Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
«Donna, perché piangi? Chi cerchi?» (Gv 20,15).
Maria di Magdala piangeva il suo Signore, vicino al sepolcro. Smarrita e addolorata, si affliggeva non sapendo dove fosse, fin quando Gesù si fece presente.
Anche Chiara, nel chiuso di San Damiano, piangeva durante l’orazione per il suo Cristo, unendosi alla sua Passione, nell’attesa della Risurrezione.
Nella Leggenda leggiamo:
"Aveva ormai fissato nella Luce lo sguardo ardentissimo del desiderio interiore e, trascesa la sfera delle vicissitudini umane, spalancava in tutta la sua ampiezza il campo del suo spirito alla pioggia della Grazia.
[…] Spessissimo, prostrata in orazione col volto a terra, bagna il suolo di lacrime e lo sfiora con baci: così che pare avere sempre tra le braccia il suo Gesù, i cui piedi inondare di lacrime, su cui imprimere baci" (FF 3197).
Chiara cercava interiormente il Signore, anche per coloro che non lo desideravano.
Si guardava dal trattenere Cristo che saliva al Padre, vivendo l’annuncio della Resurrezione con volto di luce, attestante la visione attuale di Lui ai fratelli che l’avvicinavano.
Visse il perenne Esodo terreno in vista della Terra promessa, che già assaporava a piccole dosi.
Francesco, dal canto suo, giullare della Risurrezione, piangeva la Passione d’Amore, corroborata dalla rinascita esistenziale.
Ancora, nella Leggenda maggiore di San Bonaventura:
"A chi lo vedeva, sembrava un uomo dell’altro mondo: uno che, la mente e il volto sempre rivolti al cielo, si sforzava di attirare tutti verso l’alto" (FF 1072).
Come Maria di Magdala ebbe a fare il passaggio dall’esterno (vicina al sepolcro) all’interno della propria anima - per riconoscere Gesù Risorto.
Così Francesco, dopo essere vissuto all’esterno, fra allegre brigate assisane, aveva incontrato il «Rabbuni» all’interno del suo cuore. Riconoscendo e decifrando il Maestro della sua vita, in orazione dinanzi al Crocifisso di San Damiano.
Lì ritrovando Dio, ritrovava se stesso; in mezzo al pianto e alla gioia perfetta.
Gesù rivolse pure a lui la domanda: «Perché piangi? Chi cerchi?» (Gv 20,15).
Il Crocifisso damianita divenne il luogo della sua risurrezione, dove il pianto di una vita mancata, passata nei sollazzi, cedette il passo alla Chiamata per nome, in vista d’una rigenerazione personale e comunitaria.
A San Damiano, quando dal Crocifisso venne a lui una Voce divina che lo invitò a cambiare vita, il Povero pronunciò questa preghiera:
«Rapisca, ti prego, o Signore,
l’ardente e dolce forza del tuo amore
la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo,
perché io muoia per amore dell’amore tuo,
come tu ti sei degnato morire
per amore dell’amore mio» (FF 277).
Martedì Ottava di Pasqua (Gv 20,11-18)
«Essendo andate presto dal sepolcro con paura e grande gioia, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli» (Mt 28,8).
La liturgia del Lunedì dell’Angelo ritrae la gioia delle donne cui è affidato l’annuncio ai fratelli affinché vadano in Galilea: là lo avrebbero visto!
Francesco e Chiara d’Assisi vivevano la Pasqua ogni giorno, e ogni mattino era occasione favorevole per testimoniare che la Croce era fiorita nel mandorlo della Resurrezione.
Ogni momento era l’istante giusto per lodare il Signore Crocifisso e Risorto, e per invitare alla lode tutte le creature, poiché i Due Poveri appartenevano al mondo dei piccoli e semplici.
Francesco non sprecava alcuna opportunità per annunciare la Buona Novella.
Lui, il discepolo amato da Gesù, e Chiara, ‘altra Maria’, erano stati al sepolcro. Avevano trovato la pietra rotolata e con la loro esistenza narravano la rigenerazione sperimentata.
La gioia della Pasqua era inscritta nei loro cuori e le Fonti ci aiutano a comprenderlo bene.
