Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Giovanni, evidenzia come Dio abbia inviato il Figlio suo Gesù non condannare il mondo, ma per salvarlo attraverso di Lui.

 

Francesco amò talmente il Crocifisso e per Lui e in Lui la Croce su cui fu confitto per la salvezza del mondo, da ricevere il dono delle stigmate.

Fatto simile a Cristo, dunque Alter Christus. Aveva sempre fisso nella mente il Dono del Padre all’umanità, nel Figlio.

Le Fonti illuminano in proposito:

“E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così per il Santo tuo amore, col quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima Santa Maria, e, per la croce, il sangue e la morte di Lui ci hai voluto redimere dalla schiavitù” (FF 64).

E ancora: “Diceva infatti che niente è più importante della salvezza delle anime, e lo provava molto spesso col fatto che l’Unigenito di Dio si è degnato di essere appeso alla croce per le anime […] Non si riteneva amico di Cristo, se non amava le anime che Egli ha amato” (FF 758).

“Una mattina, all’appressarsi della festa dell’Esaltazione della Santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide la figura come di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infuocate, discendere dalla sublimità dei cieli […] Giunse vicino all’uomo di Dio, e allora apparve tra le sue ali l’effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti sulla croce […] Comprese per divina rivelazione lo scopo per cui la divina Provvidenza aveva mostrato al suo sguardo quella visione, cioè quello di fargli conoscere anticipatamente che lui […] stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso […] mediante l’incendio dello Spirito” (FF 1225).

Passando per il dolore e la morte si sarebbe verificato il trionfo della Vita. Una Croce fiorita nel Mistero Pasquale.

La leggenda maggiore attesta:

"Durante il biennio che seguì all’impressione delle stimmate egli,  come una pietra destinata all’edificio della Gerusalemme celeste, era stato squadrato dai colpi della prova, per mezzo delle sue molte e tormentate infermità, e, come un materiale duttile, era stato ridotto all’ultima perfezione sotto il martello di numerose tribolazioni" (FF 1239).

Le Fonti ci ammaestrano:

“Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere.

Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro” (FF 467).

E nei suoi scritti:

“A colui che tanto patì per noi, che tanti beni ha elargito e ci elargirà in futuro […] Egli che solo è buono, solo altissimo, solo onnipotente, ammirabile […] degno di lode e benedetto per gli infiniti secoli dei secoli. Amen” (FF 202).

Ancora: “Si fissò nella sua anima santa la compassione del Crocifisso e […] le venerande stimmate della Passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore […] e non riesce più a trattenere le lacrime e piange anche ad alta voce la passione di Cristo, che gli sta sempre davanti agli occhi.

Riempie di gemiti le vie, rifiutando di essere consolato al ricordo delle piaghe di Cristo.

Incontrò, un giorno, un suo intimo amico, e avendogli manifestato la causa del dolore, subito anche questi proruppe in lacrime amare” (FF 594).

Il pensiero che Gesù in noi doveva ancora soffrire molto lo tormentava rendendolo compreso di tale Mistero giorno e notte.

 

«Così infatti Dio amò il mondo che diede il suo Figlio, l’Unigenito, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita dell’Eterno» (Gv 3,16).

 

 

Esaltazione della Santa Croce (Gv 3,13-17)

Gesù sottolinea il criterio principe per riconoscere la fecondità dell’albero: notare quali frutti produce.

Inoltre riprende il cuore di ogni creatura che dice, dice… ma non fa.

Ascolto o non ascolto!

Il primo poggia sulla Roccia che Lui è, il secondo sul non voler mettere in pratica la sua Parola con conseguente rovina di ciascuno.

Francesco, il Piccolo d’Assisi, traeva dal suo cuore nuovo il bene. Era un albero proficuo, riconoscibile dai suoi frutti.

Infatti le Fonti ci mettono al corrente di un episodio che lo testimonia:

“Passati dei mesi, Francesco soggiornava presso la chiesa della Porziuncola, e stava vicino alla cella che sorge dopo la casa, lungo la via, quando quel frate tornò a parlargli del salterio.

Gli disse Francesco: «Va’, e fa’ come ti dirà il tuo Ministro».

A queste parole, quello cominciò a ritornare per dove era venuto.

