don Giuseppe Nespeca

don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Martedì, 10 Giugno 2025 05:21

La preoccupazione del discepolo

1. Ogni anno, la Quaresima ci offre una provvidenziale occasione per approfondire il senso e il valore del nostro essere cristiani, e ci stimola a riscoprire la misericordia di Dio perché diventiamo, a nostra volta, più misericordiosi verso i fratelli. Nel tempo quaresimale la Chiesa si preoccupa di proporre alcuni specifici impegni che accompagnino concretamente i fedeli in questo processo di rinnovamento interiore: essi sono la preghiera, il digiuno e l’elemosina. Quest’anno, nel consueto Messaggio quaresimale, desidero soffermarmi a riflettere sulla pratica dell’elemosina, che rappresenta un modo concreto di venire in aiuto a chi è nel bisogno e, al tempo stesso, un esercizio ascetico per liberarsi dall’attaccamento ai beni terreni. Quanto sia forte la suggestione delle ricchezze materiali, e quanto netta debba essere la nostra decisione di non idolatrarle, lo afferma Gesù in maniera perentoria: “Non potete servire a Dio e al denaro” (Lc 16,13). L’elemosina ci aiuta a vincere questa costante tentazione, educandoci a venire incontro alle necessità del prossimo e a condividere con gli altri quanto per bontà divina possediamo. A questo mirano le collette speciali a favore dei poveri, che in Quaresima vengono promosse in molte parti del mondo. In tal modo, alla purificazione interiore si aggiunge un gesto di comunione ecclesiale, secondo quanto avveniva già nella Chiesa primitiva. San Paolo ne parla nelle sue Lettere a proposito della colletta a favore della comunità di Gerusalemme (cfr 2 Cor 8-9; Rm 15,25-27).

2. Secondo l’insegnamento evangelico, noi non siamo proprietari bensì amministratori dei beni che possediamo: essi quindi non vanno considerati come esclusiva proprietà, ma come mezzi attraverso i quali il Signore chiama ciascuno di noi a farsi tramite della sua provvidenza verso il prossimo. Come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, i beni materiali rivestono una valenza sociale, secondo il principio della loro destinazione universale (cfr n. 2404).

Nel Vangelo è chiaro il monito di Gesù verso chi possiede e utilizza solo per sé le ricchezze terrene. Di fronte alle moltitudini che, carenti di tutto, patiscono la fame, acquistano il tono di un forte rimprovero le parole di san Giovanni: “Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il proprio fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio?” (1 Gv 3,17). Con maggiore eloquenza risuona il richiamo alla condivisione nei Paesi la cui popolazione è composta in maggioranza da cristiani, essendo ancor più grave la loro responsabilità di fronte alle moltitudini che soffrono nell’indigenza e nell’abbandono. Soccorrerle è un dovere di giustizia prima ancora che un atto di carità.

3. Il Vangelo pone in luce una caratteristica tipica dell’elemosina cristiana: deve essere nascosta. “Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra”, dice Gesù, “perché la tua elemosina resti segreta” (Mt 6,3-4). E poco prima aveva detto che non ci si deve vantare delle proprie buone azioni, per non rischiare di essere privati della ricompensa celeste (cfr Mt 6,1-2). La preoccupazione del discepolo è che tutto vada a maggior gloria di Dio. Gesù ammonisce: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,16). Tutto deve essere dunque compiuto a gloria di Dio e non nostra. Questa consapevolezza accompagni, cari fratelli e sorelle, ogni gesto di aiuto al prossimo evitando che si trasformi in un mezzo per porre in evidenza noi stessi. Se nel compiere una buona azione non abbiamo come fine la gloria di Dio e il vero bene dei fratelli, ma miriamo piuttosto ad un ritorno di interesse personale o semplicemente di plauso, ci poniamo fuori dell’ottica evangelica. Nella moderna società dell’immagine occorre vigilare attentamente, poiché questa tentazione è ricorrente. L’elemosina evangelica non è semplice filantropia: è piuttosto un’espressione concreta della carità, virtù teologale che esige l’interiore conversione all’amore di Dio e dei fratelli, ad imitazione di Gesù Cristo, il quale morendo in croce donò tutto se stesso per noi. Come non ringraziare Dio per le tante persone che nel silenzio, lontano dai riflettori della società mediatica, compiono con questo spirito azioni generose di sostegno al prossimo in difficoltà? A ben poco serve donare i propri beni agli altri, se per questo il cuore si gonfia di vanagloria: ecco perché non cerca un riconoscimento umano per le opere di misericordia che compie chi sa che Dio “vede nel segreto” e nel segreto ricompenserà.

4. Invitandoci a considerare l’elemosina con uno sguardo più profondo, che trascenda la dimensione puramente materiale, la Scrittura ci insegna che c’è più gioia nel dare che nel ricevere (cfr At 20,35). Quando agiamo con amore esprimiamo la verità del nostro essere: siamo stati infatti creati non per noi stessi, ma per Dio e per i fratelli (cfr 2 Cor 5,15). Ogni volta che per amore di Dio condividiamo i nostri beni con il prossimo bisognoso, sperimentiamo che la pienezza di vita viene dall’amore e tutto ci ritorna come benedizione in forma di pace, di interiore soddisfazione e di gioia. Il Padre celeste ricompensa le nostre elemosine con la sua gioia. E c’è di più: san Pietro cita tra i frutti spirituali dell’elemosina il perdono dei peccati. “La carità - egli scrive - copre una moltitudine di peccati” (1 Pt 4,8). Come spesso ripete la liturgia quaresimale, Iddio offre a noi peccatori la possibilità di essere perdonati. Il fatto di condividere con i poveri ciò che possediamo ci dispone a ricevere tale dono. Penso, in questo momento, a quanti avvertono il peso del male compiuto e, proprio per questo, si sentono lontani da Dio, timorosi e quasi incapaci di ricorrere a Lui. L’elemosina, avvicinandoci agli altri, ci avvicina a Dio e può diventare strumento di autentica conversione e riconciliazione con Lui e con i fratelli.

