Mar 3, 2025 Scritto da 

La ‘Croce-dentro’ della Preghiera: lo sguardo non più posizionato all’esterno

Orazione dei figli: prestazione o Ascolto?

Mt 6,7-15 (v.13)

 

«Pregando, non blaterate come i pagani, infatti essi credono di venire esauditi per la loro verbosità» (Mt 6,7; cf. Lc 11,1).

Il Dio delle religioni era nominato con sovrabbondanza di epiteti onorifici altisonanti, come se bramasse schiere sempre più nutrite d’incensatori.

Il «Padre» non si fa accompagnare da titoli prestigiosi. Un figlio non si rivolge al genitore come a un altissimo, eterno o eccelso, ma come a colui che gli trasmette vita.

E il figlio non immagina di dover porgere grida e riconoscimenti esterni: il Padre guarda i bisogni, non i meriti.

 

«Et ne nos inducas in tentationem»: antica Preghiera dei figli

 

«Non c’indurre» è [nel senso latino e greco: «introdurre sino in fondo»] un antico Simbolo dei ‘rinati in Cristo’, nell’esperienza della vita reale.

Nelle religioni esistono demoni e angeli nettamente contrapposti: potenze disordinate e oscure, contrarie a quelle luminose e “a posto”.

Ma a forza di far retrocedere le prime, le peggiori continuamente riaffiorano, sino a vincere la partita e dilagare.

Nelle vite dei santi vediamo questi grandi uomini stranamente sempre sotto tentazione - perché disdegnano il male, quindi non lo conoscono. Man mano, i continui assilli diventano però frotte incontenibili.

 

La donna e l’uomo di Fede non agiscono secondo corrivi e superficiali modelli prestabiliti, neppure religiosi; hanno consapevolezza di non essere eroi o fenomeni da paradigma.

Ecco perché si affidano. Essi lasciano trascorrere i problemi intimi: ne hanno compreso la forza!

È questo il significato della formula del Padre Nostro, nel suo senso originario: «non portarci sino in fondo nella prova, perché conosciamo la nostra debolezza».

Se viceversa la nostra ‘controparte’ diventa protagonista, perno unilaterale, costante retropensiero, e blocco, siamo fritti.

 

Dolori, fallimenti, tristezze, frustrazioni, debolezze, mille angosce, troppe cadute, ci abituano a vivere il male come parte di noi stessi: Condizione da valutare, non “colpa” da tagliare in orizzontale.

Nel processo di vera trasmutazione salvifica, quel segnale parla di noi: dentro una deviazione o l’eccentricità c’è un segreto o una conoscenza da rinvenire, per ri-nascere personalmente’.

Posando lo sguardo sui disagi e le opposizioni, ci accorgiamo che questi lati critici dell’essere diventano come un magma plasmabile, il quale più speditamente accosta la guarigione. Come attraverso una conversione, permanente, radicale… perché coinvolge e ci appartiene; non artificiosa e di periferia, ma di fondo, di Seme e Natura.

Schemi e convinzioni assorbite non lasciano comprendere che la vita appassionata è composta di stati contrapposti, di energie competitive - che non bisogna mascherare per farci considerare gente perbene.

 

Percependo e integrando tali profondità, deponiamo l’idea e l’atmosfera di pericolo incombente, privo d’ulteriori occasioni; solo per la morte.

Diventiamo maturi, senza dissociazioni o stati isterici derivanti da identificazioni artificiose, né disistima per una parte importante di noi.

Insomma, le ristrettezze e le “croci” hanno qualcosa da dirci.

Esse scuotono l’anima alla radice, spazzano via le maschere assorbite, accendono la persona, e salvano la vita.

In tal guisa, gli inconvenienti e le ansie ci aiutano. Nascondono capacità e possibilità che ancora non vediamo.

Nella virtù dell’eccezionalità malferma eppure unica per ciascuno, ecco aprirsi la vera strada.

