Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Il Vangelo lucano della Trasfigurazione sottolinea come il volto di Gesù «cambiò d’aspetto» in solitudine sul monte, davanti a Pietro, Giacomo, Giovanni e il dialogo circa il suo esodo imminente con Mosè ed Elia, apparsi nella gloria.
Anche il Poverello visse nella sua parabola esistenziale la sua trasfigurazione.
Francesco aveva imparato che la presenza dello Spirito Santo si offre a chi lo invoca con familiarità quanto più lo trova lontano dal frastuono dei mondani.
Le Fonti raccontano che “l’uomo di Dio, restandosene tutto solo e in pace, riempiva i boschi di gemiti, cospargeva la terra di lacrime, si percuoteva il petto e, quasi avesse trovato un più intimo santuario, discorreva col suo Signore […]
Là pure dai frati, che piamente lo osservavano, fu udito interpellare con grida e gemiti la Bontà divina a favore dei peccatori; piangere, anche, ad alta voce la Passione del Signore, come se l’avesse davanti agli occhi.
Là, mentre pregava di notte, fu visto con le mani stese in forma di croce, sollevato da terra con tutto il corpo e circondato da una nuvoletta luminosa: luce straordinaria diffusa intorno al suo corpo, che meravigliosamente testimoniava la luce risplendente nel suo Spirito.
Là, inoltre, come testimoniano prove sicure, gli venivano svelati i misteri nascosti della Sapienza divina, che egli, però, non divulgava all’esterno, se non nella misura in cui ve lo sforzava la carità di Cristo e lo esigeva l’utilità del prossimo […]
Quando tornava dalle sue preghiere, che lo trasformavano quasi in un altro uomo, metteva la più grande attenzione per comportarsi in uniformità con gli altri, perché non avvenisse che il vento dell’applauso, a causa di quanto lui lasciava trapelare di fuori, lo privasse della ricompensa interiore” (FF 1180 - Leggenda maggiore).
Francesco custodiva con grande discrezione la sua trasformazione in «Alter Christus», quasi vivendo nella clausura del suo cuore.
Infatti le stesse Fonti attestano:
"Da principio, quando il vero amore di Cristo aveva già trasformato nella sua stessa immagine l’amante, cominciò a celare e ad occultare il Tesoro con tanta cautela, da non farlo scoprire per lungo tempo neppure ai suoi intimi.
Ma la divina Provvidenza non permise che rimanesse sempre nascosto e non giungesse agli occhi dei suoi cari […]
Uno dei compagni una volta, vedendo le stimmate nei piedi, gli disse: «Cosa è ciò, buon fratello?».
«Pensa ai fatti tuoi» - gli rispose" (FF 719 - Vita Seconda del Celano) con la schiettezza e semplicità che lo contraddistingueva.
«E mentre pregava, l’aspetto del suo volto divenne altro, e il suo abito bianco, sfolgorante» (Lc 9,29)
Trasfigurazione del Signore (Lc 9,28b-36)
Il brano di Vangelo proposto da Matteo presenta Gesù che, dopo aver pregato in disparte, sul finire della notte si avvicina ai discepoli sulla barca, camminando sulle acque.
Dopo la traversata, la gente si accosta a Lui per trovare guarigione nel corpo e nell’anima.
Anche il Poverello di Assisi cercava la Relazione solitaria col Padre, prima d’incontrare la folla, che chiedeva guarigione nel corpo e nell’anima, magari toccando la sua rude tonaca.
La folla accorreva devotamente, perché desiderava “stare” con Dio.
Francesco, servo del Cristo, era persona semplice ma desiderosa di "dimorare" presso il Signore, per conformarsi al suo Vangelo e fiorire e far crescere i suoi frati nella via della fede intrepida.
Per questo, appena libero, si ritirava in solitudine a pregare per ricevere illuminazione e maggiore adesione al progetto divino, senza timore.
Le Fonti ritraggono un Francesco «Alter Christus», a sua immagine anche nello stare solo ‘su il Monte’ per penetrare nell’intimità del Padre.
Leggiamo infatti:
"Desiderando il beato e venerabile padre Francesco occuparsi solo di Dio e purificare il suo spirito dalla polvere del mondo, che eventualmente l’avesse contaminato nel suo stare con gli uomini, un giorno si ritirò in un luogo di raccoglimento e di silenzio [La Verna], abbandonando le folle che ogni giorno accorrevano devotamente a lui per ascoltarlo e vederlo.