5. L’elemosina educa alla generosità dell’amore. San Giuseppe Benedetto Cottolengo soleva raccomandare: “Non contate mai le monete che date, perché io dico sempre così: se nel fare l’elemosina la mano sinistra non ha da sapere ciò che fa la destra, anche la destra non ha da sapere ciò che fa essa medesima” (Detti e pensieri, Edilibri, n. 201). Al riguardo, è quanto mai significativo l’episodio evangelico della vedova che, nella sua miseria, getta nel tesoro del tempio “tutto quanto aveva per vivere” (Mc 12,44). La sua piccola e insignificante moneta diviene un simbolo eloquente: questa vedova dona a Dio non del suo superfluo, non tanto ciò che ha, ma quello che è. Tutta se stessa.

Questo episodio commovente si trova inserito nella descrizione dei giorni che precedono immediatamente la passione e morte di Gesù, il quale, come nota san Paolo, si è fatto povero per arricchirci della sua povertà (cfr 2 Cor 8,9); ha dato tutto se stesso per noi. La Quaresima, anche attraverso la pratica dell’elemosina ci spinge a seguire il suo esempio. Alla sua scuola possiamo imparare a fare della nostra vita un dono totale; imitandolo riusciamo a renderci disponibili, non tanto a dare qualcosa di ciò che possediamo, bensì noi stessi. L’intero Vangelo non si riassume forse nell’unico comandamento della carità? La pratica quaresimale dell’elemosina diviene pertanto un mezzo per approfondire la nostra vocazione cristiana. Quando gratuitamente offre se stesso, il cristiano testimonia che non è la ricchezza materiale a dettare le leggi dell’esistenza, ma l’amore. Ciò che dà valore all’elemosina è dunque l’amore, che ispira forme diverse di dono, secondo le possibilità e le condizioni di ciascuno.

6. Cari fratelli e sorelle, la Quaresima ci invita ad “allenarci” spiritualmente, anche mediante la pratica dell’elemosina, per crescere nella carità e riconoscere nei poveri Cristo stesso. Negli Atti degli Apostoli si racconta che l’apostolo Pietro allo storpio che chiedeva l’elemosina alla porta del tempio disse: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina” (At 3,6). Con l’elemosina regaliamo qualcosa di materiale, segno del dono più grande che possiamo offrire agli altri con l’annuncio e la testimonianza di Cristo, nel Cui nome c’è la vita vera. Questo periodo sia pertanto caratterizzato da uno sforzo personale e comunitario di adesione a Cristo per essere testimoni del suo amore. Maria, Madre e Serva fedele del Signore, aiuti i credenti a condurre il “combattimento spirituale” della Quaresima armati della preghiera, del digiuno e della pratica dell’elemosina, per giungere alle celebrazioni delle Feste pasquali rinnovati nello spirito. Con questi voti imparto volentieri a tutti l’Apostolica Benedizione.

[Papa Benedetto, Messaggio per la Quaresima 2008]

Martedì, 10 Giugno 2025 05:17

Vivere dignitosamente

Con il Giubileo il Signore ci chiede, infine, di riaccendere la nostra carità. Il Regno, che Cristo manifesterà nel suo pieno splendore alla fine dei tempi, è già presente là dove gli uomini vivono secondo la volontà di Dio. La Chiesa è chiamata a testimoniare la comunione, la pace e la carità che lo contraddistinguono. In questa missione, la comunità cristiana sa che la fede senza le opere è morta (cfr Gc 2, 17). Così, mediante la carità, il cristiano rende visibile l'amore di Dio per gli uomini rivelato in Cristo e rende manifesta la sua presenza nel mondo "fino alla fine dei tempi". La carità per il cristiano non è soltanto un gesto, o un ideale, ma è, per così dire, il prolungamento della presenza di Cristo che dona se stesso.

In occasione della Quaresima, tutti - ricchi o poveri - sono invitati a rendere presente l'amore di Cristo con generose opere di carità. In quest'anno giubilare la nostra carità è chiamata, in modo particolare, a manifestare l'amore di Cristo ai fratelli che mancano del necessario per vivere, a quanti sono vittime della fame, della violenza e dell'ingiustizia. E' questo il modo per attualizzare le istanze di liberazione e di fraternità già presenti nella Sacra Scrittura, che la celebrazione dell'Anno Santo ripropone. L'antico giubileo ebraico, infatti, esigeva di liberare gli schiavi, di rimettere i debiti, di soccorrere i poveri. Oggi nuove schiavitù e più drammatiche povertà colpiscono moltitudini di persone, specie in Paesi del cosiddetto Terzo Mondo. E' un grido di dolore e di disperazione che deve trovare attenti e disponibili quanti intraprendono il cammino giubilare. Come possiamo chiedere la grazia del Giubileo se siamo insensibili alle necessità dei poveri, se non ci impegniamo a garantire a tutti i mezzi necessari per vivere dignitosamente?

