Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Gesù ci fa contemplare la chiamata forte e particolare di Matteo, spiazzando tutti, proprio perché comincia dai peccatori e non dai perfetti secondo la mentalità del tempo.
«Infatti non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13).
Francesco e Chiara vedevano negli stimoli della loro vocazione e dei fratelli e sorelle che li seguivano un appuntamento attraente fondamentale. Un’occasione per l’esistenza nella Grazia, che li aveva guardati e riscattati.
Attraverso la Chiamata, in loro Dio realizzava un dono segreto, ben oltre le attese d’una vita di piccolo cabotaggio.
In merito a Francesco, nelle Fonti si legge:
"Mentre passava vicino alla chiesa di S. Damiano, fu ispirato ad entrarci. Andatoci, prese a fare orazione fervidamente davanti all’immagine del Crocifisso, che gli parlò con commovente bontà
«Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va’ dunque e restauramela».
Tremante e stupefatto, il giovane rispose:
«Lo farò volentieri, Signore».
Egli aveva però frainteso; pensava si trattasse di quella chiesa che, per la sua antichità, minacciava prossima rovina.
Per quelle parole del Cristo egli si fece immensamente lieto e raggiante; sentì nell’anima ch’era stato veramente il Crocifisso a rivolgergli il messaggio.
Uscito dalla chiesa, trovò un sacerdote seduto lì accanto, e mettendo mano alla borsa, gli offrì del denaro dicendo:
«Messere, ti prego di comprare l’olio per fare ardere una lampada dinanzi a quel Crocifisso. Finiti questi soldi, te ne porterò degli altri, secondo il bisogno» " (FF 1411).
Il Poverello, continuò in vita a considerare la minorità come specifica vocazione del Frate.
In tal guisa, osservando il comportamento dei religiosi, a volte sembrava preoccupato…
Talora egli "vedeva che alcuni desideravano ardentemente le cariche dell’Ordine, delle quali si rendevano indegni, oltre al resto, anche per la sola ambizione di governare. E diceva che questi «non erano frati minori, ma avevano dimenticato la loro vocazione ed erano decaduti dalla gloria»” (FF 729).
Altresì Chiara, riguardo la vocazione delle sorelle dimoranti in S. Damiano, così si esprimeva nel suo Testamento:
«Proprio il Signore ha collocato noi come modello, ad esempio e specchio non solo per gli altri uomini, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore stesso ha chiamato a seguire la nostra vocazione, affinché esse pure risplendano come specchio ed esempio per tutti coloro che vivono nel mondo» (FF 2829).
Venerdì della 13.a sett. T.O. (Mt 9,9-13)
Nel primo giorno della settimana Gesù entrò a porte chiuse nel luogo dove i discepoli erano riuniti.
Affidò loro il mandato di annunciare la Buona Novella, «alitando» su di essi perché ricevessero lo Spirito Santo.
Tommaso, assente, faticò a credere e ricevette un richiamo da Gesù per aver preteso di vedere e toccare, senza accogliere la testimonianza degli altri discepoli.
Eppure Tommaso cercava l’esperienza in prima persona del Risorto.
Il Povero d’Assisi e i suoi frati crebbero nella fede anche mediante l’incontro fattivo con il Signore nella povertà vissuta, nella solitudine ed orazione sperimentata nel quotidiano.
La fede in Gesù, morto sulla croce come un malfattore per assicurarci la Vita senza fine, traboccava nella nuda esistenza minoritica di Francesco e dei suoi.
Certamente era dono divino, ma anche frutto di una relazione non formale, sviluppatasi nell’itinerario intrapreso.
Giova ricordare quanto le Fonti attestano:
"[Francesco] insegnò loro a lodare Dio in tutte le creature; ad onorare con particolare venerazione i sacerdoti, come pure a credere fermamente e a confessare schiettamente la verità della fede […]
Essi osservavano in tutto e per tutto gli insegnamenti del padre santo e, appena scorgevano qualche chiesa da lontano, o qualche croce, si volgevano verso di essa, prostrandosi umilmente a terra e pregando secondo la forma loro indicata" (FF 1069).
La stessa Chiara, nella Lettera a Ermentrude di Bruges, in merito alla vita di Fede, suggerisce:
«Rimani, dunque, o carissima, fedele fino alla morte a Colui, al quale ti sei legata per sempre. E certamente sarai da Lui coronata con la corona della vita.
