Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Lunedì, 09 Giugno 2025 04:54

Trinità Francescana

Lunedì, 09 Giugno 2025 03:31

Bellezza che ferisce. E i veri Perfetti

Nel brano odierno Matteo presenta Gesù intento ad evidenziare la vera perfezione secondo il Vangelo.

Nostro prossimo non sono solo i connazionali - come gli Ebrei tendevano, allora, a considerare - ma ogni fratello incontrato.

Il Signore esorta ad amare e pregare per chi ci perseguita. Qui riposa l’autentica santità.

 

In Chiara d’Assisi l’avventura della fede estrema conduceva alla Bellezza che ferisce.

Aveva occhi attenti a tutte le cose, scoprendo in ogni vicenda la Presenza di Cristo, cui voleva conformarsi.

Sì, la vita di Chiara è testimonianza che grida oltre le mura del Monastero.

Dicono le Fonti:

“Lavava lei stessa i sedili delle inferme, li detergeva proprio lei, con quel suo nobile animo, senza rifuggire dalle sozzure né schifare il fetore.

Molto spesso lavava i piedi delle servigiali che tornavano da fuori e, lavatili, li baciava.

Una volta lavava i piedi di una di queste servigiali: mentre stava per baciarli, quella, non sopportando un’umiliazione così grande, ritrasse il piede e nel gesto colpì col piede in viso la sua signora.

Ma ella riprese con dolcezza il piede della servigiale e vi impresse, sotto la pianta, ben aderente un bacio” (FF 3181-3182)

Francesco e Chiara sapevano che i veri Perfetti nel Regno di Dio sono coloro che non demordono e vanno sino in fondo.

Come le stesse Fonti trasmettono, in una Ammonizione ai suoi frati, Francesco sottolinea:

«Sono dunque nostri amici tutti coloro che ingiustamente ci infliggono tribolazioni e angustie, ignominie e ingiurie, dolori e sofferenze […] li dobbiamo amare molto perché a motivo di ciò che essi ci infliggono, abbiamo la vita eterna» (FF 56).

Ma Chiara stessa vinceva il male con il bene della sua orazione umile, come fece dinanzi all’invasione di Vitale d’Aversa, al servizio dell’imperatore Federico II. Infatti guidava l’esercito contro Assisi.

Ma secondo le Fonti:

“Quando lo venne a sapere Chiara, serva di Cristo, fu scossa da profondo dolore, chiamate a sé le sorelle disse:

«Da questa città riceviamo ogni giorno molti beni […] sarebbe grande empietà non portarle soccorso, come possiamo, ora che è il momento opportuno.

Andate dal Signore nostro e domandategli con tutto il cuore la liberazione della città» (FF 3203).

Il mattino seguente quell’uomo superbo fu costretto ad andarsene, contrariamente ai suoi disegni - e l’esercito disperso.

 

«Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché diventiate figli del Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,44a)

 

 

Martedì 11.a sett. T.O.  (Mt 5,43-48)

Domenica, 08 Giugno 2025 04:18

Bellezza che ferisce

Nel Vangelo di oggi Gesù lancia un messaggio ben preciso: donare a chi ha bisogno:

«A chi ti chiede, dà, e a chi vuole avere un prestito da te non voltare le spalle» (Mt 5,42).

Francesco era uomo semplice e vero; sussultava al solo nominare l’amore di Dio e faceva di tutto per aiutare chi si trovasse in necessità.

Innumerevoli passi delle Fonti descrivono la sua incredibile carità verso chiunque gli chiedesse aiuto in nome di Dio, rimanendo nudo pur di sfamare l’esigenza altrui.

La Vita seconda del Celano c’informa nel merito:

"Una volta un povero gli chiese la carità per amore di Dio. Siccome non aveva nulla, il Santo prese di nascosto le forbici e si preparò a spartire la sua misera tonaca.

E l’avrebbe certamente fatto se non fosse stato scoperto dai frati, ai quali però ordinò di provvedere con altro compenso al povero" (FF 784).

E un giorno, incontrando due frati francesi, accadde quanto segue:

"Capitò a due frati della Francia, uomini di grande santità, d’incontrare Francesco; ne provarono una gioia incredibile, tanto più che da lungo tempo erano tormentati da questo desiderio.

