(Mt 16,24-28)
Tutto ciò che facciamo è motivato dalla ricerca di pienezza di essere e felicità - anche il rischio. Ci siamo appassionati al cammino nello Spirito per lo stesso motivo: avere un incremento di vita.
Ma nella proposta del Maestro cogliamo una logica sconcertante: per porsi al riparo da vane illusioni che ci degradano, non bisogna precipitarsi ad agguantare ruoli prestigiosi, beni, relazioni che contano.
Le cose più attraenti e vistose, permangono esterne e infeconde. Non rigenerano.
Invece… attesa, ascolto, esercizio di virtù passive, amarezza e sconfitta, chiamano a rientrare in noi stessi - e stanno preparando gli sviluppi futuri più pertinenti e fondati, proprio a favore di un’esistenza piena.
Ma nell’equivoco, anche coloro che non temono sacrifici possono oscillare, perché la Via di Cristo sembra condurci subito ai motteggi, al fallimento.
Anche per Gesù l'evangelizzazione degli Apostoli e dei “vicini” - tutti intenti ad ammorbidire e attenuare i suoi Sogni immoderati - non è stato un gioco da ragazzi.
Eppure il Maestro non si fa prendere in ostaggio - anzi è Lui che ha collocato il capo dei discepoli al suo posto (vv.22-23).
La croce era pena di morte e onta perenne riservata agli schiavi ribelli; banditi, sovversivi, disadattati che rifiutavano la loro posizione di emarginazione civile.
Questa è tutta la partita: accettare di sollevare il braccio orizzontale del pubblico patibolo dietro a Gesù significa ancora oggi dimenticare la “reputazione”, essere svergognato.
Non per ascesi, né perfezionismo particolare. Ma affinché si lasci il tempo alla Provvidenza di prepararci.
La vita che viene farà appello ad altre energie, disporrà accadimenti in modo più misterioso che ovvio.
Metterà in gioco virtù personali e sociali difformi - confluenti - cosmiche e intimamente umanizzanti; acutamente fascinose e sorgive.
Nella bufera, la passione d’amore ha i suoi stadi preparatori, misteriosi [di più alta portata], che faranno emergere consapevolezze autentiche. E lo spirito fraterno annidato nell’anima.
La prospettiva è in tal senso personale, ma non individualistica, bensì quella del «Figlio dell’uomo» che lascia intuire il piglio umano, accessibile e divinizzante: aiutiamoci a coglierlo Presente (vv.27-28)!
«Figlio dell’uomo» è Colui che essendosi spinto al massimo dell’amore nella pienezza di Persona, giunge a riflettere la condizione divina, la mostra e irradia in contrassegni eminenti.
Abbracciati alla propria Chiamata individuante, sperimenteremo il Padre che provvede a noi. In tal guisa, riusciremo a sollevare la Croce fiorita che feconda l’anima e il mondo attorno.
Su tale raggio di ‘luce’, anche nei grandi disagi del nostro tempo saremo come l’Amico-Guida: genuini, non omologati; sdraiati sul nucleo dell’essere, ma ritti su strade inesplorate.
Simultaneamente impegnati e sereni. Meno banali, per contatto personale.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
In che senso hai fatto esperienza di vita guadagnata, dopo averla “persa”? Contattando quali energie sopite? Su quali strade inesplorate?
[Venerdì 18.a sett. T. O. 8 agosto 2025]