Ma il Santo, rimasto sulla strada, cominciò a riflettere su quanto aveva detto, e d’improvviso gridò dietro a colui:

«Aspettami, fratello, aspettami!».

Andò fino a lui e gli disse:

«Torna indietro con me, fratello, e mostrami il posto dove ti ho detto di fare, riguardo al salterio, quanto ti dirà il ministro».

Arrivati a quel posto, Francesco si inchinò davanti al frate e mettendosi in ginocchio disse:

«Mia colpa, fratello, mia colpa! Chiunque vuol essere un ‘minore’ non deve avere che la tonaca, la corda e le brache, come dice la Regola, e in più le calzature, per chi sia stretto da evidente necessità o malattia».

A tutti i frati che venivano a consultarlo sull’argomento, dava la stessa risposta.

E diceva: «TANTO UN UOMO SA, QUANTO FA; E TANTO UN RELIGIOSO È BUON PREDICATORE, QUANTO LUI STESSO AGISCE».

Come dire: «L’ALBERO BUONO SI CONOSCE DAL FRUTTO CHE PRODUCE»”. (FF 1628).

 

 

«Ogni albero infatti si conosce dal proprio frutto […]

Ma perché mi chiamate: "Signore,Signore!" e non fate quelle cose che dico?» (Lc 6,44a.46)

 

 

Sabato della 23.a sett. T.O  (Lc 6,43-49)

Il Vangelo alza lo sguardo sui ciechi guide di ciechi [con esiti nefasti] e su chi pretende di togliere la pagliuzza dall’occhio del fratello dimenticando la trave che dimora in lui.

Francesco aveva in abominio qualsiasi giudizio nei confronti dei fratelli, poiché riteneva che ogni altezzosa espressione rivolta loro era, praticamente, indirizzata a Dio stesso.

Chiara raccomandava alle sorelle di guardarsi da giudizi, detrazioni e mormorazioni:

«Si guardino le sorelle […] dalla detrazione e mormorazione» (FF 2809).

In quello scrigno di ricchezze che sono le Fonti troviamo in merito molte narrazioni interessanti.

Nella Regola bollata (1223) scritta da Francesco leggiamo:

«[I frati] li ammonisco, però, e li esorto a non disprezzare e a non giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti molli e colorati ed usare cibi e bevande delicate, ma piuttosto ciascuno giudichi e disprezzi se stesso» (FF 81).

E nella Lettera ai Fedeli continua:

«Coloro poi che hanno ricevuto l’autorità di giudicare gli altri, esercitino il giudizio con misericordia, così come essi stessi vogliono ottenere misericordia dal Signore: infatti il giudizio sarà senza Misericordia per coloro che non hanno usato Misericordia» (FF 191).

Agli stessi frati:

“Se talora accadeva che a un fratello sfuggisse una parola capace di ferire, il rimorso di coscienza non gli lasciava aver pace, finché non confessava il suo sbaglio, gettandosi a terra umilmente e pregando l’offeso a mettergli un piede sulla bocca […]

I frati s’impegnavano a scacciare qualunque rancore e incompatibilità, e a conservare intatto l’amore scambievole” (FF 1449).

Dunque metro di misura di ogni pensiero ed espressione era il guardare se stessi in onestà davanti a Dio, lasciando a Lui lo sguardo sugli altri.

 

«Può forse un cieco guidare un [altro] cieco? […]

Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello ma la trave nel proprio occhio non osservi?» (Lc 6,39a.41)

 

 

Venerdì della 23.a sett. T.O. (Lc 6,39-42)

Nel Vangelo odierno Gesù chiama coloro che ascoltano ad amare quanti si comportano da nemici.

«Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano» (Lc 6,27).

Francesco amava con predilezione quelli che lo deridevano e giudicavano - e invitava i suoi frati a fare altrettanto.

Il Povero d’Assisi aveva ormai conosciuto Cristo e, secondo la Parola del Vangelo, s’impegnava ad amare tutti, anche chi si comportava da nemico; a donare ai poveri quanto aveva.

Infatti nelle Fonti francescane troviamo vari episodi che siglano queste circostanze.

Leggiamo nelle Ammonizioni da lui scritte:

“Dice il Signore: «Amate i vostri nemici [e fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi perseguitano e calunniano]».