Dopo tenere effusioni di affetto ed uno scambio soave di parole, furono spinti dalla loro ardente devozione a chiedere a Francesco la tonaca.

Il Santo se ne spogliò subito, rimanendo seminudo e gliela diede devotissimamente; poi indossò, con pio scambio, quella più povera di uno di loro.

Era pronto a dare non soltanto simili cose, ma a dare tutto se stesso, e quanto gli veniva chiesto, lo donava con la massima gioia" (FF 767).

 

Anche Chiara d’Assisi, serafica pianta di Francesco, fu sempre generosa con le sorelle e con i poveri.

In lei l’avventura della fede estrema conduceva alla Bellezza che ferisce. Aveva occhi attenti a tutte le cose, scoprendo in ogni vicenda la Presenza di Cristo, cui voleva conformarsi. Sì, la vita di Chiara è testimonianza che grida oltre le mura del Monastero.

La Leggenda narra che, ancor giovanetta, donava a chi aveva bisogno di tutto, senza esitazione.

"Stendeva volentieri la mano ai poveri e dall’abbondanza della sua casa traeva di che supplire all’indigenza di moltissimi […]

Così crescendo con lei, fin dall’infanzia, la misericordia, aveva un animo sensibile alla sofferenza altrui, e si piegava compassionevole sulle miserie degli infelici" (FF 3158).

Il donare se stessi e ciò di cui il prossimo necessitava era inscritto nel loro DNA spirituale, esaltato dalla potenza dello Spirito di Dio in modo mirabile.

Alla mentalità dell’avere i Due Poveri contrapposero quella evangelica del ‘dare senza contare’, gratuitamente.

 

 

Lunedì dell’11.a sett. T.O.  (Mt 5,38-42)

Sabato, 07 Giugno 2025 06:21

Dimorare

Nella solennità Trinitaria il pensiero corre a come Francesco e Chiara vissero tale Mistero di Unità e Condivisione.

Scorrendo le Fonti, ci accorgiamo che le esperienze delle origini erano circondate dalla benedizione del Mistero grande.

Per esempio, il Testamento di Francesco si conclude così:

" «E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione dell’Altissimo Padre, e in terra sia ricolmo della benedizione del suo Figlio diletto col santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi.

Ed io frate Francesco piccolino, vostro servo,  per quel poco che io posso, confermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizione. Amen» " (FF 131).

In Regola non bollata, nello specifico: Ammonizione ai frati - così li esorta:

" «E sempre costruiamo in noi una casa e una dimora permanente a Lui, che è il Signore Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo… E adoriamolo con cuore puro» "  (FF 61).

Nella medesima Regola, più avanti:

" «E ovunque, noi tutti, in ogni luogo, in ogni ora e in ogni tempo, ogni giorno e ininterrottamente crediamo veramente e umilmente e teniamo nel cuore e amiamo, onoriamo, adoriamo, serviamo, lodiamo e benediciamo, glorifichiamo ed esaltiamo, magnifichiamo e rendiamo grazie all’Altissimo e sommo eterno Dio, Trinità e Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose e Salvatore di tutti coloro che credono e sperano in lui e amano lui; che è senza inizio e senza fine, immutabile, invisibile, inenarrabile, ineffabile, incomprensibile, ininvestigabile, benedetto, degno di lode, glorioso, sopraesaltato, sublime, eccelso, soave, amabile, dilettevole e tutto sopra tutte le cose desiderabile nei secoli dei secoli. Amen» " (FF 71).

Il Mistero trinitario è illustrato dagli attributi usati dal Poverello.

E nella Leggenda dei Tre compagni c’è un passo che evidenzia come Francesco, riguardo alla forma di vita da seguire (lui e i suoi compagni) interpellasse le Sacre Scritture.

"Vero adoratore della Trinità, volle l’appoggio di tre testimoni; per cui aprì il libro una seconda e una terza volta.

Ad ogni apertura del libro, Francesco rendeva grazie a Dio, che approvava l’ideale da lui lungamente vagheggiato" (FF 1431).

E Chiara stessa, all’inizio del suo Testamento spirituale, così esordisce:

" «Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Il Signore vi benedica e vi custodisca.

Mostri a voi la sua faccia e vi usi misericordia» " (FF 2854).

I due Poveri assisani fecero della Trinità la loro dimora, il Tesoro inesauribile cui attingere Luce e Amore, Comunione e poliedricità.