Possa il millennio che inizia essere un'epoca nella quale finalmente l’appello di tanti uomini, nostri fratelli, che non possiedono il minimo per vivere, trovi ascolto e fraterna accoglienza. Auspico che i cristiani, ai diversi livelli, si facciano promotori di iniziative concrete per assicurare un’equa distribuzione dei beni e la promozione umana integrale per ciascun individuo.

[Papa Giovanni Paolo II, Messaggio per la Quaresima 2000]

Martedì, 10 Giugno 2025 04:42

Uscire dall’alienazione

La misericordia di Dio trasforma il cuore dell’uomo e gli fa sperimentare un amore fedele e così lo rende a sua volta capace di misericordia. È un miracolo sempre nuovo che la misericordia divina si possa irradiare nella vita di ciascuno di noi, motivandoci all’amore del prossimo e animando quelle che la tradizione della Chiesa chiama le opere di misericordia corporale e spirituale. Esse ci ricordano che la nostra fede si traduce in atti concreti e quotidiani, destinati ad aiutare il nostro prossimo nel corpo e nello spirito e sui quali saremo giudicati: nutrirlo, visitarlo, confortarlo, educarlo. Perciò ho auspicato «che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporali e spirituali. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina» (ibid., 15). Nel povero, infatti, la carne di Cristo «diventa di nuovo visibile come corpo martoriato, piagato, flagellato, denutrito, in fuga... per essere da noi riconosciuto, toccato e assistito con cura» (ibid.). Inaudito e scandaloso mistero del prolungarsi nella storia della sofferenza dell’Agnello Innocente, roveto ardente di amore gratuito davanti al quale ci si può come Mosè solo togliere i sandali (cfr Es 3,5); ancor più quando il povero è il fratello o la sorella in Cristo che soffrono a causa della loro fede.

Davanti a questo amore forte come la morte (cfr Ct 8,6), il povero più misero si rivela essere colui che non accetta di riconoscersi tale. Crede di essere ricco, ma è in realtà il più povero tra i poveri. Egli è tale perché schiavo del peccato, che lo spinge ad utilizzare ricchezza e potere non per servire Dio e gli altri, ma per soffocare in sé la profonda consapevolezza di essere anch’egli null’altro che un povero mendicante. E tanto maggiore è il potere e la ricchezza a sua disposizione, tanto maggiore può diventare quest’accecamento menzognero. Esso arriva al punto da neppure voler vedere il povero Lazzaro che mendica alla porta della sua casa (cfr Lc 16,20-21), il quale è figura del Cristo che nei poveri mendica la nostra conversione. Lazzaro è la possibilità di conversione che Dio ci offre e che forse non vediamo. E quest’accecamento si accompagna ad un superbo delirio di onnipotenza, in cui risuona sinistramente quel demoniaco «sarete come Dio» (Gen 3,5) che è la radice di ogni peccato. Tale delirio può assumere anche forme sociali e politiche, come hanno mostrato i totalitarismi del XX secolo, e come mostrano oggi le ideologie del pensiero unico e della tecnoscienza, che pretendono di rendere Dio irrilevante e di ridurre l’uomo a massa da strumentalizzare. E possono attualmente mostrarlo anche le strutture di peccato collegate ad un modello di falso sviluppo fondato sull’idolatria del denaro, che rende indifferenti al destino dei poveri le persone e le società più ricche, che chiudono loro le porte, rifiutandosi persino di vederli.

Per tutti, la Quaresima di questo Anno Giubilare è dunque un tempo favorevole per poter finalmente uscire dalla propria alienazione esistenziale grazie all’ascolto della Parola e alle opere di misericordia. Se mediante quelle corporali tocchiamo la carne del Cristo nei fratelli e sorelle bisognosi di essere nutriti, vestiti, alloggiati, visitati, quelle spirituali – consigliare, insegnare, perdonare, ammonire, pregare – toccano più direttamente il nostro essere peccatori. Le opere corporali e quelle spirituali non vanno perciò mai separate. È infatti proprio toccando nel misero la carne di Gesù crocifisso che il peccatore può ricevere in dono la consapevolezza di essere egli stesso un povero mendicante. Attraverso questa strada anche i “superbi”, i “potenti” e i “ricchi” di cui parla il Magnificat hanno la possibilità di accorgersi di essere immeritatamente amati dal Crocifisso, morto e risorto anche per loro. Solo in questo amore c’è la risposta a quella sete di felicità e di amore infiniti che l’uomo si illude di poter colmare mediante gli idoli del sapere, del potere e del possedere. Ma resta sempre il pericolo che, a causa di una sempre più ermetica chiusura a Cristo, che nel povero continua a bussare alla porta del loro cuore, i superbi, i ricchi ed i potenti finiscano per condannarsi da sé a sprofondare in quell’eterno abisso di solitudine che è l’inferno. Ecco perciò nuovamente risuonare per loro, come per tutti noi, le accorate parole di Abramo: «Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro» (Lc 16,29). Quest’ascolto operoso ci preparerà nel modo migliore a festeggiare la definitiva vittoria sul peccato e sulla morte dello Sposo ormai risorto, che desidera purificare la sua promessa Sposa, nell’attesa della sua venuta.

[Papa Francesco, Messaggio per la Quaresima 2016]

Lunedì, 09 Giugno 2025 04:47

Ss.ma Trinità

Lunedì, 09 Giugno 2025 03:56

Tra lotta intima e non opporsi al malvagio

Perfezione: andare sino in fondo. E nuova Nascita

(Mt 5,43-48)

 

Gesù proclama che il nostro cuore non è fatto per orizzonti chiusi, ove si accentuano le incompatibilità.