Il tempo della fatica quaggiù è breve, ma la ricompensa è eterna.
Non ti abbaglino gli splendori del mondo che passa come ombra.
Non ti sorprendano le vuote immagini di questo mondo ingannatore; chiudi le tue orecchie ai sibili dell’inferno e spezza da forte le sue tentazioni.
Sostieni di buona voglia le avversità, e la superbia non rigonfi il tuo cuore nelle cose prospere; queste ti richiamano alla tua fede, quelle la richiedono» (FF 2914).
L’esperienza di Dio nella loro vita era stata così forte, incisiva e misericordiosa da poter parlare come nessuno aveva fatto mai.
"Gli rispose Tommaso e gli disse: «Il mio Signore e il mio Dio!»" (Gv 20,28)
3 luglio, s. Tommaso apostolo (Gv 20,24-29)
Il brano di Mt propone un Gesù alle prese coi demoni che temono di essere scacciati.
Gli spiriti impuri si coalizzano contro gli autentici servitori di Dio. Francesco ne sapeva qualcosa.
Le Fonti narrano di quanto gli accadde una volta, ospitato a Roma dal cardinal Leone di Santa Croce, che lo aveva voluto per qualche tempo presso di sé.
"I demoni superbi fuggono davanti alla eccelsa virtù degli umili, salvo in qualche caso in cui la divina clemenza permette che gli umili vengano schiaffeggiati, proprio per mantenerli in umiltà, come Paolo apostolo scrive di se stesso e come Francesco ha provato per esperienza diretta […]".
Il Santo, avendo accettato l’invito per venerazione ed amore verso il cardinale, la prima notte ebbe a sperimentare, dopo l’orazione, un vero e proprio assalto dei demoni, che lo percossero a lungo e crudelmente, e lo lasciarono, alla fine, mezzo morto.
Quando se ne furono andati, chiamò il suo compagno e gli raccontò l’accaduto.
«Fratello, i demoni non hanno alcun potere, se non nel limite predisposto dalla Provvidenza.
Perciò io credo che mi hanno assalito così ferocemente, perché la mia permanenza nella curia dei magnati non fa una impressione buona.
I miei frati che dimorano in luoghi poverelli, sentendo che io me ne sto con i cardinali sospetteranno forse che mi sia invischiato nelle cose mondane, stando in mezzo agli onori e agli agi.
Giudico, pertanto, che sia meglio, per chi viene posto come esempio, stare lontano dalle curie e trascorrere con umiltà la vita tra gli umili, in luoghi umili.
Così egli sarà di conforto, vivendo nelle loro stesse condizioni, per coloro che vivono in penuria».
Vanno, dunque, al mattino e, con umili scuse, danno l’addio al cardinale" (FF 1115).
Dinanzi alla Grazia, il male chiama i rinforzi; ma ciò che lo sbaraglia, dice Francesco, è l’umiltà.
Dunque, neppure gli spiriti «assai furiosi» (v.28) nulla possono dinanzi all’umiltà del Figlio di Dio e dei suoi servi.
Com’è scritto nelle Fonti [Sacrum Commercium]:
«Egli (satana) infatti é orgogliosissimo, e la sua superbia e la sua tracotanza sono anche maggiori della sua forza.
Nutre grande furore per causa vostra e rivolgerà contro di voi tutte le armi della sua astuzia, cercando di schizzare il veleno della sua malizia, perché dopo aver concluso la guerra sbaragliando e buttando a terra gli altri, non può sopportare di vedervi in piedi sopra di lui» (FF 2026).
Conta che, dopo essere stati salvati, annunciamo la misericordia usataci da Dio. Questo devasta il menzognero!
Francesco lo ha fatto, attestando la povertà del Figlio di Dio, la quale trasferita fra le pieghe del quotidiano, trascina gli spiriti impuri giù dalla rupe, nel mare delle loro contraddizioni, annientandoli.
La vita santa di lui e della sua fraternità ai primordi li rendeva annunciatori della Misericordia, cantori dell’Onnipotente.
"I demoni lo supplicavano dicendo: «Se ci scacci, inviaci nella mandria dei porci»" (Mt 8,31)
Mercoledì 13.a sett. T.O. (Mt 8,28-34)
Nel Vangelo di oggi Gesù chiede ai suoi, nella tempesta sul mare, un supplemento di fede.
