Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Ago 10, 2025

L’altissima Povertà

Pubblicato in Aforisma

Il Povero d’Assisi, aveva compreso per divina rivelazione che la vera ricchezza è la Povertà abbracciata dal Figlio di Dio, fattosi Povero per noi, perché diventassimo ricchi di Lui.

Infatti, il Donatore di ogni bene voleva che Francesco crescesse nelle ricchezze della semplicità attraverso l’amore per l’altissima povertà. 

Troviamo nelle Fonti:

“Il Santo, notando come la povertà, che era stata intima amica del Figlio di Dio, ormai veniva ripudiata da quasi tutto il mondo, volle farla sua sposa, amandola di eterno amore, e per lei non soltanto lasciò il padre e la madre ma generosamente distribuì tutto quanto poteva avere.

Nessuno fu così avido di oro, quanto Francesco della povertà; nessuno fu più bramoso di tesori, quanto Francesco di questa perla evangelica.

Niente offendeva il suo occhio più di questo: vedere nei frati qualche cosa che non fosse del tutto in armonia con la povertà.

Quanto a lui, dall’inizio della sua vita religiosa fino alla morte, ebbe queste ricchezze: una tonaca, una cordicella e le mutande, e di questo fu contento” (FF 1117).

“Spesso richiamava alla mente, piangendo, la povertà di Gesù Cristo e della Madre sua, e affermava che questa è la regina delle virtù, perché la si vede brillare così fulgidamente, più di tutte le altre, nel Re dei re e nella Regina sua Madre (FF 1118). “Insegnava, avendolo appreso per rivelazione, che il primo passo nella santa religione consiste nel realizzare quella parola del Vangelo: Se vuoi essere perfetto, va’ vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri” (FF 1121).

 

«Se vuoi essere perfetto, va’, vendi i tuoi averi e dà ai poveri e avrai un tesoro nei cieli, e vieni, seguimi» (Mt 19,21)

 

 

Lunedì 20.a sett. T.O.  (Mt 19,16-22)

Gesù parla di un Fuoco che è venuto a portare sulla terra, spartiacque di sequela e non.

Francesco, il Fuoco che intendeva il Signore, lo conosceva bene: lo Spirito Santo.

Maestro e Ministro dell’Ordine dei Minori, lo Spirito di Dio guidava il Poverello in ogni suo passo.

Se andiamo a consultare le Fonti ce ne rendiamo conto.

“E così, per disposizione della bontà divina e per i meriti e la virtù del Santo, avvenne, misericordiosamente e mirabilmente, che l’amico di Cristo cercasse con tutte le forze di morire per Lui e non potesse assolutamente riuscirvi [...]

Da una parte non gli mancò il merito del martirio desiderato e, dall’altra, egli venne risparmiato per essere più tardi insignito di un privilegio straordinario.

Quel Fuoco divino che gli bruciava nel cuore, diventava intanto più ardente e perfetto, perché in seguito riverberasse più luminoso nella sua carne.

O uomo veramente beato, che non viene straziato dal ferro del tiranno, eppure non viene privato della Gloria di assomigliare all’Agnello immolato!” (FF 1175).

Infatti “lo Spirito del Signore, che lo aveva unto e inviato assisteva il suo servo Francesco, ovunque si dirigesse […]

Era, la sua parola, come fuoco ardente, che penetrava l’intimo del cuore e ricolmava d’ammirazione le menti” (FF 1210).

Inoltre i Fioretti [volgarizzati nell’ultimo quarto del Trecento da un ignoto toscano] ci narrano del desiderio di Chiara d’Assisi di desinare una volta con Francesco.

Questi, che aveva sempre tenuto lontano la cosa, fu convinto dai suoi frati a lasciare tale rigidità al riguardo e di accontentarla.

Così Chiara venne a S. Maria degli Angeli e qui Francesco fece apparecchiare la mensa, per terra, insieme ad un fratello del Santo e ad una sorella che accompagnava Chiara.