 

«Tutto quanto ha il Padre è mio; per questo ho detto che riceve dal mio e ve [lo] annunzierà» (Gv 16,15)

 

 

Domenica della SS. Trinità C  (Gv 16,12-15)

Venerdì, 06 Giugno 2025 05:41

Oltre la legge, Giustizia superiore

Il lungo brano di questa domenica, tratto dal Vangelo di Matteo, affronta vari temi.

Fra questi l’urgenza di superare il legalismo degli scribi e farisei, compiendo la volontà di Dio con cura.

Quasi senza accorgersene, Francesco fu un grande maestro spirituale.

Per Grazia, era convinto che la giustizia va sempre a braccetto con la misericordia.

Una giustizia lontana dal rigidismo bieco, desiderosa di esprimersi nel compimento della volontà di Dio, nel rispetto del fratello sempre.

Le Fonti francescane insegnano molto in merito.

"Se talora accadeva che a un fratello sfuggisse una parola capace di ferire, il rimorso di coscienza non gli lasciava aver pace, finché non confessava il suo sbaglio, gettandosi a terra umilmente e pregando l’offeso a mettergli un piede sulla bocca.

Se quel fratello si rifiutava di compiere quel gesto, quando l’offensore era il suo superiore, gli comandava di mettergli il piede sulla bocca; quando era un suddito, glielo faceva ordinare dal responsabile.

In questo modo i frati s’impegnavano a scacciare qualunque rancore e incompatibilità, e a conservare intatto l’amore scambievole.

Facevano il possibile per sostituire a ogni vizio la virtù corrispondente, ispirati e coadiuvati in questo dalla Grazia di Gesù Cristo" (FF 1449).

 

Giustizia e Misericordia da cercare, da chiedere a Dio innanzitutto nella preghiera e nel silenzio, poiché un cuore nuovo è dono del Signore, di un esodo continuo.

Nella Regola degli eremi, scritta da Francesco, infatti, leggiamo:

«E questi [i frati] abbiano un chiostro, nel quale ciascuno abbia una sua piccola cella, nella quale possa pregare e dormire […] e si alzino per il mattutino, e prima di tutto ricerchino il regno di Dio e la sua giustizia» (FF 137).

Nelle stesse Lodi di Dio Altissimo, Francesco evidenzia che Dio è Giustizia:

«[…] Tu sei giustizia,

Tu sei temperanza,

Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza» (FF 261).

Il Poverello, sapendo che il Signore-Giustizia chiamava ad averne superiore a quella di maniera, s’impegnò senza tregua per il Regno dei cieli, e cercò di insegnare ai suoi frati a fare altrettanto.

Mai dimenticò che la misericordia ha sempre la meglio, nel giudizio dinanzi a Dio.

 

«Vi dico infatti che se la vostra giustizia non abbonderà di più [quella] degli scribi e farisei, non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt 5,20).

Il Povero d’Assisi stimava il matrimonio nella vita cristiana come luogo di testimonianza dell’amore fontale di Dio per l’uomo e la donna, sapendo accogliere e attendere in ogni situazione i tempi di Dio.

Nelle Fonti è narrato che, una volta, si recò da lui una nobildonna per chiedere al Santo il rimedio verso un marito molto cattivo, che la osteggiava nel servizio di Cristo.

“Dopo averla ascoltata, le disse:  «Va’ in pace e sta’ sicura che fra poco avrai dal tuo uomo la consolazione che desideri».

E aggiunse: «Gli dirai da parte di Dio e mia che ora è tempo di misericordia, poi, di giustizia».

Ricevuta la benedizione, la donna ritorna, trova il marito e gli riferisce quelle parole.

Scende sopra di lui lo Spirito Santo che, trasformandolo in un uomo nuovo, così lo induce a rispondere con tutta mansuetudine: «Signora mettiamoci a servire il Signore e salviamo l’anima nostra».

Dietro esortazione della santa moglie, condussero una vita da celibi per parecchi anni, finché ambedue nello stesso giorno tornarono al Signore” (FF 1193 - Leggenda maggiore).

Ma per chi, come Francesco e Chiara d’Assisi, segue la propria chiamata a farsi discepolo/a in povertà al seguito di Cristo [eunuchi per il Regno di Dio] la vita si svolge diversamente.