«Perché siete paurosi, [uomini] di poca fede?» (Mt 8,26).
Anche a Francesco, in determinate situazioni della vita, Gesù chiese una maggiore fede, libero dalla paura, poiché sulla sua barca assediata dalle onde della tentazione c’era Lui: Cristo, il Grande Timoniere.
Nelle Fonti, nella Vita seconda del Celano, troviamo un ammaestramento in proposito:
"Ad un certo momento della sua vita, il Padre subì una violentissima tentazione di spirito, sicuramente a vantaggio della sua corona.
Per questo era angustiato e pieno di sofferenza, mortificava e macerava il suo corpo, pregava e piangeva nel modo più penoso. Questa lotta durò più anni.
Un giorno, mentre pregava in Santa Maria della Porziuncola, udì in spirito una voce:
«Francesco, se avrai fede quanto un granellino di senapa, dirai al monte che si sposti ed esso si muoverà».
«Signore, - rispose il Santo - qual è il monte, che io vorrei trasferire?».
E la voce di nuovo:
«Il monte è la tua tentazione».
«O Signore, - rispose il Santo in lacrime - avvenga a me, come hai detto».
Subito sparì ogni tentazione e si sentì libero e del tutto sereno nel più profondo del cuore" (FF 702).
Affidandosi a Gesù il Poverello non naufragò tra i marosi della vita e con la Grazia riuscì a superare ogni grave ostacolo.
Chiara stessa, dinanzi a impellenti pericoli, trovò nella Fede la via d’uscita ed esortò in tal senso pure le sue sorelle.
Lo attesta una sua Lettera ad Ermentrude di Bruges cui dice, fra l’altro:
«Sostieni di buona voglia le avversità, e la superbia non rigonfi il tuo cuore nelle cose prospere; queste ti richiamano alla tua fede, quelle la richiedono».
Martedì della 13.a sett. T.O. (Mt 8,23-27)
Nel brano evangelico di oggi Gesù propone a chi vuole seguirlo una reale povertà del vivere e il distacco pronto da esigenze di parentela.
Francesco d’Assisi si innamorò di Madonna Povertà fin dai primordi e non si separò mai da lei, insegnando ai suoi frati a fare altrettanto.
Innumerevoli i brani offerti dalle Fonti francescane in merito.
Ne proponiamo qualcuno.
"Mentre si trovava in questa valle di lacrime, il beato padre disprezzava le povere ricchezze comuni ai figli degli uomini e aspirava di tutto cuore alla povertà, desiderando più alta gloria.
E poiché osservava che la povertà, mentre era stata intima del Figlio di Dio, veniva pressoché rifiutata da tutto il mondo, bramò di sposarla con amore eterno.
Perciò, innamorato della sua bellezza, per aderire più fortemente alla sposa ed essere due in un solo spirito, non solo lasciò padre e madre, ma si distaccò da tutto.
Da allora la strinse in casti amplessi e neppure per un istante accettò di non esserle sposo.
Ripeteva ai suoi figli che questa è la via della perfezione, questo il pegno e la garanzia delle ricchezze eterne.
Nessuno fu tanto avido di oro, quanto lui di povertà, né alcuno più preoccupato di custodire un tesoro, quanto lui la gemma evangelica.
Il suo sguardo in questo si sentiva particolarmente offeso, se nei frati - o in casa o fuori - vedeva qualcosa di contrario alla povertà.
E in realtà, dall’inizio della sua vita religiosa sino alla morte, ebbe come sua ricchezza una tonaca sola, cingolo e calzoni: non ebbe altro.
Il suo aspetto povero indicava chiaramente dove accumulasse le sue ricchezze.
Per questo, lieto, sicuro, agile alla corsa, godeva di aver scambiato con un bene che valeva cento volte le ricchezze destinate a perire" (FF 641).
Convinto che la condizione precaria avvicinava in modo speciale a quella di Cristo, benediva l’elemosina e la considerava caratteristica del farsi minore secondo il Vangelo.