"Andando Francesco per città e castelli, cominciò a predicare dappertutto con più grande impegno e sicurezza, non ricorrendo a persuasivi ragionamenti fondati sulla sapienza umana, ma basandosi sulla dottrina e sulla virtù dello Spirito Santo, annunziando con fiducia il regno di Dio.
Era un evangelizzatore della verità, fatto forte dall’autorità apostolica. Non ricorreva all’adulazione, sprezzava il bel parlare.
Quella che proponeva agli altri nelle sue esortazioni, era innanzitutto sua vissuta convinzione personale; così era in grado di annunziare sinceramente la verità" (FF 1463).
Infatti, l’unica Verità da annunciare era ed è Cristo risorto dai morti, Speranza della Gloria!
Sempre esortava i suoi frati a celebrare la Pasqua, fedeli alla povertà di Cristo:
"Anche nelle feste principali, quando ve n’era l’opportunità, era solito andare per l’elemosina. Perché, diceva, nei poveri di Dio si realizza la parola del profeta: l’uomo ha mangiato il pane degli Angeli.
Il pane degli Angeli è quello che la santa povertà raccoglie di porta in porta e che, domandato per amor di Dio, per amor di Dio viene elargito, per suggerimento degli Angeli santi" (FF 1129).
Contemplando la Bellezza di Dio, che richiama la Luce Pasquale della Resurrezione, nelle Lodi di Dio Altissimo, Francesco così si esprime:
«Tu sei santo, Signore, solo Dio, che operi cose meravigliose.
Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo,
Tu sei re onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra.
Tu sei trino ed uno, Signore Dio degli dei.
Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, il Signore Dio vivo e vero […]» (FF 261).
Con umiltà e fiducia nel Signore, l’alba della Resurrezione abitava ogni gesto dell’Alter Christus e di Chiara, in ogni evento quotidiano.
Lunedì dell’ottava di Pasqua (Mt 28,8-15)
«Ora, il primo giorno della settimana, Maria di Magdala viene al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vede la pietra tolta dal sepolcro» (Gv 20,1).
Il quarto Vangelo narra del sepolcro vuoto trovato dalla Maddalena che corre dai discepoli per attestare quanto ha veduto. Pietro e Giovanni corrono a constatare la Verità: Gesù non è in un luogo di morte.
Francesco e Chiara furono i discepoli della Resurrezione, poiché il loro tenore di vita quaggiù fu quello di umili e rigenerati figli del Risorto.
Anche dopo la loro morte gli astanti videro luci e miracoli che ne derivarono, testimoniando il Vangelo.
A riguardo della dipartita di Chiara, così si esprime la Leggenda:
"Il giorno successivo alla festa del beato Lorenzo, quella santissima anima esce dalla vita mortale, per essere premiata con l’alloro eterno; e, disfatto il tempio della carne, il suo spirito passa beatamente al cielo.
Benedetto quest’esodo dalla valle della miseria, che fu per lei ingresso nella vita beata!
Ormai, in cambio della penuria del cibo, si rallegra al convito dei cittadini del cielo; ormai in cambio dell'umile cenere, beata nel regno dei cieli, è resa splendente dalla stola della gloria eterna" (FF 3254).
Ancora le Fonti:
"Dunque Chiara, mentre era in vita, rifulgeva per la luce dei suoi meriti: e ora, che è inabissata nella chiarità senza fine, non di meno risplende tuttora, per la meravigliosa luce dei miracoli, fino all’estremità della terra" (FF 3262).
Infatti, come attesta la Bolla papale:
"Dopo la sua morte […] fu condotto al suo sepolcro un malato di mal caduco, che non poteva camminare da sé per la contrazione di una gamba: e, lì davanti, la sua gamba risuonò fragorosamente, ed egli fu guarito dall’una e dall’altra infermità" (FF 3309).
Corse al sepolcro… e incontrò la vita!
Chiara, entrata nella gloria, seminava con Cristo risurrezione.
E la stessa dipartita di Francesco sparse quella gioia che unicamente il Signore può dare.
"I frati e figli, che erano accorsi al transito del padre, insieme con tutta la popolazione, dedicarono quella notte, in cui l’almo confessore di Cristo era morto, alle divine lodi: quelle non sembravano esequie di defunti, ma veglie d’angeli.
Venuto il mattino, le folle, con rami d’albero e gran numero di fiaccole, tra inni e cantici scortarono il sacro corpo nella città di Assisi.