Egli proibisce l’esclusione, e con essa i risentimenti, le difficoltà di comunicazione.

In noi c’è qualcosa in più di ogni sfaccettatura d’opportunismo, e dell’istinto del ribattere colpo su colpo... pareggiare i conti... persino chiudersi nel proprio gruppo esemplare.

In latino perfĭcĕre significa compiere, completare, condurre a perfezione, fare completamente.

Lo capiamo: qui è indispensabile introdurre altre energie; lasciar agire virtù misteriose... tra gli spazi più profondi che ci appartengono, e il mistero delle vicende.

Altrimenti assimileremmo un modello d’integrità esterno, che non sgorga dalla Fonte dell’essere e non ci corrisponde nell’essenza.

Dentro i paradigmi di perfezione l’Unicità prigioniera non saprebbe più dove andare.

 

Perfetti sembrano i diamanti - da cui però non nasce nulla: i ‘perfetti’ di Dio sono coloro che vanno ‘sino in fondo’.

Gesù non vuole che l’esistenza di Fede sia marcata dalla solita dura lotta estrinseca - fatta d’intime lacerazioni.

Le differenze ci sono, tuttavia Egli ordina di sovvertire le consuetudini della saggezza antica, delle divisioni interessate (accettabile o meno, amici o nemici, vicini o lontani, puro e impuro, sacro e profano).

Il Regno di Dio, ossia la comunità dei figli - questo germoglio di società alternativa - è radicalmente diversa perché parte dal Seme, non dalla gestualità esteriore; né usa edulcoranti, per celare lo scontro intimo.

Gli accadimenti rigenerano spontaneamente, fuori e persino dentro di noi; inutile forzare.

La crescita e destinazione permane e si farà magnifica, anche grazie alle beffe e costrizioni allestite in modo avverso.

Arrendersi, cedere, deporre l’armatura, farà spazio a nuove gioie.

Combattere gli “allergici” confonde l’anima: sono proprio gl’inciampi sul percorso previsto ad aprire e accendere lo spazio vitale - normalmente troppo stretto, soffocato dagli obblighi.

Sottile consapevolezza e Perfezione che distingue l’autentico uomo nuovo nello Spirito dall’imbonitore che ignora le cose del Padre e cerca scorciatoie affannose, passando sottobanco favori e “mazzette” onde sbrigare immediatamente la propria pratica con Dio e il prossimo.

 

Amare il nemico che ci [trae fuori e] fa Perfetti:

Se gli altri non sono come abbiamo sognato, è una fortuna: le porte sbattute in faccia e il loro pungolo stanno preparandoci ben altre gioie.

L’avventura della Fede estrema è per una Bellezza che ferisce e una Felicità anormale, prominente.

L’alternativa ‘vittoria-o-sconfitta’ è falsa: bisogna uscirne.

Qui, solo chi sa attendere trova la sua Via.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Quale consapevolezza o fine ti proponi nel coinvolgere il tempo, la percezione, l’ascolto, la gentilezza? Apparire diverso dalla tua indole, per piacere agli altri? Farsi accettare? O essere perfettamente te stesso, e attendere gli sviluppi che si stanno preparando?

 

 

[Martedì 11.a sett. T.O.  17 giugno 2025]

Tra lotta intima e non opporsi al malvagio

(Mt 5,43-48)

 

Nella sua prima enciclica papa Benedetto scriveva:

«Con la centralità dell'amore, la fede cristiana ha accolto quello che era il nucleo della fede d'Israele e al contempo ha dato a questo nucleo una nuova profondità e ampiezza. L'Israelita credente, infatti, prega ogni giorno con le parole del Libro del Deuteronomio, nelle quali egli sa che è racchiuso il centro della sua esistenza: Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze” (6,4-5). Gesù ha unito, facendone un unico precetto, il comandamento dell'amore di Dio con quello dell'amore del prossimo, contenuto nel Libro del Levitico: “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (19, 18; cfr Mc 12, 29-31). Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4, 10), l'amore adesso non è più solo un “comandamento”, ma è la risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci viene incontro.

In un mondo in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o perfino il dovere dell'odio e della violenza, questo è un messaggio di grande attualità e di significato molto concreto» [Deus Caritas est, n.1].

 

 

L’alternativa “vittoria-o-sconfitta” è falsa: bisogna uscirne

 

Gesù proclama che il nostro cuore non è fatto per orizzonti chiusi, ove si accentuano le incompatibilità.

Egli proibisce l’esclusione, e con essa i risentimenti, le difficoltà di comunicazione.

In noi c’è qualcosa in più di ogni sfaccettatura d’opportunismo, e dell’istinto del ribattere colpo su colpo... pareggiare i conti... persino chiudersi nel proprio gruppo esemplare.

In latino perfĭcĕre significa compiere, completare, condurre a perfezione, fare completamente.

Lo capiamo: qui è indispensabile introdurre altre energie; lasciar agire virtù misteriose... tra gli spazi più profondi che ci appartengono, e il mistero delle vicende.

Come per noi raggiungere la cima del Monte delle Beatitudini. Per una nuova Nascita, un nuovo Inizio.

Impossibile, se non lasciamo si sviluppi una Sapienza innata, primigenia - magmatica, però assai più integra e inappuntabile.

Avventurarsi lontano dal proprio recinto - addirittura fuori dal coro mondano - non rende forse originali, ma inizia a curare la nostra eccentrica eccezionalità.

