Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Il brano proposto in questa domenica è tratto dal Vangelo lucano e pone l’accento sul mandato di Gesù ai suoi, evidenziando in che modo dovevano essere itineranti del Vangelo.
«Andate! Ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi. Non portate borsa, né bisaccia, né sandali, e non salutate nessuno per la via» (Lc 10,3-4).
Le Fonti documentano come Francesco prese alla lettera questa Parola di Dio, invitando i suoi frati a fare altrettanto.
Il Povero d’Assisi si dichiarava semplice e idiota e insegnava ai suoi frati la via della semplicità, sorella della vera Sapienza e della mansuetudine.
Nella Leggenda Maggiore si legge:
«Voglio che i miei frati siano discepoli del Vangelo e progrediscano nella conoscenza della Verità, in modo tale da crescere contemporaneamente nella purezza della semplicità. Così non disgiungeranno la semplicità della colomba dalla prudenza del serpente, che il Maestro insuperabile ha congiunto con la sua Parola benedetta» (FF 1188).
Francesco ebbe la grazie di farsi grande testimone anche nell’incontro con i soldati Saraceni.
Prese con sé un compagno, frate Illuminato, e decise di annunciare Cristo anche fra chi tagliava la testa ai cristiani.
“Partì, dunque, prendendo con sé un compagno, che si chiamava Illuminato ed era davvero illuminato e virtuoso.
Appena si furono avviati, incontrarono due pecorelle.
Il Santo si rallegrò e disse al compagno:
«Abbi fiducia nel Signore, fratello, perché si sta realizzando in noi quella parola del Vangelo: Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi».
Avanzarono ancora e si imbatterono nelle sentinelle saracene, che, slanciandosi come lupi contro le pecore, catturarono i servi di Dio minacciandoli di morte, crudelmente e sprezzantemente li maltrattarono, li coprirono d’ingiurie e di percosse e li incatenarono.
Finalmente, dopo averli malmenati in mille modi, per disposizione della divina Provvidenza li portarono dal Soldano, come l’uomo di Dio voleva” (FF 1173).
E spesso il Poverello “riscattò gli agnelli che venivano condotti al macello, in memoria di quell’Agnello mitissimo, che volle essere condotto alla morte per redimere i peccatori” (FF 1145).
Inoltre, dovunque si recasse ad annunciare il Vangelo, portava a tutti il saluto della Pace:
"In ogni suo sermone, prima di comunicare la Parola di Dio al popolo, augurava la pace, dicendo:
«Il Signore vi dia Pace!».
Questa Pace egli annunciava sempre con molta devozione a uomini e donne, a tutti quanti incontrava o venivano a lui” (FF 359).
Francesco era tutto teso ad annunciare quel Regno di Dio da cui ormai era posseduto; ardeva dal desiderio di testimoniarlo perché raggiungesse più anime possibili.
Domenica 14.a T.O. (anno C) [Lc 10,1-12.17-20]
Gesù risponde ai discepoli di Giovanni sul digiuno. Ora lo Sposo è con loro e non si digiuna; quando sarà loro tolto digiuneranno.
Logica che scardina la mentalità legalista.
Nelle Fonti abbiamo vari brani che evidenziano il modo di agire del Povero d’Assisi in merito a tale argomento.
Il Minimo vietava gli eccessi.
Francesco sapeva ben discernere fra importanza del digiuno ed esagerazione nel praticarlo.
Nella sua vita, mai la forma prese il posto della sostanza. Le Fonti francescane c’illustrano:
“Francesco muoveva rimproveri ai suoi fratelli troppo duri verso se stessi, e che arrivavano allo sfinimento a forza di veglie, digiuni, orazioni e penitenze corporali […]
L’uomo di Dio vietava simili eccessi, ammonendo quei fratelli con amorevolezza e richiamandoli al buonsenso, curando le loro ferite con la medicina di sagge istruzioni […]
Parlava con loro immedesimandosi nella loro situazione, non come un giudice quindi, bensì come un padre comprensivo con i suoi figli e come un medico compassionevole con i propri malati.