Passarono anche dalla chiesa di San Damiano, ove allora dimorava con le sue vergini quella nobile Chiara, che ora è gloriosa nei cieli.
Là sostarono un poco […] Giunsero finalmente, con grande giubilo, nella città e seppellirono con ogni riverenza quel prezioso tesoro, nella chiesa di San Giorgio, perché là, da fanciullino, egli aveva appreso le lettere e là, in seguito, aveva predicato per la prima volta. Là, dunque, giustamente trovò, alla fine, il primo luogo del suo riposo" (FF 1250).
E ancora:
"Il venerabile padre passò dal naufragio di questo mondo nell’anno 1226 dell’incarnazione del Signore, il 4 ottobre, la sera di un sabato, e fu sepolto la domenica successiva.
L’uomo beato, appena fu assunto a godere la luce del volto di Dio, incominciò a risplendere per grandi e numerosi miracoli" (FF 1251).
Ora che regnava con Cristo crocifisso e Risorto, a cui si era perfettamente conformato, lasciava tracce di Luce sulla terra, sulle orme di Lui.
Il sepolcro era vuoto! L’Energia e la Vita divina avevano prevalso. Alleluja!
Pasqua «Risurrezione del Signore» (Gv 20,1-9)
Il sabato santo, giorno di silenziosa attesa, era per Francesco e Chiara occasione di speciale unità con Maria, la Madre di Gesù, che con Lui visse tutti i misteri della redenzione.
Al pari di Francesco, Chiara partecipò "in simbiosi" con Cristo alla sua Passione.
Nella contemplazione le fu dato di sperimentare il Mistero Pasquale dello Sposo, conoscendo la profondità del martirio di Lui.
Immobile e fuori di sé dal giovedì santo, arrivò al sabato santo con una indicibile ‘unità cristica’.
Leggiamo nelle Fonti passi preziosi al riguardo:
"Venendo poi la notte dopo il venerdì, la figlia devota accende una candela e con un cenno, non con le parole, ricorda alla Madre il comando di San Francesco.
Il Santo le aveva ordinato, infatti, di non lasciar passare giorno alcuno senza cibo.
E, mentre le stava in piedi davanti, Chiara, come ritornando da un altro luogo, proferì queste parole:
«Che bisogno c’è della candela? Non è forse giorno?».
«Madre - le risponde quella - il giorno è passato ed è ritornata un’altra notte».
E a lei Chiara:
«Sia benedetto questo sonno, carissima figlia; perché, dopo averlo tanto desiderato, mi è stato dato in dono.
Ma guardati dal raccontare di questo sonno a qualcuno, finché vivo in questo corpo»” (FF 3217).
Al momento del suo commiato, come “Altera-Maria” visse con il cuore sempre ai piedi della croce e nella fede, tra le lacrime delle figlie desolate.
E volgendosi alla sua anima disse:
«Va’, sicura - le dice - perché hai buona scorta, nel viaggio. Va’, perché Colui che t’ha creata, ti ha santificata e sempre guardandoti come una madre suo figlio, ti ha amata con tenero amore».
«E tu, Signore, - soggiunse - sii benedetto, che mi hai creata».
Interrogandola una delle sorelle a chi stesse parlando, rispose:
«Io parlo all’anima mia benedetta»*.
E ormai quella gloriosa scorta non era molto lontana.
Volgendosi infatti a una figlia, le domanda:
«Vedi tu il Re della gloria, che io vedo, o figlia?» (FF 3252).
Chiara era ormai vicina al passare da questo mondo al Padre, quando una sua figlia, su cui si posò lo Spirito del Signore, vide, con gli occhi del corpo, questa beatificante visione:
"Trafitta invero dal dardo di un profondo dolore, volge lo sguardo verso la porta della casa: ed ecco, entra una schiera di vergini in bianche vesti e tutte hanno ghirlande d’oro sul capo.
Si avanza tra loro una più splendente delle altre, dalla cui corona, che appare alla sommità come un turibolo traforato, s’irradia un tale splendore da mutare in luce del giorno l’oscurità della notte tra le pareti della casa.
Si avvicina al lettuccio, dove giace la Sposa del Figlio e, chinandosi su di lei con tenerissimo amore, le dona un dolcissimo abbraccio.