“E per la prima vivanda Santo Francesco cominciò a parlare di Dio sì soavemente, sì altamente, sì meravigliosamente, che discendendo sopra di loro l’abbondanza della divina grazia, tutti furono in Dio ratti.

E stando così ratti con gli occhi e con le mani levate in cielo, gli uomini da Sciesi e da Bettona e que’ della contrada dintorno, vedeano che Santa Maria degli Agnoli e tutto il luogo e la selva […] ardeano fortemente, e parea che fosse un fuoco grande che occupava la chiesa e ‘l luogo e la selva insieme” (FF1844).

Tanto che gli abitanti dei dintorni corsero, preoccupati, a spegnere il fuoco che vedevano.

Ma sul posto trovarono solo Francesco e Chiara e i loro compagni rapiti in Dio, comprendendo che quello era stato Fuoco divino e non materiale, attestazione dello Spirito di Dio che infiammava quelle anime sante.

Già, beneficiare di quel Santo Spirito guadagnato dal Battesimo di Cristo!

 

«Sono venuto a gettare un fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già divampato!» (Lc 12,49)

 

 

Domenica 20.a. T.O. anno C  (Lc 12,49-53)

Gesù prende come punto di riferimento per entrare nel Regno dei cieli la semplicità e la piccolezza dei bambini, perché: «di questi è il Regno dei cieli» (Mt 19,14).

Colpisce questo suo esortare a non frapporre impedimenti fra Lui e i minimi.

Francesco d’Assisi era amato in modo speciale da Dio per questo suo farsi piccolo.

Di mente raffinata, si definiva invece «semplice e idiota».

Il Poverello aveva compreso molto bene la logica del Vangelo: chi vuol essere grande sia il più piccolo, alla stregua di un bambino - nei tempi passati considerato di nessun valore; minimo.

Egli s’impegnava a far comprendere tutto questo ai suoi frati, più con i fatti che con le parole.

Nondimeno, nella «Lettera ai reggitori dei popoli» scrive:

«A tutti i podestà e consoli, magistrati e reggitori d’ogni parte del mondo […] ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo nel Signore Dio, piccolo e spregevole, a tutti voi augura salute e pace» (FF 210).

Inoltre, leggiamo nelle Fonti:

“Il servo di Dio, Francesco, piccolo di statura, umile di spirito e minore di professione, mentre viveva qui sulla terra scelse per sé e per i suoi una piccola porzione di mondo: altrimenti, senza usare nulla di questo mondo, non avrebbe potuto servire Cristo.

E furono di certo ispirati da Dio quelli che, anticamente, chiamarono Porziuncola il luogo che toccò in sorte a coloro che non volevano assolutamente possedere nulla su questa terra.

Sorgeva in questo luogo una chiesa dedicata alla Vergine Madre, che, per la sua particolare umiltà, meritò, dopo il Figlio, di essere Sovrana di tutti i Santi.

Qui ebbe inizio l’Ordine dei minori, e s’innalzò ampia e armoniosa, come poggiata su fondamento solido, la loro nobile costruzione.

Il Santo amò questo luogo più di ogni altro e comandò ai suoi frati di venerarlo con particolare devozione.

Volle che fosse sempre custodito come specchio dell’Ordine in umiltà e altissima povertà, riservandone ad altri la proprietà e ritenendone per sé ed i suoi soltanto l’uso” (FF 604).

E ai suoi amati frati ripeteva:

«Abbiamo promesso grandi cose, maggiori sono promesse a noi; osserviamo quelle ed aspiriamo a queste. Il piacere è breve, la pena eterna; piccola la sofferenza, infinita la gloria» (FF 778).

Francesco aveva compreso che essere di Cristo ed eredi del Regno significa non contare secondo mentalità mondana, e portare con sé la semplicità della colomba, nonché la schietta trasparenza del bambino.

Questo corredo richiede l’appartenenza all’Eterno, e la sua trasparenza in terra.