Sapeva essere infermo con gli infermi, afflitto con gli afflitti” (FF 1470).
Tutto questo pur essendo “uomo nuovo, [che] con nuove virtù rinnovava la via della perfezione ormai sparita dal mondo” (FF 3162).
Da persona matura e profondamente umana, egli sapeva aiutare i suoi frati, valutando le diverse situazioni che aveva dinanzi.
Nella Leggenda dei Tre compagni: “Tuttavia, quand’era il caso, castigava quelli che commettevano delle infrazioni" (FF 1470).
Francesco aveva ricevuto, per Grazia, il dono incommensurabile del vero discernimento.
Il Piccolo non tradiva la sostanza per la forma: custodiva entrambe in un sensato equilibrio umano e spirituale.
«Ma verranno giorni quando sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno» (Mt 9,15)
Sabato della 13.a sett. T.O. (Mt 9,14-17)
Gesù ci fa contemplare la chiamata forte e particolare di Matteo, spiazzando tutti, proprio perché comincia dai peccatori e non dai perfetti secondo la mentalità del tempo.
«Infatti non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13).
Francesco e Chiara vedevano negli stimoli della loro vocazione e dei fratelli e sorelle che li seguivano un appuntamento attraente fondamentale. Un’occasione per l’esistenza nella Grazia, che li aveva guardati e riscattati.
Attraverso la Chiamata, in loro Dio realizzava un dono segreto, ben oltre le attese d’una vita di piccolo cabotaggio.
In merito a Francesco, nelle Fonti si legge:
"Mentre passava vicino alla chiesa di S. Damiano, fu ispirato ad entrarci. Andatoci, prese a fare orazione fervidamente davanti all’immagine del Crocifisso, che gli parlò con commovente bontà
«Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va’ dunque e restauramela».
Tremante e stupefatto, il giovane rispose:
«Lo farò volentieri, Signore».
Egli aveva però frainteso; pensava si trattasse di quella chiesa che, per la sua antichità, minacciava prossima rovina.
Per quelle parole del Cristo egli si fece immensamente lieto e raggiante; sentì nell’anima ch’era stato veramente il Crocifisso a rivolgergli il messaggio.
Uscito dalla chiesa, trovò un sacerdote seduto lì accanto, e mettendo mano alla borsa, gli offrì del denaro dicendo:
«Messere, ti prego di comprare l’olio per fare ardere una lampada dinanzi a quel Crocifisso. Finiti questi soldi, te ne porterò degli altri, secondo il bisogno» " (FF 1411).
Il Poverello, continuò in vita a considerare la minorità come specifica vocazione del Frate.
In tal guisa, osservando il comportamento dei religiosi, a volte sembrava preoccupato…
Talora egli "vedeva che alcuni desideravano ardentemente le cariche dell’Ordine, delle quali si rendevano indegni, oltre al resto, anche per la sola ambizione di governare. E diceva che questi «non erano frati minori, ma avevano dimenticato la loro vocazione ed erano decaduti dalla gloria»” (FF 729).
Altresì Chiara, riguardo la vocazione delle sorelle dimoranti in S. Damiano, così si esprimeva nel suo Testamento:
«Proprio il Signore ha collocato noi come modello, ad esempio e specchio non solo per gli altri uomini, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore stesso ha chiamato a seguire la nostra vocazione, affinché esse pure risplendano come specchio ed esempio per tutti coloro che vivono nel mondo» (FF 2829).
Venerdì della 13.a sett. T.O. (Mt 9,9-13)
Nel primo giorno della settimana Gesù entrò a porte chiuse nel luogo dove i discepoli erano riuniti.
Affidò loro il mandato di annunciare la Buona Novella, «alitando» su di essi perché ricevessero lo Spirito Santo.