Percorso del Padre e del cuore, Via che vuole guidarci verso traiettorie alternative, nuove dimensioni dell’esistenza.

 

La differenza della Fede, rispetto alla religiosità antica [nel senso della ‘croce-dentro’]?

È nella coscienza che solo i malati guariscono, solo gli incompleti crescono.

Solo i claudicanti riprendono espressione, evolvono. E cadendo, scattano avanti.

 

 

[Martedì 1.a sett. Quaresima, 11 marzo 2025]

547 Ultima modifica il Martedì, 11 Marzo 2025 12:10
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

The Eucharist draws us into Jesus' act of self-oblation. More than just statically receiving the incarnate Logos, we enter into the very dynamic of his self-giving [Pope Benedict]
L'Eucaristia ci attira nell'atto oblativo di Gesù. Noi non riceviamo soltanto in modo statico il Logos incarnato, ma veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione [Papa Benedetto]
Jesus, the true bread of life that satisfies our hunger for meaning and for truth, cannot be “earned” with human work; he comes to us only as a gift of God’s love, as a work of God (Pope Benedict)
Gesù, vero pane di vita che sazia la nostra fame di senso, di verità, non si può «guadagnare» con il lavoro umano; viene a noi soltanto come dono dell’amore di Dio, come opera di Dio (Papa Benedetto)
Jesus, who shared his quality as a "stone" in Simon, also communicates to him his mission as a "shepherd". It is a communication that implies an intimate communion, which also transpires from the formulation of Jesus: "Feed my lambs... my sheep"; as he had already said: "On this rock I will build my Church" (Mt 16:18). The Church is property of Christ, not of Peter. Lambs and sheep belong to Christ, and to no one else (Pope John Paul II)
Gesù, che ha partecipato a Simone la sua qualità di “pietra”, gli comunica anche la sua missione di “pastore”. È una comunicazione che implica una comunione intima, che traspare anche dalla formulazione di Gesù: “Pasci i miei agnelli… le mie pecorelle”; come aveva già detto: “Su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16,18). La Chiesa è proprietà di Cristo, non di Pietro. Agnelli e pecorelle appartengono a Cristo, e a nessun altro (Papa Giovanni Paolo II)
Praying, celebrating, imitating Jesus: these are the three "doors" - to be opened to find «the way, to go to truth and to life» (Pope Francis)
Pregare, celebrare, imitare Gesù: sono le tre “porte” — da aprire per trovare «la via, per andare alla verità e alla vita» (Papa Francesco)
In recounting the "sign" of bread, the Evangelist emphasizes that Christ, before distributing the food, blessed it with a prayer of thanksgiving (cf. v. 11). The Greek term used is eucharistein and it refers directly to the Last Supper, though, in fact, John refers here not to the institution of the Eucharist but to the washing of the feet. The Eucharist is mentioned here in anticipation of the great symbol of the Bread of Life [Pope Benedict]
Narrando il “segno” dei pani, l’Evangelista sottolinea che Cristo, prima di distribuirli, li benedisse con una preghiera di ringraziamento (cfr v. 11). Il verbo è eucharistein, e rimanda direttamente al racconto dell’Ultima Cena, nel quale, in effetti, Giovanni non riferisce l’istituzione dell’Eucaristia, bensì la lavanda dei piedi. L’Eucaristia è qui come anticipata nel grande segno del pane della vita [Papa Benedetto]
Work is part of God’s loving plan, we are called to cultivate and care for all the goods of creation and in this way share in the work of creation! Work is fundamental to the dignity of a person. Work, to use a metaphor, “anoints” us with dignity, fills us with dignity, makes us similar to God, who has worked and still works, who always acts (cf. Jn 5:17); it gives one the ability to maintain oneself, one’s family, to contribute to the growth of one’s own nation [Pope Francis]
Il lavoro fa parte del piano di amore di Dio; noi siamo chiamati a coltivare e custodire tutti i beni della creazione e in questo modo partecipiamo all’opera della creazione! Il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità di una persona [Papa Francesco]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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