Altrimenti assimileremmo un modello d’integrità esterno, che non sgorga dalla Fonte dell’essere e non ci corrisponde nell’essenza.

Dentro i paradigmi di perfezione, l’unicità prigioniera non saprebbe più dove andare. Girerebbe a vuoto credendo di salire [in religione, come su una scala elicoidale, che non porta a nulla: meccanismo tipico delle forme ascetiche].

Nell’esasperazione dei modelli fuori di noi, assoggettiamo l’anima allo stile delle celebrità (perfino ecclesiali).

L’ansia prodotta dalle ristrettezze di carisma, dei campioni, di ruoli privi di sintonie profonde, sarà allora pronta ad attaccarci; si presenterà dietro l’angolo come invincibile avversaria.

 

Perfetti sembrano i diamanti - da cui però non nasce nulla: i perfetti di Dio sono coloro che vanno sino in fondo.

Dice il Tao: «Se vuoi che ti sia dato tutto, molla tutto».

“Tutto” significa anche l’immagine che siamo abituati a porgere agli altri, per piacere a ogni costo. Bisogna venirne fuori.

 

Un Gesù trasgressivo incontra la Sapienza di ogni tempo, anche quella naturale - assolutamente non conformista.

Non vuole che l’esistenza di Fede sia marcata dalla solita dura lotta estrinseca [tipica della mentalità “spirituale”] fatta d’intime lacerazioni.

Ancora oggi - purtroppo - in molte realtà credenti si viene formati all’idea dell’inevitabile contrapposizione tra istinto alla vita e norme perbene.

 

Il Signore sorvola l’idea assuefatta della fatica devota, e lo fa osando completare la Scrittura antica, quasi correggendo le radici dell’identità civile e veneranda del popolo, identificata nella Torah.

Diverse volte e di seguito suggerisce di modificare il Tesoro sacro e inappellabile della Legge: «Fu detto [...] Ora io vi dico».

Le differenze ci sono, tuttavia Gesù ordina di sovvertire le consuetudini della saggezza antica, le divisioni interessate: accettabile o meno, amici o nemici, vicini o lontani, puro e impuro, sacro e profano; così via.

Il Regno di Dio, ossia la comunità dei figli - questo germoglio di società alternativa - è radicalmente diversa perché parte dal Seme, non dalla gestualità esteriore; né usa edulcoranti, per celare lo scontro intimo.

Non è “nuova” come ultima delle astuzie o invenzioni da allestire... Ma perché soppianta tutto il mondo degli artifici unilaterali.

In tal guisa: le anime devono prendere il passo delle cose, per cogliere il ritmo stesso di Dio, che sapientemente crea.

Gli accadimenti rigenerano spontaneamente, fuori e persino dentro di noi; inutile forzare.

La crescita e destinazione permane e si farà magnifica, anche grazie alle beffe e costrizioni allestite in modo avverso - dagli esibizionisti più plateali e insinceri, o da chi sembra vicino.

Arrendersi, cedere, deporre l’armatura, farà spazio a nuove gioie.

 

Combattere gli “allergici” confonde l’anima: sono proprio gl’inciampi sul percorso previsto ad aprire e accendere lo spazio vitale - normalmente troppo stretto, soffocato dagli obblighi.

Nel Tao Tê Ching si legge: «Se vuoi ottenere qualcosa, devi prima permettere che sia dato ad altri».

La fioritura seguirà l’indole naturale dei figli: sarà senza sforzo alcuno, né recita di santità volitiva, sovraccarica (simpatica o altro).

Sottile consapevolezza e Perfezione che distingue l’autentico uomo nuovo nello Spirito dall’imbonitore che ignora le cose del Padre e cerca scorciatoie affannose, passando sottobanco favori e “mazzette” onde sbrigare immediatamente la propria pratica con Dio e il prossimo.

 

Amare il nemico che ci [trae fuori e] fa Perfetti:

Se gli altri non sono come abbiamo sognato, è una fortuna: le porte sbattute in faccia e il loro pungolo stanno preparandoci ben altre gioie.

 

L’avventura della Fede estrema è per una Bellezza che ferisce e una Felicità anormale, prominente.

Qui, solo chi sa attendere trova la sua Via.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Quale consapevolezza o fine ti proponi nel coinvolgere il tempo, la percezione, l’ascolto, la gentilezza?

Apparire diverso dalla tua indole, per piacere agli altri? Farsi accettare? 

O essere perfettamente te stesso, e attendere gli sviluppi che si stanno preparando?

Lunedì, 09 Giugno 2025 03:44

Capaci di un nuovo inizio

«Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» - si legge nel Libro del Levitico (19,1). Con queste parole, e i precetti che ne conseguono, il Signore invitava il popolo che si era scelto ad essere fedele all’alleanza con Lui camminando sulle sue vie e fondava la legislazione sociale sul comandamento «amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18). Se ascoltiamo, poi, Gesù, nel quale Dio ha assunto un corpo mortale per farsi prossimo di ogni uomo e rivelare il suo amore infinito per noi, ritroviamo quella stessa chiamata, quello stesso audace obiettivo. Dice, infatti, il Signore: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Ma chi potrebbe diventare perfetto? La nostra perfezione è vivere con umiltà come figli di Dio compiendo concretamente la sua volontà. San Cipriano scriveva che «alla paternità di Dio deve corrispondere un comportamento da figli di Dio, perché Dio sia glorificato e lodato dalla buona condotta dell’uomo» (De zelo et livore, 15: CCL 3a, 83).