 

 

Sabato della 19.a sett. T.O.  (Mt 19,13-15)

Il Vangelo lucano evidenzia la Visita di Maria ad Elisabetta sua cugina e la danza dei due Piccoli portati in grembo da donne speciali, abbracciate in modo diverso dalla Grazia.

Maria, la Madre di Gesù, si  esprime nel  canto di lode del Magnificat, che rimanda a Dio i benefici straordinari ricevuti.

 

Fin dagli inizi della sua chiamata, Francesco ebbe particolare e profonda venerazione per Maria Vergine, Madre del Signore.

Di lei contemplava sempre i misteri nelle varie stagioni della sua vita.

Le Fonti forniscono stupendi quadretti in merito.

“Circondava di un amore indicibile la Madre di Gesù, perché aveva reso nostro fratello il Signore della maestà.

A suo onore cantava lodi particolari, innalzava preghiere, offriva affetti tanti e tali che lingua umana non potrebbe esprimere.

Ma ciò che maggiormente riempie di gioia, la costituì Avvocata dell’Ordine e pose sotto le sue ali i figli […] perché vi trovassero calore e protezione sino alla fine” (FF 786).

“In lei, principalmente, dopo Cristo, riponeva la sua fiducia […] In suo onore digiunava con grande devozione, dalla festa degli apostoli Pietro e Paolo fino alla festa dell’Assunzione […]” (FF 1165).

E alle figlie, dimoranti a S. Damiano, Francesco in una sua composizione a loro dedicata, conclude dicendo:

«Quelle ke sunt adgravate de infirmitate/ et l’altre ke per loro suó adfatigate/ tutte quante lo sostengate en pace./ Ka multo venderi(te) cara questa fatica,/ lka ciascuna serà regina/ en celo coronata cum la Vergine Maria» (FF 263).

E Chiara, quando iniziò il suo cammino di fede seguendo Francesco, fu ricevuta da lui e dai suoi frati presso l’altare della S.ta Vergine alla Porziuncola. Inoltre, quella stessa Madre, al momento del trapasso, venne a prenderla apparendole presso il suo giaciglio.

Maria fu per Chiara modello da seguire per tutta la sua esistenza, tanto che nella Lettera d’introduzione alla Leggenda, nelle Fonti, si legge:

"Seguano dunque gli uomini i nuovi seguaci del Verbo incarnato: imitino le donne Chiara, impronta della Madre di Dio, nuova guida delle donne" (FF 3153).

Francesco e Chiara assunsero Maria, la Madre di Dio, nel loro vivere quotidiano per essere assunti da Cristo nella gloria celeste.

 

«L’anima mia magnifica il Signore […] poiché ha rivolto lo sguardo alla bassezza della sua serva. Ecco infatti, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,46.48a)

 

 

Assunzione B.V. Maria  (Lc 1,39-56)

Ago 7, 2025

Mutua carità

Pubblicato in Aforisma

Il brano di Matteo odierno fa richiamo al perdono e ad una correzione che, se è  davvero fraterna, non guarda dall’alto in basso, ma l’esatto contrario.

Senza dimenticare che quanto vogliamo sia condonato a noi siamo chiamati a farlo anche con il prossimo, dando tempo per riscattarsi.

Chiara d’Assisi amava definirsi «pianticella del Serafico Padre Francesco».

Fu sempre Madre sollecita e di grande esempio per le sue figlie e sorelle nel Monastero di S. Damiano.

Anche quando era necessario esortare o riprendere sapeva correggere con amorevolezza e sapienza che le venivano dall’Alto.

Le Fonti attestano (Regola di S. Chiara):

«L’abbadessa ammonisca e visiti le sue sorelle e le corregga con umiltà e carità, non comandando loro cosa alcuna che sia contro la sua anima e la forma della nostra professione» (FF 2806).