Infatti, veramente ama il nemico Colui che non si duole per l’ingiuria che quegli gli fa, ma brucia nel suo intimo, per l’amore di Dio, a motivo del peccato dell’anima di lui. E gli dimostri con le opere il suo amore” (FF 158).

Lo stesso padre, che detestava la scelta di povertà di Francesco, lo perseguitava, inducendo il figlio a nascondersi.

Attestano le Fonti:

“Ma Francesco, atleta ancora agli inizi, informato delle minacce dei persecutori e presentendo la loro venuta, volle lasciare tempo all’ira e si nascose in una fossa segreta. Vi rimase nascosto per alcuni giorni, e intanto supplicava incessantemente, tra fiumi di lacrime, il Signore, che lo liberasse dalle mani dei persecutori e portasse a compimento, con la sua bontà e il suo favore i pii propositi che gli aveva ispirato” (FF 1040).

E ancora:

“Si recò a visitare […] la tomba dell’apostolo Pietro. Fu in questa circostanza che, vedendo la grande moltitudine di mendicanti davanti alla porta di quella chiesa, spinto da una soave compassione, e, insieme, allettato dall’amore per la povertà, donò le sue vesti al più bisognoso di loro e, ricoperto degli stracci di costui, passò tutta la giornata in mezzo ai poveri, con insolita gioia di spirito” (FF 1037).

Il dare era divenuto per il Poverello l’a-b-c del suo quotidiano vivere la Parola di Dio.

 

«…perché con la misura con la quale misurate, sarà rimisurato a voi» (Lc 6,38)

 

Set 2, 2025

Beati e Sazi

Nel Vangelo di Luca alle Beatitudini sono contrapposti i "Guai" che il Signore pronuncia verso i pieni di questo mondo.

Ci soffermiamo sulle Beatitudini.

Gesù proclama in esse  l’amore di Dio per ogni uomo, specie per il povero, oggetto della sua predilezione.

Francesco guardava le Beatitudini come il ritratto di Cristo e le seguiva perché innamorato di Lui.

Grande venerazione aveva non solo per la Vergine Maria ma pure per tuti i Santi.

Infatti fra i suoi scritti vi è un’antifona recitata ogni ora:

«Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te, nata nel mondo, tra le donne, figlia e ancella dell’Altissimo sommo Re il Padre celeste, madre del santissimo Signore nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo; prega per noi con san Michele arcangelo e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi, presso il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e Maestro. Gloria al Padre. Come era.» (FF 281).

Le Fonti sottolineano che “i santi e il loro ricordo eran per lui come carboni ardenti, che ravvivavano in lui l’incendio deificante” (FF 1167).

Nelle Ammonizioni di Francesco leggiamo:

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli.

Ci sono molti che applicandosi insistentemente a preghiere e occupazioni, fanno molte astinenze e mortificazioni corporali, ma per una sola parola che sembri ingiuria verso la loro persona, o per qualche cosa che venga loro tolta, scandalizzati, tosto si irritano.

Questi non sono poveri in spirito, poiché chi è veramente povero in spirito odia se stesso e ama quelli che li percuotono nella guancia» (FF 163).

«Beati i pacifici, poiché saranno chiamati figli di Dio».

«Sono veri pacifici coloro che in tutte le contrarietà che sopportano in questo mondo, per l’amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell’anima e nel corpo» (FF 164).

Ma, nello stesso Cantico di Frate Sole, quand’era ormai molto malato aggiunse la famosa strofa del perdono:

«Laudato si, mi Segnore/ per quilli ke perdonano per lo tuo amore/ e sustengu enfirmitate et tribulacione./

Beati quilgli kel sosteranno in pace,/ ka da te, Altissimo, sirano coronati» (FF 1593).

Nondimeno Chiara d’Assisi, nella sua stupenda Benedizione alle sorelle, volge lo sguardo a tutta l’assemblea dei Santi in cielo e in terra:

«Prego il Signore nostro Gesù Cristo per la sua misericordia e per l’Intercessione della sua santissima Madre Maria, del beato arcangelo Michele e di tutti i santi Angeli di Dio, [del beato Padre nostro Francesco] e di tutti i santi e le sante di Dio, perché lo stesso Padre celeste vi doni e vi confermi questa santissima benedizione in cielo e in terra: in terra, moltiplicandovi, con la sua Grazia e le sue virtù, fra i suoi servi e le sue serve nella sua Chiesa militante; in cielo, esaltandovi e glorificandosi nella sua Chiesa trionfante fra i suoi santi e le sue sante» (FF 2855).