Nella Leggenda maggiore:
"Talora, esortando i frati a cercare l’elemosina, usava argomenti di questo genere:
«Andate, perché in questi ultimissimi tempi i frati minori sono stati dati in prestito al mondo, per dar modo agli eletti di compiere in loro le opere con cui meritarsi l’elogio del Sommo Giudice e quella dolcissima assicurazione:
‘Ogni volta che lo avete fatto a uno di questi miei frati più piccoli, lo avete fatto a me’».
«Perciò, concludeva, è bello andare a mendicare sotto il titolo di ‘frati minori’, titolo che il Maestro della verità ha indicato nel Vangelo con tanta precisione, come motivo di eterna ricompensa per i giusti» (FF 1128).
E nella Regola di S. Chiara:
«E affinché non ci allontanassimo mai dalla santissima povertà che abbracciammo, e neppure quelle che sarebbero venute dopo di noi, poco prima della sua morte di nuovo scrisse per noi la sua ultima volontà con queste parole:
«Io, frate Francesco piccolino, voglio seguire la vita e la povertà dell’Altissimo Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre, e perseverare in essa sino alla fine.
E prego voi, mie Signore, e vi consiglio che viviate sempre in questa santissima vita e povertà.
E guardatevi molto bene dall’allontanarvi mai da essa in nessuna maniera per l’insegnamento o il consiglio di alcuno» (FF 2790).
«Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Mt 8,20)
Lunedì della 13.a sett. T.O. (Mt 8,18-22)
Francesco d’Assisi aveva grande rispetto per la Chiesa che considerava madre, santa, cattolica, apostolica, romana:
«Agli inizi della mia nuova vita, quando mi separai dal mondo e dal mio padre terreno, il Signore pose la sua Parola sulle labbra del vescovo d’Assisi, affinché mi consigliasse saggiamente nel servizio del Cristo e mi donasse conforto.
Per questa ragione e per le altre eminenti qualità che riconosco […] io voglio amare […] e considerare miei signori non soltanto i vescovi, ma anche gli umili sacerdoti» (FF 1562).
Inoltre le Fonti attestano come Francesco si recò con undici compagni alla Curia del Papa per informarlo del suo nuovo e originale progetto di vita ed ottenere conferma alla Regola da lui composta.
Leggiamo: “Vedendo Francesco che il Signore accresceva i suoi fratelli […] si rivolse agli undici del gruppo:
«Fratelli vedo che il Signore misericordioso vuole aumentare la nostra comunità.
Andiamo dunque dalla nostra madre, la santa Chiesa romana, e comunichiamo al sommo pontefice ciò che il Signore ha cominciato a fare per mezzo di noi, al fine di continuare la nostra missione, secondo il suo volere e le sue disposizioni» " (FF1455).
Fu così presentato al sommo pontefice che pregò Francesco di chiedere a Dio se davvero quel genere di vita corrispondesse al suo volere.
In obbedienza a quanto chiestogli, il Poverello, dopo lunga orazione, confermò il santo proposito come veniente da Dio, convincendo il Papa con una parabola ricevuta per divina ispirazione.
Egli abbracciò il santo e approvò la Regola.
“Ricevuta la benedizione da Innocenzo III, si recarono a visitare le tombe degli Apostoli […] Allora l’uomo di Dio partì da Roma con i fratelli, dirigendosi alla evangelizzazione del mondo" (FF 1460-1462).
D’altra parte Francesco, pregando davanti al Crocifisso della chiesa di S. Damiano "che minacciava rovina, vecchia com’era […] udì con gli orecchi del corpo una voce scendere verso di lui e dirgli per tre volte:
«Francesco, va’ e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina!» " (FF 1038).
Ciò facendo riferimento non solo e non tanto alle mura quanto “a quella Chiesa che Cristo acquistò col suo Sangue, come lo Spirito Santo gli avrebbe fatto capire e come egli stesso rivelò in seguito ai frati"
(FF 1038).
Ss. Pietro e Paolo Ap. (Mt 16,13-19)
Francesco, il giullare di Dio, dopo che la Grazia lo aveva reso creatura nuova, preferì alla famiglia naturale quella datagli dal Padre delle misericordie.
Infatti, senza esitare, davanti al vescovo di Assisi e a tutti gli astanti, si denudò come segno di abbandono, aggiungendo:
«Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro, che sei nei cieli, perché in Lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza» (FF 1043).
Come dire: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49).
Risposta eloquente al vecchio mondo che lasciava languire nei suoi sollazzi, preferendo gustare la dolcezza respirata a casa Nazareth.