Tommaso, assente, faticò a credere e ricevette un richiamo da Gesù per aver preteso di vedere e toccare, senza accogliere la testimonianza degli altri discepoli.
Eppure Tommaso cercava l’esperienza in prima persona del Risorto.
Il Povero d’Assisi e i suoi frati crebbero nella fede anche mediante l’incontro fattivo con il Signore nella povertà vissuta, nella solitudine ed orazione sperimentata nel quotidiano.
La fede in Gesù, morto sulla croce come un malfattore per assicurarci la Vita senza fine, traboccava nella nuda esistenza minoritica di Francesco e dei suoi.
Certamente era dono divino, ma anche frutto di una relazione non formale, sviluppatasi nell’itinerario intrapreso.
Giova ricordare quanto le Fonti attestano:
"[Francesco] insegnò loro a lodare Dio in tutte le creature; ad onorare con particolare venerazione i sacerdoti, come pure a credere fermamente e a confessare schiettamente la verità della fede […]
Essi osservavano in tutto e per tutto gli insegnamenti del padre santo e, appena scorgevano qualche chiesa da lontano, o qualche croce, si volgevano verso di essa, prostrandosi umilmente a terra e pregando secondo la forma loro indicata" (FF 1069).
La stessa Chiara, nella Lettera a Ermentrude di Bruges, in merito alla vita di Fede, suggerisce:
«Rimani, dunque, o carissima, fedele fino alla morte a Colui, al quale ti sei legata per sempre. E certamente sarai da Lui coronata con la corona della vita.
Il tempo della fatica quaggiù è breve, ma la ricompensa è eterna.
Non ti abbaglino gli splendori del mondo che passa come ombra.
Non ti sorprendano le vuote immagini di questo mondo ingannatore; chiudi le tue orecchie ai sibili dell’inferno e spezza da forte le sue tentazioni.
Sostieni di buona voglia le avversità, e la superbia non rigonfi il tuo cuore nelle cose prospere; queste ti richiamano alla tua fede, quelle la richiedono» (FF 2914).
L’esperienza di Dio nella loro vita era stata così forte, incisiva e misericordiosa da poter parlare come nessuno aveva fatto mai.
"Gli rispose Tommaso e gli disse: «Il mio Signore e il mio Dio!»" (Gv 20,28)
3 luglio, s. Tommaso apostolo (Gv 20,24-29)
Il brano di Mt propone un Gesù alle prese coi demoni che temono di essere scacciati.
Gli spiriti impuri si coalizzano contro gli autentici servitori di Dio. Francesco ne sapeva qualcosa.
Le Fonti narrano di quanto gli accadde una volta, ospitato a Roma dal cardinal Leone di Santa Croce, che lo aveva voluto per qualche tempo presso di sé.
"I demoni superbi fuggono davanti alla eccelsa virtù degli umili, salvo in qualche caso in cui la divina clemenza permette che gli umili vengano schiaffeggiati, proprio per mantenerli in umiltà, come Paolo apostolo scrive di se stesso e come Francesco ha provato per esperienza diretta […]".
Il Santo, avendo accettato l’invito per venerazione ed amore verso il cardinale, la prima notte ebbe a sperimentare, dopo l’orazione, un vero e proprio assalto dei demoni, che lo percossero a lungo e crudelmente, e lo lasciarono, alla fine, mezzo morto.
Quando se ne furono andati, chiamò il suo compagno e gli raccontò l’accaduto.
«Fratello, i demoni non hanno alcun potere, se non nel limite predisposto dalla Provvidenza.
Perciò io credo che mi hanno assalito così ferocemente, perché la mia permanenza nella curia dei magnati non fa una impressione buona.
I miei frati che dimorano in luoghi poverelli, sentendo che io me ne sto con i cardinali sospetteranno forse che mi sia invischiato nelle cose mondane, stando in mezzo agli onori e agli agi.