Egli era solito dividere e destinare il tempo che gli era concesso per acquistare grazie, secondo che gli sembrava più opportuno, una parte per il bene del prossimo, l’altra riservata alla contemplazione solitaria. Prese pertanto con sé pochissimi compagni, tra i più intimi e partecipi della sua vita, perché lo salvaguardassero dalle visite e dal disturbo degli uomini e fossero custodi amorosi e fedeli della sua quiete.
Rimase in quella solitudine per un certo periodo, e avendo con la preghiera intima e la frequente contemplazione raggiunta una straordinaria familiarità con Dio, bramava sapere che cosa di lui e in lui potesse essere più gradito all’eterno Re" (FF 479).
Sapeva, infatti, che avrebbe aiutato a sviluppare la fede timorosa dei discepoli solo attraverso un abbandono fiducioso in Dio, che non fa vacillare o affogare nei pericoli.
Dinanzi a venti contrari, la solidità della "barca" esistenziale in mano a Dio genera salvezza.
«E licenziate le folle, salì su il Monte in disparte a pregare» (Mt 14,23)
Martedì della 18.a sett. T.O. (Mt 14,22-36)
Il Signore prova compassione per la folla che lo segue, e vuole condivisione dei pani e pesci.
Così i suoi discepoli, invitati a dare da mangiare a tanta gente, sfamarono circa cinquemila persone con dodici ceste in avanzo.
Richiamo all’abbondanza inimmaginabile dell’Eucaristia, Pane della Vita per tutti.
Francesco, che si definiva «semplice e idiota», aveva un cuore speciale, che gli permetteva di percepire le profondità del Mistero di totale donazione del Cristo.
Sottolinea il Celano nella Vita Prima:
”Amico della semplicità, dal cuore incomparabilmente sincero e nobile. E quanto gli si addice questo nome di «Francesco», a lui che ebbe cuore franco e nobile più di ogni altro” (FF 529).
La sua compassione verso la gente bisognosa e povera era viscerale:
“Si chinava, con meravigliosa tenerezza e compassione, verso chiunque fosse afflitto da qualche sofferenza fisica e quando notava in qualcuno indigenza o necessità, nella dolce pietà del cuore, la considerava come una sofferenza di Cristo stesso” (FF 1142).
Infatti, dinanzi a Gesù, Pane disceso dal Cielo, così si esprime nelle sue Ammonizioni:
”Ecco, ogni giorno egli si umilia […] ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote […] e come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne […] e come essi con gli occhi del corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero.
E in tal maniera il Signore è sempre con i suoi fedeli, come egli stesso dice: «Ecco io sono con voi sino alla fine del mondo» " (FF 144-145).
E nelle sue lettere:
«O umiltà sublime! O sublimità umile […] Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. NULLA, DUNQUE, DI VOI TRATTENETE PER VOI, AFFINCHÉ TOTALMENTE VI ACCOLGA COLUI CHE TOTALMENTE A VOI SI OFFRE» (FF 221).
Ma un esempio di ‘Pane donato’ ci viene non meno da Chiara d’Assisi:
“C’era un solo pane, in monastero, e già incalzavano l’ora del desinare e la fame. Chiamata la dispensiera, la Santa le comanda di dividere il pane e di mandarne una parte ai frati, di trattenere l’altra dentro, per le sorelle.
Da questa seconda metà serbata, ordina di tagliare cinquanta fette, quale era il numero delle Donne, e di presentarle loro sulla mensa della povertà.
E alla devota figlia, che le rispondeva: «Occorrerebbero gli antichi miracoli di Cristo, per poter tagliare così poco pane in cinquanta fette», la Madre replicò, dicendole:
«Fa’ sicura quello che ti dico figlia!».
Si affretta dunque la figlia ad eseguire il comando della Madre; e si affretta la Madre a rivolgere più sospiri al suo Cristo, per le sue figlie.
E per grazia divina quella scarsa materia cresce tra le mani di colei che la spezza, così che risulta una porzione abbondante per ciascun membro della comunità" (FF 3189).