E ancora, con uno sguardo lungimirante estensivo, la stessa Chiara continua:

«Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, presenti e future, che si studino sempre di imitare la via della santa semplicità, dell’umiltà e della povertà, ed anche l’onestà di quella santa vita, che ci fu insegnata dal beato Padre nostro Francesco fin dal principio della nostra conversione a Cristo» (FF 2845 - Testamento).

«E amandovi a vicenda nell’amore di Cristo, quell’amore che avete nel cuore, dimostratelo al di fuori con le opere, affinché le sorelle, provocate da questo esempio, crescano sempre nell’amore di Dio e nella mutua carità» (FF 2847 - Testamento).

Nella Regola, poi:

«L’abbadessa si studi inoltre di riconciliare le sorelle, se mai avvenisse che alcune per qualche motivo od occasione si turbassero tra loro.

Quella sorella, poi, che con parole o con cenni avrà dato occasione di turbamento o di scandalo a un’altra, subito, prima di offrire a Dio il dono della sua orazione, chiedendo perdono alla sorella che ha offesa, si inginocchi umilmente dinanzi a lei e la preghi di intercedere per lei presso il Signore, affinché le perdoni la colpa commessa.

L’altra, poi, memore della parola del Signore:

«Se non perdonerete di cuore, nemmeno il Padre vostro celeste perdonerà a voi», generosamente perdoni l’offesa alla sorella che chiede perdono»” (FF 3358).

Chiara fu per tutte le sorelle maestra di vita, pedagoga della vera carità che ricostruisce sempre, nonostante l’operare malevolo.

 

«Abbi pazienza con me e ti restituirò tutto» (Mt  18,26)

 

 

Giovedì 19.a sett.T.O.  (Mt 18,21-19,1)

Nella Liturgia odierna Gesù richiama a correggere in modo discreto e fraterno, prima di assumere misure più drastiche.

 

I due Poveri d’Assisi furono persone esemplari nell’amore fraterno e nelle eventuali correzioni da fare, sempre condite di saggezza, umanità e carità. 

Severi con se stessi; attenti e misericordiosi con il prossimo.

Francesco prima d’intervenire verso i frati pregava e ancor prima esaminava se stesso.

 

Chiara d’Assisi amava definirsi «pianticella del Serafico Padre Francesco».

Fu sempre Madre sollecita e di grande esempio per le sue figlie e sorelle nel Monastero di S. Damiano.

Anche quando era necessario esortare o riprendere sapeva correggere con amorevolezza e sapienza che le venivano dall’alto.

Le Fonti attestano [Regola di S. Chiara]:

«L’abbadessa ammonisca e visiti le sue sorelle e le corregga con umiltà e carità, non comandando loro cosa alcuna che sia contro la sua anima e la forma della nostra professione» (FF 2806).

E ancora, con uno sguardo lungimirante estensivo, la stessa Chiara continua:

«Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, presenti e future, che si studino sempre di imitare la via della santa semplicità, dell’umiltà e della povertà, ed anche l’onestà di quella santa vita, che ci fu insegnata dal beato Padre nostro Francesco fin dal principio della nostra conversione a Cristo» (FF 2845 - Testamento).

«E amandovi a vicenda nell’amore di Cristo, quell’amore che avete nel cuore, dimostratelo al di fuori con le opere, affinché le sorelle, provocate da questo esempio, crescano sempre nell’amore di Dio e nella mutua carità» (FF 2847 - Testamento).

 

«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello» (Mt 18,15)

 

 

Mercoledì 19.a sett. T.O.  (Mt 18,15-20)

Ago 6, 2025

Per una sola pecorella

Pubblicato in Aforisma

Chissà quante volte Francesco, l’Araldo del Gran Re, nel leggere l’episodio della pecora smarrita si sarà soffermato su quel «Che ve ne pare?» (Mt 18,12). Come a dire: «Lo fareste voi?». 

Francesco di certo se la sarà posta questa disarmante domanda, cui tutta la sua eloquente esistenza ha risposto «Sì, senza alcun dubbio».