Le vergini distendono un pallio di meravigliosa bellezza e, tutte a gara servendo, rivestono il corpo di Chiara e ne adornano il talamo" (FF 3253).
La Vergine Maria, la Madre di Gesù, Colei che aveva vissuto con la Povera il sabato santo, era venuta a prenderla per condurla dal suo Figlio glorioso, crocifisso e Risorto.
Un albeggiare colmo di attesa, e gravido - nella potenza dello Spirito.
«Non abbiate paura, voi; so infatti che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui […]» (Mt 28,5-6a).
«Chi ci rotolerà via la pietra dalla porta del sepolcro?» (Mc 16,3).
«Il Figlio dell’uomo deve essere consegnato nelle mani di uomini peccatori ed essere crocifisso e il terzo giorno risorgere» (Lc 24,7).
* È la notte tra il venerdì e il sabato prima della morte di Chiara, cioè la notte tra l’8 e il 9 agosto 1253.
Sabato santo - Veglia Pasquale (Mt 28,1-10); (Mc 16,1-7); (Lc 24,1-12).
La Passione del Signore narrata dall’evangelista Giovanni, ripropone alla nostra attenzione l’arresto e il tradimento del Figlio di Dio, il suo essere condotto davanti ai sommi sacerdoti Anna e Caifa.
Quest’ultimo pronunciò quella cruda espressione:
«Conviene che muoia un solo uomo per il popolo» (Gv 18,14).
Quindi condotto nel pretorio di Pilato che lo consegna ai capi dei sacerdoti e guardie per essere crocifisso.
Dramma d’Amore del nostro Dio per l’uomo da Lui amato!
Francesco trascorreva il venerdì santo unendosi alla Passione del Signore, immedesimato in essa.
Il digiuno, in coerenza con quanto Gesù dice nel Vangelo [quando sarà tolto loro lo Sposo, allora digiuneranno] era di certo rispettato in quel giorno da tutti i frati e dalle sorelle di San Damiano.
Nella Regola non bollata (1221), così Francesco si esprime:
«La santa Quaresima, invece, che comincia dall’Epifania e dura ininterrottamente per quaranta giorni, quella che il Signore consacrò con il suo santo digiuno, coloro che volontariamente la digiunano siano benedetti dal Signore, e coloro che non vogliono non siano obbligati. Ma l’altra, fino alla Resurrezione del Signore, la digiunino.
Negli altri tempi non siano tenuti a digiunare, se non il venerdì» (FF 84).
Così pure Chiara e le sue sorelle erano fedeli al digiuno, specie la Madre:
"Finché fu in salute, infatti, digiunava a pane e acqua la quaresima maggiore e la quaresima di San Martino vescovo, gustando solo la domenica un po’ di vino, se ne aveva […]" (FF 3194).
Le sorelle, preoccupate per la sua salute, deploravano con lacrime quelle morti quotidiane a cui si sottoponeva, finché Francesco le ordinò di non far passare giorno senza mangiare almeno un’oncia e mezza di pane.
L’unione alla Passione di Cristo era vissuta anzitutto interiormente, ma pure il corpo viveva il lutto per lo Sposo tradito, vilipeso e ucciso per la salvezza di molti.
Francesco piangeva la Passione del Signore riempiendo i boschi di lacrime e gemiti, mentre Chiara, in monastero, con tutta sé stessa prendeva parte al martirio di Cristo nell’orazione continua.
Nella Vita seconda del Celano, a riguardo degli ultimi momenti di vita del Poverello, viene riportato quanto segue:
"Trascorse i pochi giorni che gli rimasero in un inno di lode, invitando i suoi compagni dilettissimi* a lodare con lui Cristo. Egli poi, come gli fu possibile, proruppe in questo salmo:
«Con la mia voce ho gridato al Signore, con la mia voce ho chiesto soccorso al Signore».
Invitava pure tutte le creature alla lode di Dio, e con certi versi, che aveva composto un tempo, le esortava all’amore divino. Perfino la morte, a tutti terribile e odiosa, esortava alla lode, e andandole incontro lieto, la invitava ad essere sua ospite:
«Ben venga, mia sorella morte!» " (FF 809).
E ancora:
"Si rivolse poi al medico*: «Coraggio, frate medico, dimmi pure che la morte è imminente: per me sarà la porta della vita!».