Francesco è in sintonia con la Sacra Famiglia: sia nella dimensione personale che comunitaria sviluppatasi attorno a lui.
Infatti si nutre di povertà e semplicità, crescendo in età, Sapienza e Grazia, davanti a Dio e ai suoi amati frati.
Stava sottomesso ad ogni fratello e seminava ovunque quella straordinaria Sapienza infusa, che gli viene dall’alto, pura e arrendevole.
Maria lo accompagna ovunque.
A Lei si stringeva in ogni evento importante, tanto da definire Avvocata dell’Ordine Colei che aveva reso nostro fratello il Signore della Maestà.
E non meno Chiara faceva parte della singolare, silenziosa Famiglia di Dio, in modo così pieno da ricevere in dono [ormai malata e non più in grado di recarsi in chiesa] di partecipare sensibilmente alla Liturgia natalizia.
Il Padre delle Misericordie e l’intera Famiglia nazaretiana erano con lei.
Le Fonti c’informano:
“In quell’ora del Natale (1252), quando il mondo giubila con gli angeli per il Bambino appena nato, tutte le Donne si avviano per il Mattutino al luogo della preghiera, lasciando sola la Madre gravata dalla sua infermità.
E, avendo iniziato a pensare a Gesù piccolino e a dolersi molto di non poter partecipare al canto delle sue lodi, sospirando gli dice:
«Signore Iddio, eccomi lasciata qui sola per Te!».
Ed ecco, all’improvviso cominciò a risuonare alle sue orecchie il meraviglioso concerto che si faceva nella chiesa di S. Francesco.
Udiva i frati salmeggiare nel giubilo, seguiva le armonie dei cantori, percepiva perfino il suono degli strumenti.
Il luogo non era affatto così vicino da consentire umanamente la percezione di quei suoni: o quella celebrazione solenne fu resa divinamente sonora fino a raggiungerla, oppure il suo udito fu rafforzato oltre ogni umana possibilità.
Anzi, cosa che supera questo prodigio di udito, ella fu degna di vedere perfino il presepio del Signore.
Quando, al mattino, le figlie andarono da lei, la beata Chiara disse:
«Benedetto il Signore Gesù Cristo, che non mi ha lasciata sola, quando voi mi avete abbandonata!
Ho proprio udito, per Grazia di Cristo, tutte quelle cerimonie che sono state celebrate questa notte nella chiesa di S. Francesco» (FF 3212).
Nelle Comunità di Francesco e Chiara d’Assisi ferveva lo spirito della Famiglia di Nazareth, esperta del soffrire ma anche luogo di virtù genuine. Chiara, come ‘altra Maria’, meditava nel suo cuore Tutti i Misteri del Figlio di Dio.
Cuore Immacolato di Maria (Lc 2,41-51)
Nella liturgia del Ss.mo Cuore di Gesù ci viene proposto un brano di Luca in cui il vero Pastore va in cerca della pecora smarrita, lasciando le novantanove già al sicuro.
La pecora può smarrirsi in mille modi e in diversi contesti.
La vita di Francesco, il Povero, è ricca di episodi singolari, che attestano l’ampiezza di un cuore nuovo, improntato all’Amore, attestando il suo essere pastore misericordioso delle anime.
All’inizio della loro vita comunitaria, i frati vivevano a Rivotorto, a 3 km dalla Porziuncola.
Ecco cosa accadde in quel luogo una sera:
"Una notte, una di quelle pecorelle, mentre le altre dormivano, si mise a gridare: «Muoio, fratelli, ecco, muoio di fame!».
Il saggio pastore si alzò immediatamente e si affrettò a portare l’aiuto opportuno alla pecorella infermiccia.
Ordinò di preparare la mensa, anche se con cibi alla buona […]
Proprio lui cominciò a mangiare per primo ed invitò a quel dovere di carità gli altri frati, perché il poverino non avesse ad arrossire.
Preso il cibo col timore del Signore, affinché fosse completo l’atto di carità, il Padre tenne ai figli un lungo discorso sulla virtù della discrezione.