In che modo possiamo imitare Gesù? Gesù stesso dice: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,44-45). Chi accoglie il Signore nella propria vita e lo ama con tutto il cuore è capace di un nuovo inizio. Riesce a compiere la volontà di Dio: realizzare una nuova forma di esistenza animata dall’amore e destinata all’eternità. L’apostolo Paolo aggiunge: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?» (1 Cor 3,16). Se siamo veramente consapevoli di questa realtà, e la nostra vita ne viene profondamente plasmata, allora la nostra testimonianza diventa chiara, eloquente ed efficace. Un autore medievale ha scritto: «Quando l’intero essere dell’uomo si è, per così dire, mescolato all’amore di Dio, allora lo splendore della sua anima si riflette anche nell’aspetto esteriore» (Giovanni Climaco, Scala Paradisi, XXX: PG 88, 1157 B), nella totalità della vita. «Grande cosa è l’amore – leggiamo nel libro dell’Imitazione di Cristo –, un bene che rende leggera ogni cosa pesante e sopporta tranquillamente ogni cosa difficile. L’amore aspira a salire in alto, senza essere trattenuto da alcunché di terreno. Nasce da Dio e soltanto in Dio può trovare riposo» (III, V, 3).

[Papa Benedetto, Angelus 20 febbraio 2011]

Lunedì, 09 Giugno 2025 03:39

Non cedere ai meccanismi

1. "Ecco, noi saliamo a Gerusalemme" (Mc 10, 33). Con queste parole il Signore invita i discepoli a percorrere con Lui il cammino che dalla Galilea conduce al luogo dove si consumerà la sua missione redentrice. Questo cammino verso Gerusalemme, che gli Evangelisti presentano come il coronamento dell'itinerario terreno di Gesù, costituisce il modello della vita del cristiano, impegnato a seguire il Maestro sulla via della Croce. Anche agli uomini e alle donne di oggi Cristo rivolge l'invito a "salire a Gerusalemme". Lo rivolge con forza particolare in Quaresima, tempo favorevole per convertirsi e ritrovare la piena comunione con Lui, partecipando intimamente al mistero della sua morte e risurrezione.  

La Quaresima, pertanto, rappresenta per i credenti l'occasione propizia di una profonda revisione di vita. Nel mondo contemporaneo, accanto a generosi testimoni del Vangelo, non mancano battezzati che, dinanzi all'esigente appello ad intraprendere la "salita verso Gerusalemme", assumono un atteggiamento di sorda resistenza ed a volte anche di aperta ribellione. Sono situazioni in cui l'esperienza della preghiera è vissuta in modo piuttosto superficiale, così che la parola di Dio non incide nell'esistenza. Lo stesso Sacramento della Penitenza è ritenuto da molti insignificante e la Celebrazione eucaristica domenicale soltanto un dovere da assolvere. 

Come accogliere l'invito alla conversione che Gesù ci rivolge anche in questa Quaresima? Come realizzare un serio cambiamento di vita? Occorre innanzitutto aprire il cuore ai toccanti messaggi della liturgia. Il periodo che prepara alla Pasqua rappresenta un provvidenziale dono del Signore ed una preziosa possibilità per avvicinarsi a Lui, rientrando in se stessi e mettendosi in ascolto dei suoi interiori suggerimenti. 

2. Ci sono cristiani che pensano di poter fare a meno di tale costante sforzo spirituale, perché non avvertono l'urgenza di confrontarsi con la verità del Vangelo. Essi tentano di svuotare e rendere innocue, perché non turbino il loro modo di vivere, parole come: "Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano" (Lc 6, 27). Tali parole, per queste persone, risuonano quanto mai difficili da accettare e da tradurre in coerenti comportamenti di vita. Sono infatti parole che, se prese sul serio, obbligano ad una radicale conversione. Invece, quando si è offesi e feriti, si è tentati di cedere ai meccanismi psicologici dell'autocompassione e della rivalsa, ignorando l'invito di Gesù ad amare il proprio nemico. Eppure le vicende umane d'ogni giorno mettono in luce, con grande evidenza, quanto il perdono e la riconciliazione siano irrinunciabili per porre in essere un reale rinnovamento personale e sociale. Questo vale nelle relazioni interpersonali, ma anche nei rapporti fra comunità e fra nazioni. 

[Papa Giovanni Paolo II, Messaggio per la Quaresima 2001]

Lunedì, 09 Giugno 2025 03:28

Il buon affare

Amare i nostri nemici, quelli che ci perseguitano e ci fanno soffrire, è difficile e non è neppure un “buon affare” perché ci impoverisce. Eppure è questa la strada indicata e percorsa da Gesù per la nostra salvezza […]

Durante l’omelia il Pontefice ha ricordato che la liturgia in questi giorni propone di riflettere sui parallelismi fra «la legge antica e la legge nuova, la legge del monte Sinai e la legge del monte delle beatitudini». Entrando nello specifico delle letture — tratte dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinzi (8, 1-9) e dal vangelo di Matteo (5, 43-48) — il Santo Padre si è soffermato sulla difficoltà dell’amore ai nemici e chiedendosi come sia possibile perdonare ha aggiunto: «Anche noi, tutti noi, abbiamo nemici, tutti. Alcuni nemici deboli, alcuni forti. Anche noi tante volte diventiamo nemici di altri; non gli vogliamo bene. Gesù ci dice dobbiamo amare i nemici».