«Ora quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare donne e bambini» (Mt 14,21)
Lunedì della 18.a sett. T.O. (Mt 14,13-21)
Il Vangelo di questa domenica, tratto da Luca, dà risalto all’avidità di un uomo ricco che pensa ad ingrandire i suoi magazzini per via di abbondanti raccolti, trascurando la sua anima e il rapporto con Dio, che lo trova impreparato dinanzi ad una morte improvvisa.
Invece di arricchire presso Dio, stoltamente, pensa ad accumulare per sé.
Francesco d’Assisi, invece, donando ai poveri tutto ciò che possedeva, si mise in cammino restituendo a Dio il poco che aveva in cambio del molto che avrebbe ricevuto.
Egli era innamorato di Madonna Povertà; l’aveva sposata e stimata, perché scelta dal Figlio di Dio, che non aveva dove posare il capo.
Ne era così evangelicamente attratto da prendersi pena quando incontrava creature più povere di lui.
Le Fonti raccontano:
"Gli accadde, durante un viaggio, d’incontrare un poverello. Scorgendone la nudità, ne fu rattristato nel cuore e disse al compagno con voce di lamento:
«La miseria di costui ci ha procurato grande vergogna; perché noi, come nostra unica ricchezza, abbiamo scelto la povertà: ed ecco che essa risplende più luminosa in lui che in noi »" (FF 1126).
E a Bernardo, un cittadino di Assisi, che divenne poi suo compagno nella sequela di Cristo, consigliò di lasciare i suoi beni, considerati un falso feudo.
Ma per essere certo, "venuto il mattino, entrarono in una chiesa e, dopo aver pregato devotamente, aprono il libro del Vangelo, disposti ad attuare il primo consiglio che si offra loro.
Aprono il libro, e il suo consiglio Cristo lo manifesta con queste parole: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quanto possiedi e dallo ai poveri». Ripetono il gesto, e si presenta il passo: «Non prendete nulla per il viaggio». Ancora una terza volta, e leggono: «Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso».
Senza indugio Bernardo eseguì tutto e non tralasciò neppure un iota. Molti altri, in breve tempo, si liberarono dalle mordacissime cure del mondo e, sotto la guida di Francesco, ritornarono all’infinito bene nella patria vera. Ma sarebbe troppo lungo dire come ciascuno abbia raggiunto il premio della chiamata divina" (FF 601).
La stessa Chiara aveva chiesto e ottenuto da papa Gregorio IX il Privilegio della povertà (17 settembre 1228) in forma scritta.
Documento che assicurava alle Povere sorelle di S. Damiano il diritto di vivere senza proprietà alcuna in questo mondo, seguendo le orme di Colui che, per noi, si è fatto povero e Via, Verità e Vita.
Nella stessa Regola, a riguardo di chi voleva entrare in Monastero per seguire Cristo, Chiara dice:
«E se sarà idonea, le si dica la parola del santo Vangelo: che vada e venda tutte le sue sostanze e procuri di distribuirle ai poveri. Se ciò non potesse fare, basta ad essa la buona volontà» (FF 2757).
E nella prima lettera alla beata Agnese di Praga [sua figlia spirituale] scrive:
«O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne!
O povertà santa! A quanti ti possiedono e desiderano Dio promette il regno dei cieli, ed offre in modo infallibile eterna gloria e vita beata.
O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo […] si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa» (FF 2864).
«Così [accade a] chi accumula tesori per sé e non arricchisce per Dio» (Lc 12,21)
Domenica 18.a T.O. anno C (Lc 12,13-21)
Anche l’evangelista Matteo narra l’episodio del martirio del Battista.
Erode voleva far uccidere Giovanni perché gli rimproverava i suoi illeciti, ma nel contempo temeva la folla che lo considerava un profeta.
Il tema della persecuzione abbinata al favore del popolo per l’uomo di Dio è presente pure nella vicenda di san Francesco.
Nelle Fonti:
"Poiché l’araldo di Cristo era famoso per questi e molti altri prodigi, la gente prestava attenzione alle sue parole, come se parlasse un Angelo del Signore.