Giudico, pertanto, che sia meglio, per chi viene posto come esempio, stare lontano dalle curie e trascorrere con umiltà la vita tra gli umili, in luoghi umili.
Così egli sarà di conforto, vivendo nelle loro stesse condizioni, per coloro che vivono in penuria».
Vanno, dunque, al mattino e, con umili scuse, danno l’addio al cardinale" (FF 1115).
Dinanzi alla Grazia, il male chiama i rinforzi; ma ciò che lo sbaraglia, dice Francesco, è l’umiltà.
Dunque, neppure gli spiriti «assai furiosi» (v.28) nulla possono dinanzi all’umiltà del Figlio di Dio e dei suoi servi.
Com’è scritto nelle Fonti [Sacrum Commercium]:
«Egli (satana) infatti é orgogliosissimo, e la sua superbia e la sua tracotanza sono anche maggiori della sua forza.
Nutre grande furore per causa vostra e rivolgerà contro di voi tutte le armi della sua astuzia, cercando di schizzare il veleno della sua malizia, perché dopo aver concluso la guerra sbaragliando e buttando a terra gli altri, non può sopportare di vedervi in piedi sopra di lui» (FF 2026).
Conta che, dopo essere stati salvati, annunciamo la misericordia usataci da Dio. Questo devasta il menzognero!
Francesco lo ha fatto, attestando la povertà del Figlio di Dio, la quale trasferita fra le pieghe del quotidiano, trascina gli spiriti impuri giù dalla rupe, nel mare delle loro contraddizioni, annientandoli.
La vita santa di lui e della sua fraternità ai primordi li rendeva annunciatori della Misericordia, cantori dell’Onnipotente.
"I demoni lo supplicavano dicendo: «Se ci scacci, inviaci nella mandria dei porci»" (Mt 8,31)
Mercoledì 13.a sett. T.O. (Mt 8,28-34)
Nel Vangelo di oggi Gesù chiede ai suoi, nella tempesta sul mare, un supplemento di fede.
«Perché siete paurosi, [uomini] di poca fede?» (Mt 8,26).
Anche a Francesco, in determinate situazioni della vita, Gesù chiese una maggiore fede, libero dalla paura, poiché sulla sua barca assediata dalle onde della tentazione c’era Lui: Cristo, il Grande Timoniere.
Nelle Fonti, nella Vita seconda del Celano, troviamo un ammaestramento in proposito:
"Ad un certo momento della sua vita, il Padre subì una violentissima tentazione di spirito, sicuramente a vantaggio della sua corona.
Per questo era angustiato e pieno di sofferenza, mortificava e macerava il suo corpo, pregava e piangeva nel modo più penoso. Questa lotta durò più anni.
Un giorno, mentre pregava in Santa Maria della Porziuncola, udì in spirito una voce:
«Francesco, se avrai fede quanto un granellino di senapa, dirai al monte che si sposti ed esso si muoverà».
«Signore, - rispose il Santo - qual è il monte, che io vorrei trasferire?».
E la voce di nuovo:
«Il monte è la tua tentazione».
«O Signore, - rispose il Santo in lacrime - avvenga a me, come hai detto».
Subito sparì ogni tentazione e si sentì libero e del tutto sereno nel più profondo del cuore" (FF 702).
Affidandosi a Gesù il Poverello non naufragò tra i marosi della vita e con la Grazia riuscì a superare ogni grave ostacolo.
Chiara stessa, dinanzi a impellenti pericoli, trovò nella Fede la via d’uscita ed esortò in tal senso pure le sue sorelle.
Lo attesta una sua Lettera ad Ermentrude di Bruges cui dice, fra l’altro:
«Sostieni di buona voglia le avversità, e la superbia non rigonfi il tuo cuore nelle cose prospere; queste ti richiamano alla tua fede, quelle la richiedono».