Bellezza evidente di una comunione vissuta a tutto tondo con i Beati che ancora camminano sulla terra e con quelli che agitano le loro palme davanti al trono dell’Agnello nella Gerusalemme celeste.

 

«Beati i poveri, perché vostro è il regno di Dio» (Lc 6,20b)

 

 

Mercoledì della 23.a sett.T.O.  (Lc 6,20-26)

Gesù passa la notte in preghiera scegliendo, poi, i Dodici - e guarendo i malati che accorrevano a Lui.

Francesco d’Assisi, dopo la sua conversione, non era più un uomo che pregava, bensì una creatura fatta preghiera.

Di notte e di giorno sempre dialogava con Dio affidando alla Relazione col Padre le scelte più  importanti. Le Fonti sono testimoni del suo continuo orare:

“L’uomo di Dio devoto, secondo la sua abitudine, passò la notte a pregare Dio, in un tugurio situato nell’orto dei canonici, lontano, con il corpo, dai suoi figli” (FF 1070).

Sulle orme di Cristo cercava l’intimità con il Padre:

“E in completo annientamento di sé, dimorava a lungo come nascosto nelle piaghe del Salvatore.

Perciò cercava luoghi solitari per poter lanciare completamente la sua anima in Dio; tuttavia, quando c’era bisogno, non esitava un istante a passare all’azione per giovare alle anime e alla vita dei fratelli.

Suo porto sicuro era la preghiera, non di qualche minuto, o vuota, o pretenziosa, ma profondamente devota, umile e prolungata il più possibile.

Se la iniziava la sera, a stento riusciva a staccarsene il mattino.

Era sempre intento alla preghiera, quando camminava e quando sedeva, quando mangiava e quando beveva.

Di notte si recava, solo, nelle chiese abbandonate e sperdute a pregare; così, con la grazia del Signore, riuscì a trionfare di molti timori e di angustie spirituali” (FF 445).

 

«Egli uscì verso il monte per pregare e passò la notte nella preghiera a Dio» (Lc 6,12)

 

 

Martedì della 23.a sett. T.O.  (Lc 6,12-19)

Il Vangelo di Matteo oggi ci parla dell’albero genealogico di Gesù e di come fu generato: Maria sua madre si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.

In evidenza abbiamo l’annuncio a Giuseppe, sposo di Maria:

«Giuseppe, figlio di Davide, non temere, di prendere con te Maria, la tua sposa» (Mt 1,20).

Scorrendo le Fonti francescane ci accorgiamo come Francesco d’Assisi nutrì sempre un amore indicibile verso la Madre di Gesù, e ne seguì l’esempio in ogni vicenda in cui risplendevano le virtù di lei.

Le Fonti c’informano in proposito:

“Circondava di un amore indicibile la Madre di Gesù, perché aveva reso nostro fratello il Signore della Maestà.

A suo onore, cantava lodi particolari, innalzava preghiere, offriva affetti tanti e tali che lingua umana non potrebbe esprimere” (FF 786).

Nella lettera ai Fedeli, da lui composta, scrive:

“L’Altissimo Padre celeste, per mezzo del santo Angelo Gabriele, annunciò questo Verbo del Padre, così degno, così Santo e glorioso, nel grembo della santa e gloriosa Vergine Maria, e dal grembo di lei ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità” (FF 181).

Ma, a mio avviso, la preghiera eccelsa di Francesco rivolta a Maria [e che compendia bene quel che lei era per lui] è il celebre «Saluto alla Beata Vergine Maria».

Così recita:

«Ave Signora Santa, Santa regina,

Santa Madre di Dio, Maria,

che sei vergine fatta Chiesa

ed eletta dal santissimo Padre celeste,

che ti ha consacrata

insieme col santissimo suo Figlio diletto

e con lo Spirito Santo Paraclito;

tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni bene.