Leggiamo a riguardo di S. Chiara:

“Quando dunque cominciò ad avvertire i primi stimoli del santo amore, ritenne spregevole il perituro e falso fiore della mondanità, istruita dall’unzione dello Spirito Santo ad attribuire scarso valore alle cose che ne hanno poco.

E infatti sotto le vesti preziose e morbide portava nascostamente un piccolo cilicio, apparendo al di fuori adorna per il mondo, ma rivestendosi interiormente di Cristo.

Infine, volendola i suoi accasare nobilmente, non acconsentì in alcun modo: ma, fingendo di voler rimandare a più tardi le nozze terrene, affidava al Signore la sua verginità” (FF 3160).

 

 

Venerdì 10.a sett. T.O.  (Mt 5,27-32)

Mercoledì, 04 Giugno 2025 05:33

Tornare a sincera concordia

Gesù mette in guardia dalla spietata giustizia farisaica,  spronando al rispetto di ogni fratello e alla riconciliazione, sapore della vita di figli.

Francesco fu un grande maestro spirituale, quasi senza accorgersene.

Era convinto, per Grazia, che la giustizia va sempre a braccetto con la misericordia.

Una giustizia lontana dal rigidismo legalista, desiderosa di esprimersi nel compimento della volontà di Dio, nel rispetto del fratello sempre.

Nel periodo in cui era molto malato, Francesco seppe che il vescovo d’Assisi aveva scomunicato il podestà della città e che questi aveva messo in piedi rappresaglie varie contro il medesimo.

Malato com’era fu preso da pietà per loro, preoccupato che nessuno s’interessasse a ristabilire tra i due la concordia e la Pace.

Allora parlò ai suoi frati.

Troviamo nelle Fonti: ”Grande vergogna è per noi, servi di Dio, che il vescovo e il podestà si odino talmente l’un l’altro, e nessuno si prenda pena di rimetterli in pace”.

Compose allora una strofa da aggiungere alle Laudi (oggi conosciute come Cantico delle creature).

“…LAUDATO SI, MI SEGNORE/

PER QUILLI KE PERDONANO PER LO TUO AMORE/

E SUSTENGU ENFIRMITATE ET TRIBULACIONE/

BEATI QUILGLI KEL SOSTERRANNO IN PACE,/

KA DA TE, ALTISSIMO, SIRANO CORONATI.”

 

Questa strofa fu fatta cantare da Francesco ai suoi frati sullo spiazzo dell’episcopio, alla presenza delle due parti in causa e di altre persone.

Così Francesco favorì santamente la loro riconciliazione e il vescovo prese fra le braccia il podestà dicendo: ”Per la carica che ricopro dovrei essere umile. Purtroppo ho un temperamento portato all’ira. Ti prego di perdonarmi“.

E così i due si abbracciarono e baciarono cordialmente.

Il Signore, tramite Francesco, aveva toccato il cuore dei due avversari che, senza più ricordare gli insulti reciproci, tornarono a sincera concordia. (cf. FF 1593)

Giustizia e Misericordia da cercare, da chiedere a Dio innanzitutto nella preghiera e nel silenzio, poiché un cuore nuovo è dono del Signore, di un esodo continuo.

Nella Regola degli eremi, scritta da Francesco, infatti, leggiamo:

«E questi [i frati] abbiano un chiostro, nel quale ciascuno abbia una sua piccola cella, nella quale possa pregare e dormire […] e si alzino per il mattutino, e prima di tutto ricerchino il regno di Dio e la sua giustizia» (FF 137).

Nelle stesse Lodi di Dio Altissimo, Francesco evidenzia che Dio è giustizia:

«[…] Tu sei giustizia,

Tu sei temperanza,

Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza» (FF 261).

Il Poverello, sapendo che il Signore-Giustizia chiamava ad averne una più grande di quella di maniera, s’impegnò a fondo per il Regno dei cieli e cercò di insegnare ai suoi frati a fare altrettanto.

Mai dimenticò che la misericordia ha sempre la meglio nel giudizio dinanzi a Dio.

 

«Vi dico infatti che se la vostra giustizia non abbonderà di più [quella] degli scribi e farisei, non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt 5,20)

 

 

Giovedì 10.a sett. T.O. (Mt 5,20-26)

Nel brano di Vangelo oggi proposto, Gesù parla dell’essere venuto per dare pieno compimento alla Legge.