Infatti la prerogativa delle virtù eccelse, lo spirito di profezia, la potenza taumaturgica, la missione di predicare venuta dal cielo, l’obbedienza delle creature prive di ragione, le repentine conversioni dei cuori operate dall’ascolto della sua parola, la scienza infusa dallo Spirito Santo e superiore all’umana dottrina, l’autorizzazione a predicare concessa dal Sommo Pontefice per rivelazione divina, come pure la Regola, che definisce la forma della predicazione, confermata dallo stesso Vicario di Cristo e, infine, i segni del Sommo Re impressi come un sigillo nel suo corpo, sono come dieci testimonianze per tutto il mondo e confermano senza ombra di dubbio che Francesco, l’araldo di Cristo, è degno di venerazione per la missione ricevuta, autentico nella dottrina insegnata, ammirabile per la santità e che, perciò, egli ha predicato il Vangelo di Cristo come un vero inviato di Dio” (FF 1221).
Per questo incontrò anche lui persecuzione.
Ma ai suoi frati, nella Regola non bollata, ricorda:
«E tutti i frati, ovunque sono, si ricordino che si sono donati e hanno abbandonato i loro corpi al Signore nostro Gesù Cristo.
E per il suo amore devono esporsi ai nemici sia visibili che invisibili, poiché dice il Signore:
“Colui che perderà l’anima sua per causa mia la salverà per la vita eterna” » (FF 45).
Francesco sacrificò sull’altare della carità e povertà tutto di sé per il Regno, lasciando un fulgido esempio.
«Erode, volendo ucciderlo, ebbe paura della folla, perché lo consideravano come un profeta» (Mt 14,5)
Sabato della 17.a sett. T.O. (Mt 14,1-12)
Nel capitolo tredici del Vangelo di Matteo si evidenzia il rifiuto di Gesù da parte degli abitanti di Nazareth.
Il Signore è meravigliato dell’incredulità riscontrata nella sua patria e del disprezzo riservatogli, tanto da non potervi operare alcun prodigio.
Come Gesù, così il suo discepolo.
Sulle orme di Cristo, anche Francesco d’Assisi avrebbe voluto che la gente del suo tempo fosse stata edificatrice e corifea di altri sogni.
Ma nella sua vita ha incontrato (e con lui i suoi frati) uomini in cui abitava spesso l’incapacità di riconoscere la cifra del divino nell’umano.
Una durezza che andava a braccetto con quel disprezzo del profetico e che tende ad annullare quanto di rivoluzionario c’era nello spirito del Poverello: l’intuizione felice della valorizzazione della persona.
Troviamo nelle Fonti autorevoli sorgenti:
“Se Guido [un benefattore] li trattava con tanto riguardo, altri invece li coprivano di disprezzo. Gente di alta e modesta condizione li dileggiava e malmenava, fino a togliere loro di dosso i miserabili indumenti.
I servi di Dio restavano nudi poiché, secondo l’ideale evangelico, non portavano che quel solo vestito, e inoltre non chiedevano la restituzione di ciò che loro veniva portato via […]
Certuni gettavano loro addosso il fango; altri mettevano dei dadi nelle loro mani, invitandoli a giocare; altri ancora, afferrandoli da dietro per il cappuccio, se li trascinavano sospesi sul dorso.
Queste e altre cattiverie del genere venivano loro inflitte, poiché erano ritenuti degli esseri così meschini, da poterli strapazzare a piacimento.
Insieme con la fame e la sete, con il freddo e la nudità, pativano tribolazioni e sofferenze d’ogni sorta.
Ma tutto sopportavano con imperturbabile pazienza, secondo l’ammonizione di Francesco” (FF 1444).
«Non c’è profeta disprezzato se non nella patria e nella sua casa» (Mt 13,57).
Non più un bambinone del luogo:
Figlio di Pietro di Bernardone (ricco mercante) e Monna Pica, Francesco aveva lasciato ogni appartenenza mondana e di luogo per seguire Cristo e la sua Parola.
Per questo lui e i suoi frati furono scherniti e messi a margine dalla supponenza di molti, increduli verso il modello di vita che la loro testimonianza forniva.
Leggiamo nelle Fonti a riguardo di Francesco:
“Lo Spirito del Signore che lo aveva unto e inviato, assisteva il suo servo Francesco, ovunque si dirigesse lo assisteva Cristo stesso, potenza e sapienza di Dio” (FF 1210).