Ave, suo palazzo,

ave suo tabernacolo,

ave, sua ancella,

ave, sua Madre» (FF 259).

 

In aggiunta, notiamo che Francesco vedeva in Chiara «l’impronta della Madre di Dio» e l’amava per questo.

Scorgeva, infatti, nella sua vita la presenza costante di Maria.

 

 

Natività B.V. Maria  (Mt 1,1-16.18-23)

Ago 31, 2025

Rinuncia e sequela

Pubblicato in Aforisma

La Liturgia pone attenzione al brano di Luca in cui Gesù enuncia le condizioni per poterLo seguire nella chiamata-missione per il Vangelo.

«Chiunque tra voi che non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo» (Lc 14,33).

Altresì, chi non abbraccia la propria croce non può essere discepolo di Cristo.

Il Povero assisano in questo ci dà un mirabile esempio.

Dopo aver conosciuto la volontà del Signore per divina ispirazione, Francesco il Minimo si diede anima e corpo a compiere la missione affidatagli da Dio.

Suo compito: annunciare il Regno, far conoscere alla gente la Buona Novella - e in povertà, rinunciando ad ogni cosa che non fosse indispensabile.

Le Fonti sono straordinariamente ricche in proposito.

“Un giorno, mentre ascoltava la Messa, udì le istruzioni date da Cristo quando inviò i suoi discepoli a predicare […] Comprese meglio queste consegne dopo, facendosi spiegare il brano al sacerdote.

Allora, raggiante di gioia, esclamò:

«È proprio quello che bramo realizzare con tutte le mie forze!».

E fissando nella memoria quelle direttive, s’impegnò ad eseguirle lietamente […]

Si sbarazzò di tutto quello che possedeva di doppio…

Si confezionò una tonaca misera e grossolana e, in luogo della cinghia di pelle, strinse i fianchi con una corda.

Ispirato da Dio, cominciò ad annunziare la perfezione del Vangelo, predicando a tutti la penitenza, con semplicità.

Le sue parole non erano frivole […] ma piene della virtù dello Spirito Santo penetravano nell’intimo delle coscienze, così da toccare vivamente gli ascoltatori” (FF 1427).

“L’uomo di Dio, Francesco, animato dallo Spirito dei profeti e seguendo il loro linguaggio, come echeggiando il suo precursore, annunziava la pace e predicava la salvezza” (FF 1428).

“Un numero crescente di persone veniva attirato dalla schiettezza e veracità dell’insegnamento e della vita di Francesco.

Due anni dopo la sua conversione, alcuni uomini si sentirono stimolati dal suo esempio a fare penitenza e a unirsi a lui, rinunziando a tutto, indossando lo stesso saio e conducendo la stessa vita“ (FF 1429).

La prima donna che seguì Francesco fu Chiara, che abbandonata la casa paterna, prese a seguirlo per vivere il Vangelo.

“Nobile di nascita, più nobile per grazia… Chiara di nome, più chiara per vita, chiarissima per virtù” (FF 351).

 

 

Domenica 23.a T.O. anno C   (Lc 14,25-33)

Nel Vangelo di Luca, al c.6 Gesù introduce la discussione sul sabato di cui Lui è signore, al servizio della vita, più importante delle regole - e che in ogni caso non devono schiavizzare la persona, sempre al centro dell’opera salvifica.

Francesco d’Assisi, colui che si definiva semplice e idiota, aveva ricevuto dall’Alto l’autentica sapienza evangelica.

Non era legato a luoghi comuni, era un uomo nuovo, libero da orpelli e schemi precostituiti, vivendo solo della Parola - che dichiara Signore Gesù.

Nelle Fonti c’è un episodio che ben lo evidenzia:

“Quando Francesco cominciò ad avere dei fratelli, dimorava con essi presso Rivotorto*.

Una volta, sulla mezzanotte, mentre tutti riposavano […] un frate gridò all’improvviso: Muoio! Muoio! Tutti gli altri si svegliarono stupefatti e atterriti.

Francesco si alzò e disse: «Levatevi, fratelli, e accendete un lume». Accesa la lucerna, il Santo interrogò:

«Chi ha gridato: Muoio?». Quello rispose: «Sono io». Riprese Francesco:

«Che hai fratello? Di cosa muori?». E lui: «Muoio di fame».