Martedì della 13.a sett. T.O. (Mt 8,23-27)
Nel brano evangelico di oggi Gesù propone a chi vuole seguirlo una reale povertà del vivere e il distacco pronto da esigenze di parentela.
Francesco d’Assisi si innamorò di Madonna Povertà fin dai primordi e non si separò mai da lei, insegnando ai suoi frati a fare altrettanto.
Innumerevoli i brani offerti dalle Fonti francescane in merito.
Ne proponiamo qualcuno.
"Mentre si trovava in questa valle di lacrime, il beato padre disprezzava le povere ricchezze comuni ai figli degli uomini e aspirava di tutto cuore alla povertà, desiderando più alta gloria.
E poiché osservava che la povertà, mentre era stata intima del Figlio di Dio, veniva pressoché rifiutata da tutto il mondo, bramò di sposarla con amore eterno.
Perciò, innamorato della sua bellezza, per aderire più fortemente alla sposa ed essere due in un solo spirito, non solo lasciò padre e madre, ma si distaccò da tutto.
Da allora la strinse in casti amplessi e neppure per un istante accettò di non esserle sposo.
Ripeteva ai suoi figli che questa è la via della perfezione, questo il pegno e la garanzia delle ricchezze eterne.
Nessuno fu tanto avido di oro, quanto lui di povertà, né alcuno più preoccupato di custodire un tesoro, quanto lui la gemma evangelica.
Il suo sguardo in questo si sentiva particolarmente offeso, se nei frati - o in casa o fuori - vedeva qualcosa di contrario alla povertà.
E in realtà, dall’inizio della sua vita religiosa sino alla morte, ebbe come sua ricchezza una tonaca sola, cingolo e calzoni: non ebbe altro.
Il suo aspetto povero indicava chiaramente dove accumulasse le sue ricchezze.
Per questo, lieto, sicuro, agile alla corsa, godeva di aver scambiato con un bene che valeva cento volte le ricchezze destinate a perire" (FF 641).
Convinto che la condizione precaria avvicinava in modo speciale a quella di Cristo, benediva l’elemosina e la considerava caratteristica del farsi minore secondo il Vangelo.
Nella Leggenda maggiore:
"Talora, esortando i frati a cercare l’elemosina, usava argomenti di questo genere:
«Andate, perché in questi ultimissimi tempi i frati minori sono stati dati in prestito al mondo, per dar modo agli eletti di compiere in loro le opere con cui meritarsi l’elogio del Sommo Giudice e quella dolcissima assicurazione:
‘Ogni volta che lo avete fatto a uno di questi miei frati più piccoli, lo avete fatto a me’».
«Perciò, concludeva, è bello andare a mendicare sotto il titolo di ‘frati minori’, titolo che il Maestro della verità ha indicato nel Vangelo con tanta precisione, come motivo di eterna ricompensa per i giusti» (FF 1128).
E nella Regola di S. Chiara:
«E affinché non ci allontanassimo mai dalla santissima povertà che abbracciammo, e neppure quelle che sarebbero venute dopo di noi, poco prima della sua morte di nuovo scrisse per noi la sua ultima volontà con queste parole:
«Io, frate Francesco piccolino, voglio seguire la vita e la povertà dell’Altissimo Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre, e perseverare in essa sino alla fine.
E prego voi, mie Signore, e vi consiglio che viviate sempre in questa santissima vita e povertà.
E guardatevi molto bene dall’allontanarvi mai da essa in nessuna maniera per l’insegnamento o il consiglio di alcuno» (FF 2790).
«Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Mt 8,20)
Lunedì della 13.a sett. T.O. (Mt 8,18-22)
Francesco d’Assisi aveva grande rispetto per la Chiesa che considerava madre, santa, cattolica, apostolica, romana:
«Agli inizi della mia nuova vita, quando mi separai dal mondo e dal mio padre terreno, il Signore pose la sua Parola sulle labbra del vescovo d’Assisi, affinché mi consigliasse saggiamente nel servizio del Cristo e mi donasse conforto.