Non si tratta di un impegno facile e, in genere, «pensiamo che Gesù ci chiede troppo. Pensiamo: “Lasciamo queste cose alle suore di clausura che sono sante, a qualche anima santa!”». Ma non è l’atteggiamento giusto. «Gesù — ha ricordato il Papa — dice che si deve fare questo perché altrimenti siete come i pubblicani, come i pagani, e non siete cristiani». Di fronte ai tanti drammi che segnano l’umanità, ha ammesso, è difficile fare questa scelta: come si può amare, infatti, «quelli che prendono la decisione di fare un bombardamento e ammazzare tante persone? Come si possono amare quelli che per amore dei soldi non lasciano arrivare le medicine a chi ne ha bisogno, agli anziani, e li lasciano morire?». E ancora: «Come si possono amare le persone che cercano solo il loro interesse, il loro potere e fanno tanto male?».

Io non so — ha affermato il vescovo di Roma — «come si possa fare. Ma Gesù ci dice due cose: primo, guardare al Padre. Nostro Padre è Dio: fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni; fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Nostro Padre al mattino non dice al sole: “Oggi illumina questi e questi; questi no, lasciali nell’ombra!” Dice: “Illumina tutti”. Il suo amore è per tutti, il suo amore è un dono per tutti, buoni e cattivi. E Gesù finisce con questo consiglio: “Voi dunque siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste”». Dunque l’indicazione di Gesù è di imitare il Padre in «quella perfezione dell’amore. Lui perdona ai suoi nemici. Fa tutto per perdonarli. Pensiamo con quanta tenerezza Gesù riceve Giuda nell’orto degli ulivi», quando tra i discepoli c’è chi pensa alla vendetta.

«La vendetta — ha detto in proposito il Pontefice — è quel pasto tanto buono quando si mangia freddo» e per questo attendiamo il momento giusto per compierla. «Ma questo — ha ripetuto — non è cristiano. Gesù ci chiede di amare i nemici. Come si può fare? Gesù ci dice: pregate, pregate per i vostri nemici». La preghiera fa miracoli e ciò vale non solo quando siamo in presenza di nemici; vale anche quando nutriamo qualche antipatia, «qualche piccola inimicizia». E allora bisogna pregare, perché «è come se il Signore venisse con l’olio e preparasse i nostri cuori alla pace».

Ma — ha aggiunto il Papa rivolgendosi ai presenti — «ora vorrei lasciarvi una domanda, alla quale ciascuno può rispondere in cuor suo: io prego per i miei nemici? Io prego per quelli che non mi vogliono bene? Se noi diciamo di sì, io vi dico: vai avanti, prega di più, perché questa è una buona strada. Se la risposta è no, il Signore dice: Poveretto! Anche tu sei nemico degli altri! E allora bisogna pregare perché il Signore cambi i loro cuori».

Il Papa ha poi messo in guardia da atteggiamenti tesi a giustificare la vendetta a seconda del grado dell’offesa ricevuta, del male fatto da altri: la vendetta, cioè, fondata sul principio «occhio per occhio, dente per dente». Dobbiamo guardare ancora all’esempio di Gesù: «Conoscete infatti la grazia di cui parla oggi l’apostolo Paolo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. È vero: l’amore ai nemici ci impoverisce, ci fa poveri, come Gesù, il quale, quando è venuto, si è abbassato sino a farsi povero». Forse non è un “buon affare”, ha aggiunto il Pontefice, o almeno non lo è secondo le logiche del mondo. Eppure, «è la strada che ha fatto Dio, la strada che ha fatto Gesù», sino a conquistarci la grazia che ci ha fatto ricchi.

Questo «è il mistero della salvezza: con il perdono, con l’amore per il nemico noi diventiamo più poveri. Ma quella povertà è seme fecondo per gli altri, come la povertà di Gesù è diventata grazia per tutti noi, salvezza. Pensiamo ai nostri nemici, a chi non ci vuole bene. Sarebbe bello se offrissimo la messa per loro, se offrissimo il sacrificio di Gesù per loro che non ci amano. E anche per noi, perché il Signore ci insegni questa saggezza: tanto difficile ma anche tanto bella e ci rende simili anche al suo Figlio, che nel suo abbassamento si è fatto povero per arricchire noi della sua povertà».

[Papa Francesco, meditazione a s. Marta, in L’Osservatore Romano 19/06/2013]

Domenica, 08 Giugno 2025 04:32

Vuoi passare avanti? Accomodati

L’alternativa “vittoria-o-sconfitta” è falsa: bisogna uscirne

(Mt 5,38-42)

 

«Altra guancia»: clima dell’inventiva.

Non opporsi al malvagio consente di sperimentare le Beatitudini, antidoto ai rapporti unilaterali; ma ciò è impossibile, se non lasciamo si sviluppi una Energia innata.

Nel contraccambio infinitamente ripetuto non c’è saggezza che ‘legge dentro’; nel rovesciamento, sì.

 

La nuova esperienza di Dio è quella d’un Amore creativo genuino, che senza posa butta all’aria, introduce nuove potenze, e incredibilmente capovolge tutto.

Fuori e dentro di noi esiste un altro Territorio, dove l’affinità dell’Attesa incontra il Disegno di Dio: ciò dopo un tempo di Silenzio che vive intensamente l’Oggi cogliendone la profondità, intuendolo come radice imprevedibile del Domani.

C’è un diverso ‘regno’, dove l’accondiscendenza incontra nuove spinte, cosmiche e acutamente personali; Profilo del Vivente.