Per una sola pecorella del suo gregge avrebbe certo lasciato le altre al sicuro alla ricerca di quella perduta.

«Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon Pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce» (FF 155 - Ammonizioni).

Lui, che era solito chiamare frate Leone «pecorella di Dio» avrebbe affrontato ogni avversità pur di ritrovarla, e per questo cercava il martirio perfino presso il Sultano d’Egitto per guadagnarlo a Cristo.

Ricco di tenerezza e misericordia è un episodio che mette in evidenza il cuore di pastore di Francesco. 

Troviamo nelle Fonti:

“Attraversando una volta la Marca d’Ancona, dopo aver predicato nella stessa città, e dirigendosi verso Osimo, in compagnia di frate Paolo, che aveva eletto ministro di tutti i frati di quella provincia, incontrò nella campagna un pastore, che pascolava il suo gregge di montoni e di capre.

In mezzo al branco c’era una sola pecorella, che tutta quieta e umile brucava l’erba.

Appena la vide, Francesco si fermò, e quasi avesse avuto una stretta al cuore, pieno di compassione disse al fratello:

«Vedi quella pecorella sola e mite tra i caproni? Il Signore nostro Gesù Cristo, circondato e braccato dai farisei e dai sinedriti doveva proprio apparire come quell’umile creatura.

Per questo ti prego, figlio mio, per amore di Lui, sii anche tu pieno di compassione, compriamola e portiamola via da queste capre e da questi caproni» (FF 456).

 

«Che cosa vi pare? Lo fareste?» (Mt 18,12).

Gesù annuncia ai suoi la sua morte e resurrezione. Egli fa scuola di umiltà e minorità ai suoi pagando la tassa per il tempio.

 

Il primo biografo di San Francesco, Tommaso da Celano, nella Vita Seconda, narra l’incontro che avvenne tra Domenico e Francesco, in casa del Cardinal Ugolino, poi Papa Gregorio IX, probabilmente tra la fine del 1219 e l’inizio del 1221.

Lo stesso Cardinale si commosse profondamente nel sentire dialogare 

due santi, che parlavano di Dio con tanta dolcezza e umiltà, servitori di Dio in modo originale, entrambi vivendo il mistero Pasquale.

"Si trovarono insieme a Roma, in casa del cardinale d'Ostia che poi fu Sommo Pontefice, le fulgide luci del mondo san Francesco e san Domenico.

Sentendoli parlare fra loro del Signore con tanta dolcezza, alla fine il vescovo disse:

"Nella Chiesa primitiva i pastori erano poveri e persone di carità, senza cupidigia. Perché - chiese - tra i vostri frati quelli che emergono per dottrina e buon esempio, non li facciamo vescovi e prelati?".

Fra i due Santi sorse una gara, non per precedersi nella risposta, ma perché l'uno proponeva all'altro l'onore ed anzi voleva costringerlo a parlare per primo. In realtà si superavano a vicenda nella venerazione che nutrivano reciprocamente.

Alla fine vinse l'umiltà in Francesco, perché non si mise avanti e vinse pure in Domenico, perché ubbidì umilmente e rispose per primo.

Disse dunque Domenico al vescovo:

«Signore, i miei frati, se lo capiscono, sono già posti in alto grado, e per quanto sta in me non permetterò che ottengano altra dignità».

Dopo questa breve e convinta risposta, Francesco si inchinò al vescovo e disse a sua volta:

«Signore, i miei frati proprio per questo sono stati chiamati Minori, perché non presumano di diventare maggiori.

Il nome stesso insegna loro a rimanere in basso ed a seguire le orme dell'umiltà di Cristo, per essere alla fine innalzati più degli altri al cospetto dei Santi.

Se volete - continuò - che portino frutto nella Chiesa di Dio, manteneteli e conservateli nello stato della loro vocazione, e riportateli in basso anche contro loro volontà.