Per questa ragione e per le altre eminenti qualità che riconosco […] io voglio amare […] e considerare miei signori non soltanto i vescovi, ma anche gli umili sacerdoti» (FF 1562).
Inoltre le Fonti attestano come Francesco si recò con undici compagni alla Curia del Papa per informarlo del suo nuovo e originale progetto di vita ed ottenere conferma alla Regola da lui composta.
Leggiamo: “Vedendo Francesco che il Signore accresceva i suoi fratelli […] si rivolse agli undici del gruppo:
«Fratelli vedo che il Signore misericordioso vuole aumentare la nostra comunità.
Andiamo dunque dalla nostra madre, la santa Chiesa romana, e comunichiamo al sommo pontefice ciò che il Signore ha cominciato a fare per mezzo di noi, al fine di continuare la nostra missione, secondo il suo volere e le sue disposizioni» " (FF1455).
Fu così presentato al sommo pontefice che pregò Francesco di chiedere a Dio se davvero quel genere di vita corrispondesse al suo volere.
In obbedienza a quanto chiestogli, il Poverello, dopo lunga orazione, confermò il santo proposito come veniente da Dio, convincendo il Papa con una parabola ricevuta per divina ispirazione.
Egli abbracciò il santo e approvò la Regola.
“Ricevuta la benedizione da Innocenzo III, si recarono a visitare le tombe degli Apostoli […] Allora l’uomo di Dio partì da Roma con i fratelli, dirigendosi alla evangelizzazione del mondo" (FF 1460-1462).
D’altra parte Francesco, pregando davanti al Crocifisso della chiesa di S. Damiano "che minacciava rovina, vecchia com’era […] udì con gli orecchi del corpo una voce scendere verso di lui e dirgli per tre volte:
«Francesco, va’ e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina!» " (FF 1038).
Ciò facendo riferimento non solo e non tanto alle mura quanto “a quella Chiesa che Cristo acquistò col suo Sangue, come lo Spirito Santo gli avrebbe fatto capire e come egli stesso rivelò in seguito ai frati"
(FF 1038).
Ss. Pietro e Paolo Ap. (Mt 16,13-19)
Francesco, il giullare di Dio, dopo che la Grazia lo aveva reso creatura nuova, preferì alla famiglia naturale quella datagli dal Padre delle misericordie.
Infatti, senza esitare, davanti al vescovo di Assisi e a tutti gli astanti, si denudò come segno di abbandono, aggiungendo:
«Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro, che sei nei cieli, perché in Lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza» (FF 1043).
Come dire: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49).
Risposta eloquente al vecchio mondo che lasciava languire nei suoi sollazzi, preferendo gustare la dolcezza respirata a casa Nazareth.
Francesco è in sintonia con la Sacra Famiglia: sia nella dimensione personale che comunitaria sviluppatasi attorno a lui.
Infatti si nutre di povertà e semplicità, crescendo in età, Sapienza e Grazia, davanti a Dio e ai suoi amati frati.
Stava sottomesso ad ogni fratello e seminava ovunque quella straordinaria Sapienza infusa, che gli viene dall’alto, pura e arrendevole.
Maria lo accompagna ovunque.
A Lei si stringeva in ogni evento importante, tanto da definire Avvocata dell’Ordine Colei che aveva reso nostro fratello il Signore della Maestà.
E non meno Chiara faceva parte della singolare, silenziosa Famiglia di Dio, in modo così pieno da ricevere in dono [ormai malata e non più in grado di recarsi in chiesa] di partecipare sensibilmente alla Liturgia natalizia.
Il Padre delle Misericordie e l’intera Famiglia nazaretiana erano con lei.