Nonostante la poca fede degli astanti Gesù lo conformò a sé a tal punto da rivivere nella sua carne tutti i suoi misteri.
Venerdì 17.a sett.T.O. (Mt 13,54-58)
Nei Vangeli il Regno dei Cieli viene paragonato ad una rete che raccoglie ogni sorta di pesci, selezionati poi dai pescatori.
Un giorno Francesco, in cammino con Egidio, gli confidò quanto segue:
" «Il nostro movimento religioso sarà simile al pescatore, che getta le sue reti nell’acqua e cattura una moltitudine di pesci; poi, lasciando cadere nell’acqua quelli piccoli, ammucchia nelle ceste quelli grossi».
Profetava con questa similitudine l’espansione del suo Ordine" (FF 1436).
Al tempo stesso mai dimenticava il giudizio di Dio che discerne il Bene e il Male, e i Signori che abbiamo servito. Da qui il giudizio finale sul nostro operato.
Francesco visse tutta la sua esistenza nel timore di Dio e altrettanto fece Chiara; impegnati a far sì che nel proprio Ordine ci fossero pesci buoni.
E ancora, nella Leggenda dei tre compagni:
"La Grazia divina lo aveva profondamente cambiato. Pur non indossando un abito religioso, bramava trovarsi sconosciuto in qualche città, dove barattare i suoi abiti con gli stracci di un mendicante e provare lui stesso a chiedere l’elemosina per amor di Dio" (FF 1405).
Il Minimo sapeva che quanto riceveva un povero era rivolto a Cristo stesso e che un solo bicchiere d’acqua dato a quei piccoli ed emarginati era offerto a Gesù.
L’incontro con il lebbroso nella piana d’Assisi, infatti, aveva trasformato in lui l’amaro in vera dolcezza.
Francesco temeva il giudizio divino e desiderava corrispondere a quanto la Parola di Dio gli chiedeva.
Voleva essere quel pesce buono al servizio del Regno dei cieli attraverso un’esistenza spesa per il prossimo.
«Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando fu piena e avendola tirata sulla riva, sedutisi [i pescatori] raccolsero i pesci belli in canestri ma gettarono fuori i guasti» (Mt 13,47-48)
Giovedì della 17.a sett. T.O. (Mt 13,47-53)
Gesù parla in parabole del Regno dei cieli, paragonato ad un Tesoro nascosto in un campo per il quale chi lo trova vende tutto.
Oggetto della parabola sul Regno è anche la perla di enorme valore per la quale il mercante che ne va in cerca vende tutto per acquistarla.
Come le stesse Fonti rivelano, il Tesoro nascosto di Francesco era la povertà non fine a se stessa, ma per il Regno; conformazione al Cristo Povero.
Per lui, Tesoro nascosto per cui vendere tutto era l’incontro con i lebbrosi, rivelazione concreta di Dio e con i quali volle stare spesso, curandoli e amandoli più di se stesso.
Tesoro nascosto era pure la preghiera e le sofferenze condivise con Gesù.
Attestano le Fonti:
“Queste visite ai lebbrosi accrebbero la sua bontà. Conducendo un suo compagno, che aveva molto amato, in una località fuori mano, gli diceva di avere scoperto un grande e prezioso tesoro […]
Spesso lo conduceva in una grotta, presso Assisi, ci entrava da solo, lasciando fuori l’amico, impaziente di impadronirsi del tesoro” (FF 1409).
“Poi, amante di ogni forma d’umiltà, si trasferì presso i lebbrosi, restando con loro e servendo a loro tutti con somma cura.
Lavava loro i piedi, fasciava le piaghe, toglieva dalle piaghe la marcia e le ripuliva dalla purulenza.
Baciava anche, spinto da ammirevole devozione, le loro piaghe incancrenite, lui che sarebbe ben presto diventato il buon samaritano del Vangelo” (FF 1045).
Ancora: “E veramente sposa immacolata di Dio è la vera religione che egli abbracciò; e il Regno dei Cieli è il tesoro nascosto che egli cercò così ardentemente” (FF 330).
Continua il suo biografo Celano, nella Vita Prima:
“Si apparta un poco dal tumulto del mondo […] e cerca di custodire Gesù Cristo nell’intimità del cuore.