Quindi non demolire o trasgredire la Parola, ma osservarla amando. L’amore è il vero compimento della Legge del Signore, che è perfetta e rinfranca l’anima.

Francesco lo aveva ben compreso vivendo e insegnando alla sua fraternità a fare altrettanto.

Le Fonti forniscono, attraverso vari tasselli, preziosi esempi di vita. Nella Lettera ai reggitori dei popoli:

«Vi supplico […] con tutta la riverenza di cui sono capace, di non dimenticare il Signore, assorbiti come siete dalle cure e preoccupazioni di questo mondo, e di non deviare dai suoi comandamenti, poiché tutti coloro che dimenticano il Signore e si allontanano dai comandamenti di lui, sono maledetti e saranno dimenticati da lui» (FF 211).

Al tempo stesso il Poverello, con quell’equilibrio ed elasticità che lo contraddistingueva, sottolinea:

«E ogniqualvolta sopravvenga la necessità, sia consentito a tutti i frati, ovunque si trovino, di prendere tutti i cibi che gli uomini possono mangiare, così come il Signore dice di David, il quale mangiò i pani dell’offerta che non era permesso mangiare se non ai sacerdoti […] Similmente, ancora, in tempo di manifesta necessità tutti i frati provvedano per le cose loro necessarie così come il Signore darà loro la grazia, poiché la necessità non ha legge» (FF 33).

 

Secondo il pensiero di Francesco, ciò che danneggia l’amore è la detrazione. Infatti, nella Leggenda maggiore, leggiamo:

"Il vizio della detrazione, nemico radicale della pietà e della grazia, lo aveva in orrore come il morso del serpente e come la più dannosa pestilenza […]

«La cattiveria dei detrattori - diceva - è tanto maggiore di quella dei ladri, quanto maggiore è la forza con cui la legge di Cristo, che trova il suo compimento nell’amore, ci obbliga a bramare la salvezza delle anime più di quella dei corpi»" (FF 1141).

 

Chiara stessa, nella Regola avverte:

«Ammonisco, poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino le sorelle da ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, cura e sollecitudine di questo mondo, dalla detrazione e mormorazione, dalla discordia e divisione» (FF 2809).

«Siano invece sollecite di conservare sempre reciprocamente l’unità della scambievole carità, che è il vincolo della perfezione» (FF 2810).

L’Amore era la Regola dei frati e delle Povere Dame di San Damiano: «[…] e così, portando il giogo della carità vicendevole, con facilità adempiremo la legge di Cristo. Amen.» (FF 2918 - Lettera a Ermentrude di Bruges).

 

«Non crediate che io sia venuto ad abbattere la Legge o i Profeti; non sono venuto a demolire, ma a dare compimento» (Mt 5,17)

 

 

Mercoledì 10.a sett. T.O.  (Mt 5,17-19)

Lunedì, 02 Giugno 2025 06:19

La luce e il sale della vita

Nel Vangelo odierno Gesù parla della testimonianza da dare con la vita, per essere sale e luce per tutti.

Francesco, nel suo percorso di fede, si studiò di piacere a Dio con un’esistenza sapida e un vivere luminoso, irrigato dalla Grazia.

La stessa Chiara, sempre unita allo Sposo Gesù, fu profeticamente eletta per essere quanto il suo stesso nome significava: luce, chiarore per il mondo.

Nelle Fonti la loro testimonianza rifulge.

Nella Lettera di frate Elia, scritta subito dopo la morte di Francesco, è evidente l’esperienza dei frati fatta accanto al loro padre e il profumo di vita respirato.

"Veramente era la vera luce la presenza del fratello e padre nostro Francesco, non solo per noi che gli eravamo compagni nella medesima professione di vita, ma anche per quelli che erano lontani.

Era, infatti, una luce suscitata dalla luce vera, quella che illumina quanti erano nelle tenebre e sedevano nell’ombra della morte, per dirigere i loro passi sulla via della pace.

Questo egli ha fatto, come vera luce meridiana.

La luce che veniva dall’alto illuminava il suo cuore e riscaldava la volontà di lui col fuoco del suo amore" (FF 307).

Questa l’esperienza di chi lo conobbe da vicino.