Le Fonti c’informano:
“In quell’ora del Natale (1252), quando il mondo giubila con gli angeli per il Bambino appena nato, tutte le Donne si avviano per il Mattutino al luogo della preghiera, lasciando sola la Madre gravata dalla sua infermità.
E, avendo iniziato a pensare a Gesù piccolino e a dolersi molto di non poter partecipare al canto delle sue lodi, sospirando gli dice:
«Signore Iddio, eccomi lasciata qui sola per Te!».
Ed ecco, all’improvviso cominciò a risuonare alle sue orecchie il meraviglioso concerto che si faceva nella chiesa di S. Francesco.
Udiva i frati salmeggiare nel giubilo, seguiva le armonie dei cantori, percepiva perfino il suono degli strumenti.
Il luogo non era affatto così vicino da consentire umanamente la percezione di quei suoni: o quella celebrazione solenne fu resa divinamente sonora fino a raggiungerla, oppure il suo udito fu rafforzato oltre ogni umana possibilità.
Anzi, cosa che supera questo prodigio di udito, ella fu degna di vedere perfino il presepio del Signore.
Quando, al mattino, le figlie andarono da lei, la beata Chiara disse:
«Benedetto il Signore Gesù Cristo, che non mi ha lasciata sola, quando voi mi avete abbandonata!
Ho proprio udito, per Grazia di Cristo, tutte quelle cerimonie che sono state celebrate questa notte nella chiesa di S. Francesco» (FF 3212).
Nelle Comunità di Francesco e Chiara d’Assisi ferveva lo spirito della Famiglia di Nazareth, esperta del soffrire ma anche luogo di virtù genuine. Chiara, come ‘altra Maria’, meditava nel suo cuore Tutti i Misteri del Figlio di Dio.
Cuore Immacolato di Maria (Lc 2,41-51)
Nella liturgia del Ss.mo Cuore di Gesù ci viene proposto un brano di Luca in cui il vero Pastore va in cerca della pecora smarrita, lasciando le novantanove già al sicuro.
La pecora può smarrirsi in mille modi e in diversi contesti.
La vita di Francesco, il Povero, è ricca di episodi singolari, che attestano l’ampiezza di un cuore nuovo, improntato all’Amore, attestando il suo essere pastore misericordioso delle anime.
All’inizio della loro vita comunitaria, i frati vivevano a Rivotorto, a 3 km dalla Porziuncola.
Ecco cosa accadde in quel luogo una sera:
"Una notte, una di quelle pecorelle, mentre le altre dormivano, si mise a gridare: «Muoio, fratelli, ecco, muoio di fame!».
Il saggio pastore si alzò immediatamente e si affrettò a portare l’aiuto opportuno alla pecorella infermiccia.
Ordinò di preparare la mensa, anche se con cibi alla buona […]
Proprio lui cominciò a mangiare per primo ed invitò a quel dovere di carità gli altri frati, perché il poverino non avesse ad arrossire.
Preso il cibo col timore del Signore, affinché fosse completo l’atto di carità, il Padre tenne ai figli un lungo discorso sulla virtù della discrezione.
Prescrisse di offrire sempre a Dio un sacrificio condito di prudenza, ammonendoli accortamente di tener conto, nel servizio divino, delle proprie forze […]
Poi soggiunse:
«Carissimi, ciò che ho fatto mangiando, sappiate che è stato fatto non per bramosia, ma per doverosa attenzione e perché me lo ha imposto la carità fraterna.
La carità vi sia di esempio, non il cibo, perché questo soddisfa la gola, quella invece lo spirito» " (FF 608).
E ancora:
"Un giorno, trovandosi in cammino nei pressi di Siena, incontrò un grande gregge di pecore al pascolo.
Secondo il suo solito, le salutò benevolmente, e quelle, smettendo di brucare, corsero tutte insieme da lui, sollevando il muso e fissandolo con gli occhi alzati.