Per questo, Padre, ti prego: affinché non siano tanto più superbi quanto più poveri e non si mostrino arroganti verso gli altri, non permettere in nessun modo che ottengano cariche».

Queste furono le risposte dei Santi" (FF 732).

Sapienza ed umiltà al seguito di Cristo, figli liberi del Regno.

 

«Ora, trovandosi essi riuniti insieme nella Galilea, Gesù disse loro: Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini, e lo uccideranno, e il terzo giorno risorgerà - Ed essi furono grandemente rattristati» (Mt 17,22)

 

 

Lunedì della 19.a sett. T.O. (Mt 17,22-27)

Gesù esorta il piccolo gregge  a non temere nulla, perché il Padre ha dato ai piccoli il Regno.

Stimola a dare in elemosina, a non accumulare tesori sulla terra, presto consumati, ma in Dio - perché eterni.

Nella vita del Poverello ritroviamo dette tematiche diverse volte.

Francesco si doleva di dover lasciare il suo gregge esposto ai pericoli, ai lupi rapaci, dopo di lui; ma nel cuore nutriva pure la certezza che Dio lo avrebbe custodito e fatto crescere.

Mediante la Grazia sarebbe divenuto erede del Regno dei cieli. La fede gli suggeriva questo!

Nelle Fonti, poi, la prerogativa del non accumulare è di casa, visto che Francesco, per tutta la sua vita, non pensò che a restituire quanto aveva ricevuto, a partire da suo padre, cui "restituì" persino gli abiti, seguendo ‘nudo’ la via della povertà, sua ambita ricchezza.

Il Minimo aveva mente e cuore rivolti a Dio e cercava solo il Regno dei cieli, in semplicità e purezza di cuore.

Testimonianza di questo ci è data da uno dei passi delle Fonti Francescane.

Leggiamo: "Queste visite ai lebbrosi accrebbero la sua bontà. Conducendo un suo compagno, che aveva molto amato, in località fuori mano, gli diceva di aver scoperto un grande e prezioso tesoro.

Quello ne fu tutto felice e volentieri si univa a Francesco, quando era invitato.

Spesso lo conduceva in una grotta, presso Assisi; ci entrava da solo, lasciando fuori l’amico, impaziente di impadronirsi del tesoro […]

Animato da un nuovo straordinario spirito, pregava in segreto il Padre […]

Pativa nell’intimo sofferenza indicibile e angoscia, poiché non riusciva ad essere sereno fino a tanto che non avesse realizzato la sua vocazione" (FF 1409).

Nel suo cammino, in pieno inverno, a Celano, il Poverello donò ad una vecchierella il suo mantello.

Le disse: «Va’, fatti un vestito, che ne hai veramente bisogno» (FF 673).

E Chiara, nelle sue lettere, scrivendo alla sua figlia spirituale, Agnese di Boemia, attestava:

«Voi che avete preferito la povertà alle ricchezze temporali, e avete affidato i vostri tesori, piuttosto che alla terra, al cielo, ove non li corrode ruggine, non li consuma il tarlo, non li scoprono né rubano i ladri, voi riceverete abbondantissima ricompensa nei cieli […]» (FF 2866).

Il tema della ricchezza da condividere, del ‘non trattenere’ e del «restituire» a Dio e ai fratelli, era molto sentito da Francesco d’Assisi e fu uno dei motivi conduttori del suo cammino di fede.

Nelle Fonti leggiamo:

"Una volta, mentre ritornava da Siena, incontrò un povero. Si dava il caso che Francesco a causa della malattia, avesse indosso sopra l’abito un mantello.

Mirando con gli occhi misericordiosi la miseria di quell’uomo, disse al compagno:

«Bisogna che restituiamo il mantello a questo povero: perché è suo. Difatti noi lo abbiamo ricevuto in prestito, fino a quando ci sarebbe capitato di trovare qualcuno più povero di noi».