Ma Chiara stessa, nell’epistolario compilato per il meraviglioso dialogo con Agnese di Boemia, offre dei passi che sono la misura del suo cuore e della sua vita-luce.

Nella quarta lettera leggiamo:

«E poiché questa visione di lui è splendore dell’eterna gloria, chiarore della luce perenne e specchio senza macchia, ogni giorno porta l’anima tua, o regina, sposa di Gesù Cristo, in questo specchio e scruta in esso continuamente il tuo volto, perché tu possa così adornarti tutta all’interno e all’esterno, vestita e circondata di varietà, e sii parimenti adorna con i fiori e le vesti di tutte le virtù, come conviene a te, figlia e sposa carissima del sommo Re» (FF 2902).

La purezza in Francesco e Chiara aveva raggiunto livelli tali da far sì che tutta la macchina del mondo, come dice San Bonaventura, si era messa al servizio dei sensi santificati di queste due splendide figure.

Tutto nella loro povera e semplice esistenza diveniva testimonianza chiara e di spessore, a lode di Dio.

 

«Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre belle opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16)

 

 

Martedì della 10.a sett. T.O. (Mt 5,13-16)

Domenica, 01 Giugno 2025 20:24

Pentecoste Francescana

Pagina 4 di 11
As the cross can be reduced to being an ornament, “to carry the cross” can become just a manner of speaking (John Paul II)
Come la croce può ridursi ad oggetto ornamentale, così "portare la croce" può diventare un modo di dire (Giovanni Paolo II)
Without love, even the most important activities lose their value and give no joy. Without a profound meaning, all our activities are reduced to sterile and unorganised activism (Pope Benedict)
Senza amore, anche le attività più importanti perdono di valore, e non danno gioia. Senza un significato profondo, tutto il nostro fare si riduce ad attivismo sterile e disordinato (Papa Benedetto)
Are we not perhaps all afraid in some way? If we let Christ enter fully into our lives, if we open ourselves totally to him, are we not afraid that He might take something away from us? Are we not perhaps afraid to give up something significant, something unique, something that makes life so beautiful? Do we not then risk ending up diminished and deprived of our freedom? (Pope Benedict)
Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura - se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui – paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell’angustia e privati della libertà? (Papa Benedetto)
For Christians, volunteer work is not merely an expression of good will. It is based on a personal experience of Christ (Pope Benedict)
Per i cristiani, il volontariato non è soltanto espressione di buona volontà. È basato sull’esperienza personale di Cristo (Papa Benedetto)
"May the peace of your kingdom come to us", Dante exclaimed in his paraphrase of the Our Father (Purgatorio, XI, 7). A petition which turns our gaze to Christ's return and nourishes the desire for the final coming of God's kingdom. This desire however does not distract the Church from her mission in this world, but commits her to it more strongly [John Paul II]
‘Vegna vêr noi la pace del tuo regno’, esclama Dante nella sua parafrasi del Padre Nostro (Purgatorio XI,7). Un’invocazione che orienta lo sguardo al ritorno di Cristo e alimenta il desiderio della venuta finale del Regno di Dio. Questo desiderio però non distoglie la Chiesa dalla sua missione in questo mondo, anzi la impegna maggiormente [Giovanni Paolo II]
Let our prayer spread out and continue in the churches, communities, families, the hearts of the faithful, as though in an invisible monastery from which an unbroken invocation rises to the Lord (John Paul II)
La nostra preghiera si diffonda e continui nelle chiese, nelle comunità, nelle famiglie, nei cuori credenti, come in un monastero invisibile, da cui salga al Signore una invocazione perenne (Giovanni Paolo II)
"The girl is not dead, but asleep". These words, deeply revealing, lead me to think of the mysterious presence of the Lord of life in a world that seems to succumb to the destructive impulse of hatred, violence and injustice; but no. This world, which is yours, is not dead, but sleeps (Pope John Paul II)
“La bambina non è morta, ma dorme”. Queste parole, profondamente rivelatrici, mi inducono a pensare alla misteriosa presenza del Signore della vita in un mondo che sembra soccombere all’impulso distruttore dell’odio, della violenza e dell’ingiustizia; ma no. Questo mondo, che è vostro, non è morto, ma dorme (Papa Giovanni Paolo II)

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