Come un mercante avveduto, sottrae allo sguardo degli scettici la perla trovata, e segretamente si adopra a comprarla con la vendita di tutto il resto” (FF 328).
La scoperta del grande tesoro evangelico è attestato anche in un breve passo della Leggenda dei Tre compagni.
"Francesco unitamente a Egidio andò nella Marca di Ancona, gli altri due si posero in cammino verso un’altra regione.
Andando verso la Marca, esultavano giocondamente nel Signore. Francesco, a voce alta e chiara, cantava in francese le lodi del Signore, benedicendo e glorificando la bontà dell’Altissimo.
Tanta era la loro gioia, che pareva avessero scoperto un magnifico tesoro nel podere evangelico della signora Povertà, per amore del quale si erano generosamente e spontaneamente sbarazzati di ogni avere materiale, considerandolo alla stregua dei rifiuti» (FF 1436).
«Il Regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; che un uomo avendo trovato nascose; e nella sua gioia va, e vende quanto ha e compra quel campo» (Mt 13,44)
Mercoledì della 17.a sett. T.O. (Mt 13,44-46)
In the New Testament, it is Christ who constitutes the full manifestation of God's light [Pope Benedict]
Nel Nuovo Testamento è Cristo a costituire la piena manifestazione della luce di Dio [Papa Benedetto]
Today’s Gospel reminds us that faith in the Lord and in his Word does not open a way for us where everything is easy and calm; it does not rescue us from life’s storms. Faith gives us the assurance of a Presence (Pope Francis)
Il Vangelo di oggi ci ricorda che la fede nel Signore e nella sua parola non ci apre un cammino dove tutto è facile e tranquillo; non ci sottrae alle tempeste della vita. La fede ci dà la sicurezza di una Presenza (Papa Francesco)
Dear friends, “in the Eucharist Jesus also makes us witnesses of God’s compassion towards all our brothers and sisters. The Eucharistic mystery thus gives rise to a service of charity towards neighbour” (Post-Synodal Apostolic Exhortation Sacramentum Caritatis, 88) [Pope Benedict]
Cari amici, “nell’Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio della carità nei confronti del prossimo” (Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 88) [Papa Benedetto]
The fool in the Bible, the one who does not want to learn from the experience of visible things, that nothing lasts for ever but that all things pass away, youth and physical strength, amenities and important roles. Making one's life depend on such an ephemeral reality is therefore foolishness (Pope Benedict)
L’uomo stolto nella Bibbia è colui che non vuole rendersi conto, dall’esperienza delle cose visibili, che nulla dura per sempre, ma tutto passa: la giovinezza come la forza fisica, le comodità come i ruoli di potere. Far dipendere la propria vita da realtà così passeggere è, dunque, stoltezza (Papa Benedetto)
We see this great figure, this force in the Passion, in resistance to the powerful. We wonder: what gave birth to this life, to this interiority so strong, so upright, so consistent, spent so totally for God in preparing the way for Jesus? The answer is simple: it was born from the relationship with God (Pope Benedict)
Noi vediamo questa grande figura, questa forza nella passione, nella resistenza contro i potenti. Domandiamo: da dove nasce questa vita, questa interiorità così forte, così retta, così coerente, spesa in modo così totale per Dio e preparare la strada a Gesù? La risposta è semplice: dal rapporto con Dio (Papa Benedetto)
Christians are a priestly people for the world. Christians should make the living God visible to the world, they should bear witness to him and lead people towards him (Pope Benedict)
I cristiani sono popolo sacerdotale per il mondo. I cristiani dovrebbero rendere visibile al mondo il Dio vivente, testimoniarLo e condurre a Lui (Papa Benedetto)
The discovery of the Kingdom of God can happen suddenly like the farmer who, ploughing, finds an unexpected treasure; or after a long search, like the pearl merchant who eventually finds the most precious pearl, so long dreamt of (Pope Francis)
La scoperta del Regno di Dio può avvenire improvvisamente come per il contadino che arando, trova il tesoro insperato; oppure dopo lunga ricerca, come per il mercante di perle, che finalmente trova la perla preziosissima da tempo sognata (Papa Francesco)
Christ is not resigned to the tombs that we have built for ourselves (Pope Francis)
Cristo non si rassegna ai sepolcri che ci siamo costruiti (Papa Francesco)
don Giuseppe Nespeca
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