Gli fecero tanta festa che i frati e i pastori ne rimasero stupefatti, vedendo gli agnelli e perfino gli arieti saltellargli intorno in modo così meraviglioso" (FF 1147- Leggenda maggiore).
La Carità ha un profumo speciale e tutte le pecore ne riconoscono la fragranza.
«Quale uomo tra voi avendo cento pecore e perduta una di esse non abbandona le novantanove nel deserto e parte verso quella perduta finché l’abbia trovata?» (Lc 15,4).
Venerdì del Sacratissimo Cuore di Gesù - anno C (Lc 15,3-7)
The dialogue of Jesus with the rich young man, related in the nineteenth chapter of Saint Matthew's Gospel, can serve as a useful guide for listening once more in a lively and direct way to his moral teaching [Veritatis Splendor n.6]
Il dialogo di Gesù con il giovane ricco, riferito nel capitolo 19 del Vangelo di san Matteo, può costituire un'utile traccia per riascoltare in modo vivo e incisivo il suo insegnamento morale [Veritatis Splendor n.6]
The Gospel for this Sunday (Lk 12:49-53) is part of Jesus’ teachings to the disciples during his journey to Jerusalem, where death on the cross awaits him. To explain the purpose of his mission, he takes three images: fire, baptism and division [Pope Francis]
Il Vangelo di questa domenica (Lc 12,49-53) fa parte degli insegnamenti di Gesù rivolti ai discepoli lungo la sua salita verso Gerusalemme, dove l’attende la morte in croce. Per indicare lo scopo della sua missione, Egli si serve di tre immagini: il fuoco, il battesimo e la divisione [Papa Francesco]
«And they were certainly inspired by God those who, in ancient times, called Porziuncola the place that fell to those who absolutely did not want to own anything on this earth» (FF 604)
«E furono di certo ispirati da Dio quelli che, anticamente, chiamarono Porziuncola il luogo che toccò in sorte a coloro che non volevano assolutamente possedere nulla su questa terra» (FF 604)
It is a huge message of hope for each of us, for you whose days are always the same, tiring and often difficult. Mary reminds you today that God calls you too to this glorious destiny (Pope Francis)
È un grande messaggio di speranza per ognuno noi; per te, che vivi giornate uguali, faticose e spesso difficili. Maria ti ricorda oggi che Dio chiama anche te a questo destino di gloria (Papa Francesco)
In the divine attitude justice is pervaded with mercy, whereas the human attitude is limited to justice. Jesus exhorts us to open ourselves with courage to the strength of forgiveness, because in life not everything can be resolved with justice. We know this (Pope Francis)
Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia. Gesù ci esorta ad aprirci con coraggio alla forza del perdono, perché nella vita non tutto si risolve con la giustizia; lo sappiamo (Papa Francesco)
The Second Vatican Council's Constitution on the Sacred Liturgy refers precisely to this Gospel passage to indicate one of the ways that Christ is present: "He is present when the Church prays and sings, for he has promised "where two or three are gathered together in my name there am I in the midst of them' (Mt 18: 20)" [Sacrosanctum Concilium, n. 7]
La Costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II si riferisce proprio a questo passo del Vangelo per indicare uno dei modi della presenza di Cristo: "Quando la Chiesa prega e canta i Salmi, è presente Lui che ha promesso: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18, 20)" [Sacrosanctum Concilium, 7]
This was well known to the primitive Christian community, which considered itself "alien" here below and called its populated nucleuses in the cities "parishes", which means, precisely, colonies of foreigners [in Greek, pároikoi] (cf. I Pt 2: 11). In this way, the first Christians expressed the most important characteristic of the Church, which is precisely the tension of living in this life in light of Heaven (Pope Benedict)
Era ben consapevole di ciò la primitiva comunità cristiana che si considerava quaggiù "forestiera" e chiamava i suoi nuclei residenti nelle città "parrocchie", che significa appunto colonie di stranieri [in greco pàroikoi]
don Giuseppe Nespeca
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