E ai frati:
«Quando mi vedrete ridotto all’estremo, deponetemi nudo sulla terra, come mi avete visto ieri l’altro, e dopo che sarò morto, lasciatemi giacere così per il tempo necessario a percorrere comodamente un miglio».
Giunse infine la sua ora, ed essendosi compiuti in lui tutti i misteri di Cristo, se ne volò felicemente a Dio" (FF 810).
Chiara, innamorata del suo Signore e pianticella del Serafico padre, passò altresì il giovedì santo e tutto il venerdì fra le piaghe di Cristo:
"Tutta quella notte e per tutto il giorno seguente rimane come assorbita, così fuori di sé stessa che, con gli occhi assenti, sempre fissa ad un’unica visione, sembra inchiodata con Cristo e del tutto insensibile.
Torna più volte da lei una figlia familiare, per vedere se per caso desideri qualche cosa, e sempre la trova immobile nella stessa posizione" (FF 3217).
L’amore per Cristo crocifisso fu per Chiara e Francesco fonte di ogni ragione di vita, di ogni gesto compiuto nel segno della croce, fiorita il mattino di Pasqua.
* frate Angelo e frate Leone.
* Il medico: Bongiovanni, nativo di Arezzo secondo varie fonti, o forse di Assisi, figlio di Marangone Cristiano.
Venerdì santo «Passione del Signore» (Gv 18,1-19,42)
«Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1).
La lavanda dei piedi fatta da Gesù ai suoi fu per Francesco scuola di vita. Comprese, infatti, sino in fondo il significato profondo di quel gesto, riproducendolo nel suo cammino.
Il Povero d’Assisi tutta la vita lavò i piedi ai suoi frati e al prossimo che incontrava, sempre pronto a servire e aiutare chiunque avesse bisogno.
Francesco non solo amò l’Eucaristia, ma lui stesso visse in modo eucaristico, facendo del suo corpo e del suo sangue pane per i fratelli e per la cura di loro.
Scorrendo le Fonti ci accorgiamo di quanta enfasi e sollecitudine eucaristica rivestì i suoi giorni.
Da quanto ardore e penetrazione evangelica è attraversata la sua nuda esistenza di frate, che sempre restituiva a Dio e ai fratelli quanto gratuitamente aveva ricevuto.
Anche gli ultimi giorni di Francesco enunciano con chiarezza il suo sguardo rivolto alla Cena del Signore.
Leggiamo nelle Fonti:
"Mentre i frati versavano amarissime lacrime e si lamentavano desolati, si fece portare del pane, lo benedisse, lo spezzò e ne diede da mangiare un pezzetto ciascuno.
Volle anche il libro dei Vangeli e chiese che gli leggessero il Vangelo secondo Giovanni, dal brano che inizia:
«Prima della festa di Pasqua», ecc.
Si ricordava in quel momento della santissima cena, che il Signore aveva celebrato con i suoi discepoli per l’ultima volta, e fece tutto questo appunto a veneranda memoria di quella cena e per mostrare quanta tenerezza di amore portasse ai frati" (FF 808).
Anche Chiara ebbe grande devozione per la Santa Cena del Signore, vivendo in unità con lo Sposo il mistero pasquale.
"Era giunto, una volta, il giorno della Cena santissima, nella quale il Signore amò i suoi fino alla fine.
Verso sera, avvicinandosi l’agonia di Cristo, Chiara si chiuse, triste ed afflitta, nel segreto della cella. E accompagnando in preghiera il Signore in preghiera, la sua anima triste fino alla morte si imbevve dell’angosciosa tristezza di Lui e la memoria, poco a poco, si compenetrò pienamente della cattura e di tutta la derisione: sì che cadde riversa sul giaciglio" (FF 3217).
E le Fonti registrano il suo intenso amore per l’Eucaristia dicendo:
"Quando poi stava per ricevere il Corpo del Signore, versava prima calde lacrime e, accostandosi quindi con tremore, temeva Colui che si nasconde nel Sacramento non meno che il Sovrano del cielo e della terra" (FF 3210).
Francesco e Chiara fecero dell’Eucaristia il luogo dell’apprendimento nell’arte di vivere.