Prescrisse di offrire sempre a Dio un sacrificio condito di prudenza, ammonendoli accortamente di tener conto, nel servizio divino, delle proprie forze […]
Poi soggiunse:
«Carissimi, ciò che ho fatto mangiando, sappiate che è stato fatto non per bramosia, ma per doverosa attenzione e perché me lo ha imposto la carità fraterna.
La carità vi sia di esempio, non il cibo, perché questo soddisfa la gola, quella invece lo spirito» " (FF 608).
E ancora:
"Un giorno, trovandosi in cammino nei pressi di Siena, incontrò un grande gregge di pecore al pascolo.
Secondo il suo solito, le salutò benevolmente, e quelle, smettendo di brucare, corsero tutte insieme da lui, sollevando il muso e fissandolo con gli occhi alzati.
Gli fecero tanta festa che i frati e i pastori ne rimasero stupefatti, vedendo gli agnelli e perfino gli arieti saltellargli intorno in modo così meraviglioso" (FF 1147- Leggenda maggiore).
La Carità ha un profumo speciale e tutte le pecore ne riconoscono la fragranza.
«Quale uomo tra voi avendo cento pecore e perduta una di esse non abbandona le novantanove nel deserto e parte verso quella perduta finché l’abbia trovata?» (Lc 15,4).
Venerdì del Sacratissimo Cuore di Gesù - anno C (Lc 15,3-7)
Nel brano proposto dalla Liturgia del giorno Gesù chiama a fare concretamente la sua volontà, per essere come una dimora fondata sulla sua Roccia, resistendo a pioggia e venti.
Frate Francesco amava fare la volontà di Dio profondamente, tanto da farla sua vera consolazione.
Era felice quando vedeva anche tra i suoi frati piena adesione al volere divino o comunque ravvedimento, laddove risultasse qualche atto un poco restìo.
Le Fonti, chiare informatrici di autentico vissuto, documentano in merito, e offrono materiale per un’attenta riflessione.
“Ed essi, ricevendo con gaudio e letizia grande il precetto della santa obbedienza, si prostravano davanti al beato padre, che, abbracciandoli con tenerezza e devozione, diceva ad ognuno:
«Riponi la tua fiducia nel Signore ed Egli avrà cura di te».
Questa frase egli ripeteva ogni volta che mandava qualche frate ad eseguire l’obbedienza” (FF 367).
Il Poverello d’Assisi, pure dinanzi ad un grande cumulo di mali e prove, attestava la sua incomparabile adesione al volere divino, quale altro Giobbe.
Leggiamo con commozione:
“Ma per quanto strazianti fossero i suoi dolori, quelle sue angosce non le chiamava sofferenze, ma sorelle.
[…] e benché stremato dalla lunga e grave infermità, si buttò per terra, battendo le ossa indebolite nella cruda caduta.
Poi baciò la terra, dicendo:
«Ti ringrazio, Signore Dio, per tutti questi miei dolori e ti prego, o Signore mio, di darmene cento volte di più, se così a te piace.
Io sarò contentissimo, se tu mi affliggerai e non mi risparmierai il dolore, perché adempiere alla tua volontà è per me consolazione sovrappiena»” (FF 1239).
E allorché giunse il tempo della sua dipartita:
“Disteso sulla terra, dopo aver deposto la veste di sacco, sollevò la faccia al cielo, secondo la sua abitudine, totalmente intento a quella gloria celeste, mentre con la mano sinistra copriva la ferita del fianco destro, che non si vedesse.
E disse ai frati: «Io ho fatto la mia parte; la vostra Cristo ve la insegni» (FF 1239).
Francesco, il Piccolo d’Assisi, traeva dal suo cuore nuovo il bene. Aveva costruito il suo edificio spirituale sulla Roccia di Cristo.
Infatti le Fonti ci mettono al corrente di un episodio che lo testimonia:
“Passati dei mesi, Francesco soggiornava presso la chiesa della Porziuncola, e stava vicino alla cella che sorge dopo la casa, lungo la via, quando quel frate tornò a parlargli del salterio.
Gli disse Francesco: «Va’, e fa’ come ti dirà il tuo Ministro».
A queste parole, quello cominciò a ritornare per dove era venuto.
Ma il Santo, rimasto sulla strada, cominciò a riflettere su quanto aveva detto, e d’improvviso gridò dietro a colui:
«Aspettami, fratello, aspettami!».