Francesco, da uomo pieno di bontà e gentilezza, fece subito preparare la mensa.

E affinché quel fratello non si vergognasse a mangiare da solo, si posero tutti a mangiare insieme con lui […]

Dopo la refezione Francesco parlò:

«Come ci dobbiamo trattenere dal soverchio mangiare, nocivo al corpo e all’anima, così, e anche di più, dalla eccessiva astinenza, poiché il Signore preferisce la misericordia al sacrificio»” (FF 1545).

Il Signore dell’anima signoreggia su ogni cosa!

E il Poverello lo aveva ben compreso.

 

«È signore del sabato il Figlio dell’uomo» (Lc 6,5)

 

*Rivotorto: località nella piana di Assisi, a circa tre chilometri dalla Porziuncola.

 

 

Sabato della 22.a sett. T.O.  (Lc 6,1-5)

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Christianity cannot be, cannot be exempt from the cross; the Christian life cannot even suppose itself without the strong and great weight of duty [Pope Paul VI]
Il Cristianesimo non può essere, non può essere esonerato dalla croce; la vita cristiana non può nemmeno supporsi senza il peso forte e grande del dovere [Papa Paolo VI]
The horizon of friendship to which Jesus introduces us is the whole of humanity [Pope Benedict]
L’orizzonte dell’amicizia in cui Gesù ci introduce è l’umanità intera [Papa Benedetto]
However, the equality brought by justice is limited to the realm of objective and extrinsic goods, while love and mercy bring it about that people meet one another in that value which is man himself, with the dignity that is proper to him (Dives in Misericordia n.14)
L'eguaglianza introdotta mediante la giustizia si limita però all’ambito dei beni oggettivi ed estrinseci, mentre l'amore e la misericordia fanno si che gli uomini s'incontrino tra loro in quel valore che è l'uomo stesso, con la dignità che gli è propria (Dives in Misericordia n.14)
The Church invites believers to regard the mystery of death not as the "last word" of human destiny but rather as a passage to eternal life (Pope John Paul II)
La Chiesa invita i credenti a guardare al mistero della morte non come all'ultima parola sulla sorte umana, ma come al passaggio verso la vita eterna (Papa Giovanni Paolo II)
The saints: they are our precursors, they are our brothers, they are our friends, they are our examples, they are our lawyers. Let us honour them, let us invoke them and try to imitate them a little (Pope Paul VI)
I santi: sono i precursori nostri, sono i fratelli, sono gli amici, sono gli esempi, sono gli avvocati nostri. Onoriamoli, invochiamoli e cerchiamo di imitarli un po’ (Papa Paolo VI)
Man rightly fears falling victim to an oppression that will deprive him of his interior freedom, of the possibility of expressing the truth of which he is convinced, of the faith that he professes, of the ability to obey the voice of conscience that tells him the right path to follow [Dives in Misericordia, n.11]
L'uomo ha giustamente paura di restar vittima di una oppressione che lo privi della libertà interiore, della possibilità di esternare la verità di cui è convinto, della fede che professa, della facoltà di obbedire alla voce della coscienza che gli indica la retta via da seguire [Dives in Misericordia, n.11]
We find ourselves, so to speak, roped to Jesus Christ together with him on the ascent towards God's heights (Pope Benedict)
Ci troviamo, per così dire, in una cordata con Gesù Cristo – insieme con Lui nella salita verso le altezze di Dio (Papa Benedetto)
Church is a «sign». That is, those who looks at it with a clear eye, those who observes it, those who studies it realise that it represents a fact, a singular phenomenon; they see that it has a «meaning» (Pope Paul VI)
La Chiesa è un «segno». Cioè chi la guarda con occhio limpido, chi la osserva, chi la studia si accorge ch’essa rappresenta un fatto, un fenomeno singolare; vede ch’essa ha un «significato» (Papa Paolo VI)
Let us look at them together, not only because they are always placed next to each other in the lists of the Twelve (cf. Mt 10: 3, 4; Mk 3: 18; Lk 6: 15; Acts 1: 13), but also because there is very little information about them, apart from the fact that the New Testament Canon preserves one Letter attributed to Jude Thaddaeus [Pope Benedict]

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