Giovedì santo «Cena del Signore» (Gv 13,1-15)
«Che cosa volete darmi e io ve lo consegnerò» (Mt 26,15). Così Giuda.
Il denaro [trenta monete d’argento era il prezzo per uno schiavo] contava più del tradire Cristo!
Francesco donò ai poveri quanto aveva; per il resto lo sentiva in abominio, sapendo cosa spesso produce.
Egli scrisse più Regole, e le sperimentava prima di porre mano alla definitiva.
In una di esse esprime il suo rifiuto del denaro così:
«Stiamo attenti, noi che abbiamo lasciato tutto, a non perdere il regno dei cieli per così poco. E se ci capitasse di trovare del denaro, non facciamone caso più che della polvere» (FF 1439).
Infatti trasmetteva ai frati la passione per la povertà, ricordando che il denaro si presta bene a tradire.
Una volta Francesco era in viaggio con un suo compagno nelle Puglie. Vicino a Bari, sulla strada, trovarono una grande borsa.
Il compagno, vedendola gonfia e sembrava piena di denaro, lo invitava a raccoglierla per distribuirne la somma ai poveri.
Ma il Poverello rifiutò, vedendovi un inganno del demonio: dare in elemosina il denaro altrui, dopo averlo sottratto di nascosto.
Siccome il frate ogni tanto tornava sull’argomento, molestando l’uomo di Dio, il santo accondiscese a tornare sul posto, ma non per fare quello che sosteneva il frate, bensì per svelare l’inganno diabolico.
Ci dicono le Fonti:
"Ritorna, in compagnia del frate e di un giovane, incontrato sulla strada, vicino alla fonda [borsa] e comanda di raccoglierla da terra.
Il frate comincia, con stupore, a tremare, perché già presente il prodigio diabolico.
Tuttavia scaccia l’esitazione, facendosi forte col comando della santa obbedienza, e stende la mano verso la borsa.
Ed ecco: salta fuori un grosso serpente, che subito scompare insieme con la borsa.
Così fu svelato l’inganno del demonio e scoperta l’astuzia fraudolenta del nemico.
«Il denaro - disse allora il Santo al suo compagno - per i servi di Dio, non è altro, o fratello, che demonio e serpente velenoso» " (FF 1124).
Francesco esortava spesso i suoi frati a non tradire Madonna Povertà, consegnandola per poche monete.
Mercoledì santo (Mt 26,14-25)
Il turbamento di Gesù per l’imminente tradimento-consegna di Giuda aveva provocato interrogativi, dolore e tristezza nel discepolo che Lui amava e in tutti i suoi intimi.
Francesco (come Giovanni) era fattivamente «quello che Gesù amava», poiché viveva con il capo reclinato sul cuore di Cristo, avvertendo tutte le pulsazioni e i contraccolpi del suo essere consegnato agli aguzzini.
Il boccone intinto e dato a Giuda Iscariota aveva indotto Francesco a collocarsi davanti alla Croce, contemplandola.
Guardando ad essa amava autodefinirsi «un novello pazzo», riferendosi a S. Paolo, alla follia della Croce (cfr. 1Cor 1,18-25).
La pazzia del Poverello consisteva nel voler vivere secondo il Vangelo, così come Cristo lo aveva delineato.
Secondo alcuni racconti soleva ripetere: «l’Amore non è amato». Questo il grido che risuonava nel cuore e sulle labbra di lui.
"Una volta andava solingo nei pressi della chiesa di Santa Maria della
Porziuncola, piangendo e lamentandosi a voce alta.
Un uomo pio, udendolo, suppose ch’egli soffrisse di qualche malattia o dispiacere e, mosso da compassione, gli chiese perché piangeva così.
Disse Francesco:
«Piango la passione del mio Signore. Per amore di lui non dovrei vergognarmi di andare gemendo ad alta voce per tutto il mondo».
Allora anche l’uomo devoto si unì ai lamenti di Francesco.
Spesso, alzandosi dall’orazione, aveva gli occhi che parevano pieni di sangue, tanto erano arrossati a forza di piangere.
E non si limitava alle lacrime, ma, in memoria delle sofferenze di Cristo, si asteneva dal mangiare e dal bere" (FF 1413).
Nell’anima di Francesco, quel boccone intinto e dato a Giuda era sufficiente per astenersi da ogni cibo, tanto era il dolore e l’amarezza in Cristo, consegnato dal tornaconto umano.