Il compagno, però, considerando lo stato in cui il padre pietoso si trovava, oppose un netto rifiuto: egli non aveva il diritto di dimenticare se stesso, per provvedere all’altro.

Ma il santo:

«Ritengo che il Grande Elemosiniere mi accuserà di furto, se non darò quel che porto indosso a chi è più bisognoso» " (FF 1143).

 

«Vendete i vostri averi e date in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro indefettibile nei cieli» (Lc 12,33)

 

 

Domenica 19.a T.O. anno C  (Lc 12,32-48)

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The dialogue of Jesus with the rich young man, related in the nineteenth chapter of Saint Matthew's Gospel, can serve as a useful guide for listening once more in a lively and direct way to his moral teaching [Veritatis Splendor n.6]
Il dialogo di Gesù con il giovane ricco, riferito nel capitolo 19 del Vangelo di san Matteo, può costituire un'utile traccia per riascoltare in modo vivo e incisivo il suo insegnamento morale [Veritatis Splendor n.6]
The Gospel for this Sunday (Lk 12:49-53) is part of Jesus’ teachings to the disciples during his journey to Jerusalem, where death on the cross awaits him. To explain the purpose of his mission, he takes three images: fire, baptism and division [Pope Francis]
Il Vangelo di questa domenica (Lc 12,49-53) fa parte degli insegnamenti di Gesù rivolti ai discepoli lungo la sua salita verso Gerusalemme, dove l’attende la morte in croce. Per indicare lo scopo della sua missione, Egli si serve di tre immagini: il fuoco, il battesimo e la divisione [Papa Francesco]
«And they were certainly inspired by God those who, in ancient times, called Porziuncola the place that fell to those who absolutely did not want to own anything on this earth» (FF 604)
«E furono di certo ispirati da Dio quelli che, anticamente, chiamarono Porziuncola il luogo che toccò in sorte a coloro che non volevano assolutamente possedere nulla su questa terra» (FF 604)
It is a huge message of hope for each of us, for you whose days are always the same, tiring and often difficult. Mary reminds you today that God calls you too to this glorious destiny (Pope Francis)
È un grande messaggio di speranza per ognuno noi; per te, che vivi giornate uguali, faticose e spesso difficili. Maria ti ricorda oggi che Dio chiama anche te a questo destino di gloria (Papa Francesco)
In the divine attitude justice is pervaded with mercy, whereas the human attitude is limited to justice. Jesus exhorts us to open ourselves with courage to the strength of forgiveness, because in life not everything can be resolved with justice. We know this (Pope Francis)
Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia. Gesù ci esorta ad aprirci con coraggio alla forza del perdono, perché nella vita non tutto si risolve con la giustizia; lo sappiamo (Papa Francesco)
The Second Vatican Council's Constitution on the Sacred Liturgy refers precisely to this Gospel passage to indicate one of the ways that Christ is present:  "He is present when the Church prays and sings, for he has promised "where two or three are gathered together in my name there am I in the midst of them' (Mt 18: 20)" [Sacrosanctum Concilium, n. 7]
La Costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II si riferisce proprio a questo passo del Vangelo per indicare uno dei modi della presenza di Cristo: "Quando la Chiesa prega e canta i Salmi, è presente Lui che ha promesso: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io  sono in mezzo a loro" (Mt 18, 20)" [Sacrosanctum Concilium, 7]
This was well known to the primitive Christian community, which considered itself "alien" here below and called its populated nucleuses in the cities "parishes", which means, precisely, colonies of foreigners [in Greek, pároikoi] (cf. I Pt 2: 11). In this way, the first Christians expressed the most important characteristic of the Church, which is precisely the tension of living in this life in light of Heaven (Pope Benedict)
Era ben consapevole di ciò la primitiva comunità cristiana che si considerava quaggiù "forestiera" e chiamava i suoi nuclei residenti nelle città "parrocchie", che significa appunto colonie di stranieri [in greco pàroikoi]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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