Ciò senza precipitazione: dopo una «energia di pausa», virtù che si fa radice e linfa del futuro più esclusivo.

 

La fermezza nella tribolazione accettata diventa Seme di un nuovo Figlio, d’una Genesi impensata, che sta appena intrecciando le sue prime radici proprio in quel terreno paludoso.

L’attesa di Dio apre il nostro destino di stoltezze senza tregua e già decretate, alla fiducia in una nuova Linfa e Potenza.

Spalanca il Senso che non t’aspetti, in un clima d’inventiva che sorvola l’istinto azione-reazione [affinché la catena delle normalità non prenda il sopravvento sul mistero della nostra Identità-carattere e Destinazione].

 

La non-violenza non è una norma, bensì una Freccia superiore, che indica una direzione di Ricerca, la quale avanza di scoperta in scoperta.

La vita davvero esemplare è sempre di altro genere, fuori del comune.

Lasciare che anche gli opportunisti passino avanti crea il giusto distacco, affinché avvenga un nuovo Atto d’Essere, irripetibile.

Quando saremo pronti ci accorgeremo che la nostra mortificazione era un crocevia: essa ha inopinatamente spalancato il destino a una speranza meno corta, dilatando la vita.

Se gli altri non sono come abbiamo sognato, è una fortuna: le porte sbattute in faccia e il loro pungolo stanno preparandoci ben altre gioie.

 

L’avventura della Fede estrema è per una Bellezza che ferisce - acuendo la percezione, spostando lo sguardo, dilatando il cuore - e per una Gioia anormale, prominente.

L’alternativa “vittoria-o-sconfitta” è falsa: bisogna uscirne.

Dice il Tao Tê Ching: «I nuovi inizi sono spesso camuffati da dolorose perdite [ma] ciò ch’è cedevole sopraffà ciò ch’è duro. Il lento sorpassa il veloce».

Solo chi sa attendere trova la sua Via.

 

 

[Lunedì 11.a sett. T.O. 16 giugno 2025]

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The drama of prayer is fully revealed to us in the Word who became flesh and dwells among us. To seek to understand his prayer through what his witnesses proclaim to us in the Gospel is to approach the holy Lord Jesus as Moses approached the burning bush: first to contemplate him in prayer, then to hear how he teaches us to pray, in order to know how he hears our prayer (Catechism of the Catholic Church n.2598)
L’evento della preghiera ci viene pienamente rivelato nel Verbo che si è fatto carne e dimora in mezzo a noi. Cercare di comprendere la sua preghiera, attraverso ciò che i suoi testimoni ci dicono di essa nel Vangelo, è avvicinarci al santo Signore Gesù come al roveto ardente: dapprima contemplarlo mentre prega, poi ascoltare come ci insegna a pregare, infine conoscere come egli esaudisce la nostra preghiera (Catechismo della Chiesa Cattolica n.2598)
If penance today moves from the material to the spiritual side, let's say, from the body to the soul, from the outside to the inside, it is no less necessary and less feasible (Pope Paul VI)
Se la penitenza si sposta oggi dalla parte, diciamo, materiale a quella spirituale, dal corpo all’anima, dall’esterno all’interno, non è meno necessaria e meno attuabile (Papa Paolo VI)
“Love is an excellent thing”, we read in the book the Imitation of Christ. “It makes every difficulty easy, and bears all wrongs with equanimity…. Love tends upward; it will not be held down by anything low… love is born of God and cannot rest except in God” (III, V, 3) [Pope Benedict]
«Grande cosa è l’amore – leggiamo nel libro dell’Imitazione di Cristo –, un bene che rende leggera ogni cosa pesante e sopporta tranquillamente ogni cosa difficile. L’amore aspira a salire in alto, senza essere trattenuto da alcunché di terreno. Nasce da Dio e soltanto in Dio può trovare riposo» (III, V, 3) [Papa Benedetto]
For Christians, non-violence is not merely tactical behaviour but a person's way of being (Pope Benedict)
La nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere (Papa Benedetto)
But the mystery of the Trinity also speaks to us of ourselves, of our relationship with the Father, the Son and the Holy Spirit (Pope Francis)
Ma il mistero della Trinità ci parla anche di noi, del nostro rapporto con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo (Papa Francesco)
Jesus contrasts the ancient prohibition of perjury with that of not swearing at all (Matthew 5: 33-38), and the reason that emerges quite clearly is still founded in love: one must not be incredulous or distrustful of one's neighbour when he is habitually frank and loyal, and rather one must on the one hand and on the other follow this fundamental law of speech and action: "Let your language be yes if it is yes; no if it is no. The more is from the evil one" (Mt 5:37) [John Paul II]
Gesù contrappone all’antico divieto di spergiurare, quello di non giurare affatto (Mt 5, 33-38), e la ragione che emerge abbastanza chiaramente è ancora fondata nell’amore: non si deve essere increduli o diffidenti col prossimo, quando è abitualmente schietto e leale, e piuttosto occorre da una parte e dall’altra seguire questa legge fondamentale del parlare e dell’agire: “Il vostro linguaggio sia sì, se è sì; no, se è no. Il di più viene dal maligno” (Mt 5, 37) [Giovanni Paolo II]
And one thing is the woman before Jesus, another thing is the woman after Jesus. Jesus dignifies the woman and puts her on the same level as the man because he takes that first word of the Creator, both are “God’s image and likeness”, both; not first the man and then a little lower the woman, no, both. And the man without the woman next to him - both as mother, as sister, as bride, as work partner, as friend - that man alone is not the image of God (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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