Chiara d’Assisi, anche lei compresa della Passione di Gesù, meditava continuamente i misteri della Croce.
"Il Crocifisso amato ricambia l’amante e colei che tanto è infiammata d’amore per il mistero della Croce, è per virtù della Croce resa luminosa da segni e miracoli.
Quando infatti traccia il segno della vivificante Croce sui malati, allontana prodigiosamente da loro le malattie" (FF 3218).
«Intinto dunque il boccone, lo prende e dà a Giuda, di Simone Iscariota» (Gv 13,26)
Martedì santo (Gv 13,21-33.36-38)
Jesus contrasts the ancient prohibition of perjury with that of not swearing at all (Matthew 5: 33-38), and the reason that emerges quite clearly is still founded in love: one must not be incredulous or distrustful of one's neighbour when he is habitually frank and loyal, and rather one must on the one hand and on the other follow this fundamental law of speech and action: "Let your language be yes if it is yes; no if it is no. The more is from the evil one" (Mt 5:37) [John Paul II]
Gesù contrappone all’antico divieto di spergiurare, quello di non giurare affatto (Mt 5, 33-38), e la ragione che emerge abbastanza chiaramente è ancora fondata nell’amore: non si deve essere increduli o diffidenti col prossimo, quando è abitualmente schietto e leale, e piuttosto occorre da una parte e dall’altra seguire questa legge fondamentale del parlare e dell’agire: “Il vostro linguaggio sia sì, se è sì; no, se è no. Il di più viene dal maligno” (Mt 5, 37) [Giovanni Paolo II]
And one thing is the woman before Jesus, another thing is the woman after Jesus. Jesus dignifies the woman and puts her on the same level as the man because he takes that first word of the Creator, both are “God’s image and likeness”, both; not first the man and then a little lower the woman, no, both. And the man without the woman next to him - both as mother, as sister, as bride, as work partner, as friend - that man alone is not the image of God (Pope Francis)
E una cosa è la donna prima di Gesù, un’altra cosa è la donna dopo Gesù. Gesù dignifica la donna e la mette allo stesso livello dell’uomo perché prende quella prima parola del Creatore, tutti e due sono “immagine e somiglianza di Dio”, tutti e due; non prima l’uomo e poi un pochino più in basso la donna, no, tutti e due. E l’uomo senza la donna accanto – sia come mamma, come sorella, come sposa, come compagna di lavoro, come amica – quell’uomo solo non è immagine di Dio (Papa Francesco)
Only one creature has already scaled the mountain peak: the Virgin Mary. Through her union with Jesus, her righteousness was perfect: for this reason we invoke her as Speculum iustitiae. Let us entrust ourselves to her so that she may guide our steps in fidelity to Christ’s Law (Pope Benedict)
Una sola creatura è già arrivata alla cima della montagna: la Vergine Maria. Grazie all’unione con Gesù, la sua giustizia è stata perfetta: per questo la invochiamo Speculum iustitiae. Affidiamoci a lei, perché guidi anche i nostri passi nella fedeltà alla Legge di Cristo (Papa Benedetto)
Jesus showed us with a new clarity the unifying centre of the divine laws revealed on Sinai […] Indeed, in his life and in his Paschal Mystery Jesus brought the entire law to completion. Uniting himself with us through the gift of the Holy Spirit, he carries with us and in us the “yoke” of the law, which thereby becomes a “light burden” (Pope Benedict)
Gesù ci ha mostrato con una nuova chiarezza il centro unificante delle leggi divine rivelate sul Sinai […] Anzi, Gesù nella sua vita e nel suo mistero pasquale ha portato a compimento tutta la legge. Unendosi con noi mediante il dono dello Spirito Santo, porta con noi e in noi il "giogo" della legge, che così diventa un "carico leggero" (Papa Benedetto)
The light of our faith, in giving of oneself, does not fade but strengthens. However it can weaken if we do not nourish it with love and with charitable works. In this way the image of light complements that of salt. The Gospel passage, in fact, tells us that, as disciples of Christ, we are also “the salt of the earth” (Pope Francis)
don Giuseppe Nespeca
Tel. 333-1329741
Disclaimer
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001.
Le immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione.
L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.