Andò fino a lui e gli disse:
«Torna indietro con me, fratello, e mostrami il posto dove ti ho detto di fare, riguardo al salterio, quanto ti dirà il ministro».
Arrivati a quel posto, Francesco si inchinò davanti al frate e mettendosi in ginocchio disse:
«Mia colpa, fratello, mia colpa! Chiunque vuol essere un minore non deve avere che la tonaca, la corda e le brache, come dice la Regola, e in più le calzature, per chi sia stretto da evidente necessità o malattia».
A tutti i frati che venivano a consultarlo sull’argomento, dava la stessa risposta.
E diceva: «TANTO UN UOMO SA, QUANTO FA; E TANTO UN RELIGIOSO È BUON PREDICATORE, QUANTO LUI STESSO AGISCE» (FF 1628).
«Non chiunque mi dice: "Signore, Signore!" entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21).
Giovedì della 12.a sett. T.O. (Mt 7,21-29)
Peter, Andrew, James and John are called while they are fishing, while Matthew, while he is collecting tithes. These are unimportant jobs, Chrysostom comments, "because there is nothing more despicable than the tax collector, and nothing more common than fishing" (In Matth. Hom.: PL 57, 363). Jesus' call, therefore, also reaches people of a low social class while they go about their ordinary work [Pope Benedict]
Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono chiamati mentre stanno pescando, Matteo appunto mentre riscuote il tributo. Si tratta di lavori di poco conto – commenta il Crisostomo - “poiché non c'è nulla di più detestabile del gabelliere e nulla di più comune della pesca” (In Matth. Hom.: PL 57, 363). La chiamata di Gesù giunge dunque anche a persone di basso rango sociale, mentre attendono al loro lavoro ordinario [Papa Benedetto]
The invitation given to Thomas is valid for us as well. We, where do we seek the Risen One? In some special event, in some spectacular or amazing religious manifestation, only in our emotions and feelings? [Pope Francis]
L’invito fatto a Tommaso è valido anche per noi. Noi, dove cerchiamo il Risorto? In qualche evento speciale, in qualche manifestazione religiosa spettacolare o eclatante, unicamente nelle nostre emozioni e sensazioni? [Papa Francesco]
A life without love and without truth would not be life. The Kingdom of God is precisely the presence of truth and love and thus is healing in the depths of our being. One therefore understands why his preaching and the cures he works always go together: in fact, they form one message of hope and salvation (Pope Benedict)
Una vita senza amore e senza verità non sarebbe vita. Il Regno di Dio è proprio la presenza della verità e dell’amore e così è guarigione nella profondità del nostro essere. Si comprende, pertanto, perché la sua predicazione e le guarigioni che opera siano sempre unite: formano infatti un unico messaggio di speranza e di salvezza (Papa Benedetto)
His slumber causes us to wake up. Because to be disciples of Jesus, it is not enough to believe God is there, that he exists, but we must put ourselves out there with him; we must also raise our voice with him. Hear this: we must cry out to him. Prayer is often a cry: “Lord, save me!” (Pope Francis)
Il suo sonno provoca noi a svegliarci. Perché, per essere discepoli di Gesù, non basta credere che Dio c’è, che esiste, ma bisogna mettersi in gioco con Lui, bisogna anche alzare la voce con Lui. Sentite questo: bisogna gridare a Lui. La preghiera, tante volte, è un grido: “Signore, salvami!” (Papa Francesco)
Evangelical poverty - it’s appropriate to clarify - does not entail contempt for earthly goods, made available by God to man for his life and for his collaboration in the design of creation (Pope John Paul II)
La povertà evangelica – è opportuno chiarirlo – non comporta disprezzo per i beni terreni, messi da Dio a disposizione dell’uomo per la sua vita e per la sua collaborazione al disegno della creazione (Papa Giovanni Paolo II)
May we obtain this gift [the full unity of all believers in Christ] through the Apostles Peter and Paul, who are remembered by the Church of Rome on this day that commemorates their martyrdom and therefore their birth to life in God. For the sake of the Gospel they accepted suffering and death, and became sharers in the Lord's Resurrection […] Today the Church again proclaims their faith. It is our faith (Pope John Paul II)
Ci ottengano questo dono [la piena unità di tutti i credenti in Cristo] gli Apostoli Pietro e Paolo (Papa Giovanni Paolo II)
don Giuseppe Nespeca
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