deeply revealing, lead me to think of the mysterious presence of the Lord of life in a world that seems to succumb to the destructive impulse of hatred, violence and injustice; but no. This world, which is yours, is not dead, but sleeps (Pope John Paul II)
“La bambina non è morta, ma dorme”. Queste parole, profondamente rivelatrici, mi inducono a pensare alla misteriosa presenza del Signore della vita in un mondo che sembra soccombere all’impulso distruttore dell’odio, della violenza e dell’ingiustizia; ma no. Questo mondo, che è vostro, non è morto, ma dorme (Papa Giovanni Paolo II)
Today’s Gospel passage (cf. Lk 10:1-12, 17-20) presents Jesus who sends 72 disciples on mission, in addition to the 12 Apostles. The number 72 likely refers to all the nations. Indeed, in the Book of Genesis 72 different nations are mentioned (cf. 10:1-32) [Pope Francis]
L’odierna pagina evangelica (cfr Lc 10,1-12.17-20) presenta Gesù che invia in missione settantadue discepoli, in aggiunta ai dodici apostoli. Il numero settantadue indica probabilmente tutte le nazioni. Infatti nel libro della Genesi si menzionano settantadue nazioni diverse (cfr 10,1-32) [Papa Francesco]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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